La luce si spande invadente sul cuscino, solleticandomi il viso col suo calore. Filtra dalle tende color crema della portafinestra della camera da letto rivolta a sud, mentre in sottofondo si fa largo il leggero brusio della strada, solo pochi metri più in basso, con la sua fauna variegata in piena attività, con i motorini che sgassano sulle mattonelle di porfido e il vociare dei ragazzi, i cani che richiamano l'attenzione dei padroni, qualche saracinesca che si alza tardiva e le campane della chiesa di San Fermo Maggiore che rintoccano due volte, riempiendo l'aria.
E' già pomeriggio quando apro gli occhi, ancora confuso e stordito dalla sbronza e dalla stanchezza che continua ad appesantirmi la testa, ma con un sorriso insensato che mi si allarga sulla bocca come un potente balsamo lenitivo.
Il ricordo ancora impresso nella carne della notte passata mi riverbera nelle ossa, l'eco di un sogno incredibilmente vivido. Il viso di Giulia sotto la pioggia, i nostri baci affamati, i vestiti bagnati che scivolano via uno dopo l'altro, le mani che si stringono, e poi la paura di lasciarsi andare al sonno e di vederla evaporare in mezzo ai rimpianti, in un delirio da ubriaco.
Invece no, lei c'era davvero.
Allungo una mano verso il bordo del letto, dove ci siamo aggomitolati insieme per gran parte della notte, con le gambe intrecciate e la sua testa appoggiata tra la mia spalla e il petto, a seguirne il respiro finché non ho più potuto oppormi alla stanchezza. C'è ancora il suo calore e l'odore della sua pelle, e della mia.
L'odore del nostro reciproco bisogno.
Giulia si è già alzata. Mi ha baciato sugli occhi e sulla fronte come un bambino malato ed è sparita nell'altra stanza, mentre io sono rimasto nel letto, dopo aver forzato per un attimo le mie palpebre ad alzarsi, per sincerarmi che fosse ancora lì. Poi sono sprofondato di nuovo nel sonno, finalmente felice.
Mi tiro su, poggiandomi sui gomiti e buttando indietro la testa con un calcolato mugolio di sofferenza.
"Ehi, tu, straniera, mi hai già abbandonato?" sorrido ad occhi chiusi, alzando leggermente il tono della voce per farmi sentire da lei.
Dalla cucina arriva l'odore forte del caffè e la voce di Giulia che mi risponde ridendo.
"Ci avevo pensato in effetti, soprattutto dopo aver visto le condizioni della tua casa e la desolazione del tuo frigo..."
"Ero tutto solo e triste.. – mi giustifico come un bimbo lagnoso – di solito non sono così..." aggiungo mentre scendo dal letto con un balzo silenzioso, impaziente di sorprenderla e di stringerla di nuovo a me.
Mi avvicino cercando di fare il minimo rumore possibile, mi acquatto dietro la porta della sala aspettando il momento giusto per arrivarle alle spalle e farle fare un salto dallo spavento. Ma il mio piano diabolico per sentirla urlare e farmi prendermi a pugni non ha fatto i conti con quello che vedo affacciandomi e che mi irrigidisce le gambe, imbambolandomi all'istante.
Giulia è scalza, indossa la mia camicia a quadri rossa e nera che la copre appena il sedere, ha i capelli sciolti sulla schiena, leggermente arruffati, ed è impegnata a preparare delle uova strapazzate.
Quando si volta, con le guance arrossate dal calore dei fornelli, mi vede sulla soglia e sorride, mostrandomi la lingua come una bambina appena colta in fallo.
"Non sono una gran cuoca, e tu avevi a malapena tre uova e un po' di formaggio...coi giusti ingredienti avrei potuto fare di meglio. – si scusa venendomi incontro – oggi facciamo la spesa, ok?" aggiunge abbracciandomi e spiazzandomi completamente.
"Tu non ti rendi conto..." le sussurro baciandola tra i capelli, col cuore che viaggia come un treno a vapore.
"Che cosa?"
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Tu sai
FanfictionNel mondo esiste così tanta bellezza e magia da riempire un'intera esistenza. E non importa quanto tu ostinatamente voglia sfuggirle, lei continuerà a incrociare il tuo cammino fino alla tua resa. Fino a quando non ti abbandonerai all'amore. E avrà...