Capitolo 63

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Quando sento bussare alla porta della camera mi alzo in fretta, accomodo di nuovo le coperte intorno al corpo addormentato di Giulia ed esco.

Davanti a me Salvatore Capobianco, detto Turi, ex guardiano del faro e adesso pescatore per passione, mi accoglie con un sorriso e una pacca sulla spalla.

"Come sta la ragazza? Il dottore disse che deve riposare molto..." mi chiede sforzandosi di parlare in italiano, anche se con il pesante accento agrigentino è impossibile da coprire.

"Sì, deve stare a letto per un po', ma grazie a voi Giulia se la caverà... – rispondo pieno di gratitudine stringendogli la mano – non so cosa sarebbe successo se non l'aveste trovata in tempo..." aggiungo rabbrividendo vistosamente.

"Non ci devi ringraziare, fummo fortunati e basta, ma la mano in testa ce la mise San Gerlando, altrimenti non l'avremmo vista..." esclama ricambiando la stretta di mano

San Gerlando, ancora lui. Immagino che prima o poi dovrò portare omaggio a questa divinità, dato che qui nessuno pare muovere un passo senza invocarlo.

"Comunque non vorremmo creare ulteriore disturbo, avete già fatto anche troppo per noi...appena Giulia avrà recuperato un po' di energie torneremo a casa ad Agrigento, tra l'altro devo ancora avvertire mia madre..." mi sovvengo all'improvviso e sbianco al pensiero di essere irrintracciabile da ore, quando ormai la notizia della tempesta avrà fatto il giro della Sicilia.

"Oh, non babiari! Non scherzare! La picciotta ha bisogno ca riposi, lo disse u dutturi!" ribatte Turi mischiando nelle frasi sempre più dialetto mano a mano che parla con maggiore impeto.

"Ma signor Turi, noi non possiamo occupare casa vostra così..." tento debolmente di ribattere, ma il vecchio non ammette repliche.

"Abbiamo un'altra camira de sutta, mia moglie ha già preparato" la sua non è una domanda di permesso, ma una constatazione ovvia. Quindi lo ringrazio ancora, poi chiedo di poter fare una telefonata prima che mia madre allerti la polizia, i vigili del fuoco, e la protezione civile pur di avere nostre notizie.

L'uomo mi accompagna così di buon grado al piano di sotto, dove suo figlio e suo nipote, un vispo ragazzino di circa dodici anni, stanno ancora conversando con Camilleri e il dottore, mentre la signora Pina sta scaldando il sugo per le polpette, diffondendo nell'aria un odore delizioso.

"Si è addormentata adesso" rispondo alla domanda silenziosa di quegli uomini e della signora ai fornelli che, appena mi ha sentito entrare in cucina, ha cominciato a scusarsi per un disordine inesistente.

"Bene, bene – commenta Camilleri alzandosi – sia ringraziato..."

"...San Gerlando, giusto?" continuo io con un sorriso.

Tutti annuiscono, poi Turi mi porta un incredibilmente moderno telefono cordless perché possa fare la mia chiamata.

Mia madre risponde al primo squillo con una voce angosciata che se non ne conoscessi la causa mi avrebbe atterrito.

"Andrea, sei tu? Mio dio, ma stai bene, e Giulia? Ma dove siete? Il vostro telefono è spento da ore, siamo morti di paura, Giuse e io, credevamo foste andati in barca come mi avevi detto! Hai sentito della tempesta? Una cosa mai vista, hanno mostrato le immagini anche al telegiornale...siamo stati ore a pensarvi dispersi, ma ce l'hai un cuore, disgraziato?!!"

Urla talmente forte attraverso la cornetta che la sentono tutti, voltandosi a guardarmi.

"Mamma, perdonami, ma c'è stato un cambio di programma...siamo andati in quella spa che mi hai consigliato l'anno scorso, sai quella nella riserva naturale?" mento abbassando la voce, per non farmi sentire da quelli in cucina.

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