Diciannove

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Marko

Sono seduto sul bordo della mia piscina, con le gambe in ammollo e le cuffie nelle orecchie. Ho già nuotato per un'ora di fila e dopo una doppia seduta di allenamento di solito questo mi stende ma non stasera. Non so perché, ma stasera ho più forze del solito e non va bene. Non va bene perché se ho forza sto sveglio e se sto sveglio penso, cosa che non mi va di fare. Tiro fuori le gambe dall'acqua tiepida e mi asciugo, poi mi metto le scarpe da corse ed esco fuori.
Forse una corsa può aiutarmi a sentirmi meglio.
Corro, corro e ancora corro intorno all'isolato di casa mia, faccio tre, cinque, dieci giri. Inizio a sentirmi lo stomaco sottosopra e le gambe molli ma non devo mollare, non ora. Aumento il passo e alzo la musica sul cellulare. Devo fare almeno altri tre giri, così quando torno a casa sarò talmente stremato da non avere neanche la forza di ricordare come mi chiamo.
Sono tre giorni che non faccio che pensare ad Azzurra, ai suoi occhi scuri, al modo in cui pronuncia il mio nome, alla sua pelle morbida a come strofinava le sue gambe sulle mie. Ma che cazzo ho che non va? Potevo fare in modo di frequentarla e magari uscirci insieme, farla diventare mia e invece sono scappato rifugiandomi nella mia apnea come sempre. Sono un coglione, un totale coglione.
Questo però non mi impedisce di pensare a lei costantemente. È così bella, così semplice.
Ho impresso nella mente quel completino dell'Adidas come le disegnava il corpo, come la fasciava perfettamente. E non riesco a smettere di pensarci, neanche quando sono sotto la doccia.
Mentre l'acqua mi scivola addosso, continuo a pensare a lei, a come il suo seno rimbalzava mentre correva, a quella collanina sottile che le circondava il collo e le finiva tra i seni scomparendo e rendendomi curioso di scoprire che ciondolo avesse. Non riesco a non pensare a lei e a provare un fremito di eccitazione, improvvisamente ho una voglia enorme di lei, ma dato che lei non c'è, penso bene di fare da solo.
Scivolo con le mani tra le gambe e lo afferro, chiudo gli occhi e provo ad immaginare che ci sia lei qui con me. Mi scorrono davanti agli occhi le immagini di lei con la divisa quando è a lavoro, quel grembiule che si stringe in vita fasciandole i fianchi, i due bottoncini della polo sbottonati che non fanno vedere nulla, ma fanno immaginare tutto.
Me lo stringo con più forza. L'immagine nella mia mente cambia, ora la vedo correre davanti a me e ricordo che i miei occhi si sono fermati per un lunghissimo secondo sul suo fondoschiena, rotondo e sodo, si muoveva a ritmo coi suoi passi e mi attirava con una calamita. Poi mi ritorno a quando le massaggiavo le gambe, la sua pelle morbida e oleata dalla pomata, i suoi mugolii tenui e i suoi occhi puntati su di me. Ritorno a quando si avvicinava lentamente a me, protendendosi e permettendomi di osservare meglio i suoi seni matidi di sudore. Non resisto molto dopo quest'immagine. La tensione mi fa tremare le braccia e le gambe, sento un improvviso fuoco alla base della schiena e poco dopo mi svuoto, preso dagli spasmi del mio corpo.
Lì per lì mi sento meglio, ma poi la vergogna mi assale. Non ero mai arrivato così in basso, davvero mai.
Mi sciacquo ma mi sento sempre sporco, di una sporcizia che non si lava con l'acqua.
Esco dalla doccia e ancora gocciolante mi stendo sul letto, ormai stremato.

Apnea || Marko RogDove le storie prendono vita. Scoprilo ora