Capitolo 75

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Mio padre che ride.

Dalla finestra gli ultimi raggi di un sole appena velato illuminano una tela imbrattata di colore.

Le sue mani che si muovono un po' impacciate, tenendo tra le dita un pennello e scuotendo la testa al ritmo di una musica blues struggente che esce da un vecchio giradischi che ha tirato fuori chissà da dove.

Fotografo questa scena con gli occhi e la bevo d'un fiato con l'anima, ancora incredulo.

"Quindi ora dipingi" scandisco lentamente, guardandomi attorno in quella che era la mia camera da letto da bambino, adesso trasformata in uno studio d'arte contemporanea in piena regola, stracolmo di tubetti di pittura, cavalletti, pennelli, stracci e tele ancora immacolate.

Alle pareti sono appesi alcuni quadri già finiti. Riconosco la baia di Porto Empedocle in un acquerello a tinte lievi, appeso sopra al letto. Accanto, dipinto su legno di recupero, un tramonto che sfuma in porpora dietro ad un faro che assomiglia tanto a quello di Turi, e poi ancora mare, mare calmo illuminato dalla luna, mare tempestoso, onde che si frangono contro le scogliere frammentandosi in milioni di spruzzi, o la risacca lenta su una spiaggia assolata.

E' bravo mio padre. Con pochi semplici tratti sa cogliere l'essenza delle cose, la loro anima nascosta. I colori sono trasportati da pennellate all'apparenza confuse, ma che rivelano la perfezione di ogni dettaglio solo in uno sguardo d'insieme.

Perché io non lo sapevo?

Giulia mi guarda e sorride senza muovere un muscolo, seduta su una poltroncina sotto la finestra, con un gomito appoggiato sul davanzale e la testa che ricade mollemente sulla mano.

"Ancora un attimo tesoro, poi sei libera" la rassicura mio padre, mentre continua a sovrapporre colori e a canticchiare la melodia che esce dal giradischi.

"Tu dipingi..." ripeto quasi sottovoce, tanto che credo che lui neppure mi abbia sentito. Invece si volta a guardarmi e annuisce.

"Tanto tempo fa, in un'altra vita potrei dire, avrei voluto fare questo...allora sì che ero davvero bravo - aggiunge con una piccola alzata di spalle e un sorriso un po' sbilenco - Poi ho preso un'altra strada, più concreta forse, ma dentro di me ho sempre saputo di aver perso qualcosa..."

"E quando hai ricominciato?" gli domando sgranando gli occhi di fronte alla serenità con la quale parla della sua vita e dei suoi rimpianti. Quello che sta davanti a me assomiglia a mio padre, ma dell'uomo che mi metteva così a disagio con i suoi giudizi impietosi e la sua disapprovazione costante negli occhi è rimasto ben poco.

"Qualche mese fa...per caso... - mi risponde con noncuranza, come se si trattasse di un dettaglio insignificante - sono stato ad una mostra organizzata dalla Confindustria siciliana, e c'era questo ragazzo, un giovane artista disabile che dipingeva con le dita dei piedi... I suoi quadri erano così vivi, così reali, così sofferti...dovevi vederli, Andrea, mi hanno stregato...e mi sono detto che ero ancora troppo giovane per non fare ciò che mi fa stare bene...Certo, ora non sono un granché, ho perso un po' la mano, ma mi rilassa molto" conclude con una risata spontanea che lo illumina fino agli occhi.

Da quando l'ho rivisto ho come l'impressione che qualcuno lo abbia sostituito con un modello aggiornato, con tanto di software per l'empatia, il potenziamento della sensibilità artistica, e lo abbia riprogrammato da zero.

Però mi piace questo Maurizio 2.0. E' spiazzante, sconvolgente, e inaspettato, ma è la cosa più simile all'uomo che mi raccontava storie in barca che abbia mai avuto davanti da anni.

"Volete della soda, ragazzi? Lucinda deve aver lasciato anche qualche sandwich nel frigo....Anzi, ripensandoci meglio di no, sono giorni che non vengo a casa...qualunque cosa ci sia là dentro sarà da buttare..."

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