Capitolo 28

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È un sonno agitato quello che mi accoglie dopo aver finito le domande senza risposta di fronte a un dettaglio forse neppure così importante. Eppure la coincidenza di aver incontrato un amico di Simone, di cui nessuno sapeva l'esistenza, che passava proprio di fronte all'ospedale, in un giorno come quello, mi fa pensare mille cose, nessuna delle quali è positiva nei suoi confronti.

E se fosse lui il tipo misterioso che ha chiamato il 118 lasciandolo poi da solo a giocarsi la vita?

Se addirittura fosse la causa di quel gesto folle? Ma poi perché? Cosa mai potrebbe avergli detto o fatto per spingerlo a tanto? Ci deve essere un'altra spiegazione, ma purtroppo l'unico a cui potrei chiederlo è ancora incosciente in un letto, dopo essersi ingoiato un'intera farmacia.

Provo una sorta di rabbia nei suoi confronti, che mi rendo perfettamente conto essere ingiusta, ma è come se mi sentissi tradito dalla sua scelta scellerata, dal fatto di avermi tagliato fuori a tal punto dalla sua vita da aver preferito il buio a confidarsi con me, come quando eravamo ragazzini.

Certo, è inutile negarlo, il tempo ci ha cambiati, allontanati, abbiamo preso strade molto diverse, finendo per ignorare intere pagine della nostra reciproca esistenza. Lui con i suoi sogni di attore, sradicato dalla sua città, io col mio bisogno di dimostrare a tutti, soprattutto a mio padre, di valere qualcosa anche al di fuori della strada già tracciata per me, abbiamo finito per diventare adulti ignorando però il percorso che ci ha portati fin qui.

Conosco ancora davvero troppo poco di me stesso per avere la presunzione di conoscere i bisogni profondi di qualcun altro. Eppure nella mia superbia credevo di poter leggere gli occhi di Simone fermandomi in superficie, come se la complicata profondità dell'anima fosse una nota di merito che appartenesse solo a me.

Sono stato superficiale ed egoista, questa è la verità. E adesso il minimo che possa fare per riparare è cercare di capire.

Appena apro le palpebre la luce che filtra mi fa istintivamente stringere gli occhi, infastidito.

Così mi giro sul fianco cercando il riparo del cuscino, ma allungando la mano trovo inaspettatamente un paio di labbra morbide che depositano un piccolo bacio su ogni mio dito.

"Buongiorno splendore, come stai?" sussurra la voce di Giulia, a pochi centimetri da me.

Mugolo un po' fingendomi dolorante per accaparrarmi altri baci, che puntualmente arrivano.

"Mi fa male un po' dappertutto...soprattutto la testa...avrò di nuovo la febbre" le dico sporgendo la fronte per farmi accarezzare.

"Vorrei restare qui a poltrire con te, ma ci aspetta mia madre di là..." spiega soffiandomi sugli occhi per farmeli aprire.

"Tua madre? Oh Cristo – rispondo allarmato, ormai perfettamente sveglio – ma Edo dov'è?" chiedo guardandomi intorno come in cerca di aiuto.

Giulia si mette a ridere di fronte alla mia faccia atterrita.

"E che sarà mai...ti vorrà chiedere se hai intenzioni onorevoli con sua figlia...robe così...– scherza vedendomi sbiancare sempre di più – io ci ho già parlato, coraggio. Edo comunque è di là con mio fratello che gioca a qualcosa sul pc, se vuoi lo chiamo per tenerti la manina"

"Dai, non scherzare, ma tu che le hai detto? Dobbiamo concordare un attimo la versione..." ribatto in ansia.

"Le ho detto la verità, vai tranquillo..."

"E l'ha presa bene?"

"Beh, dai, dopo avermi detto che sono un'incosciente, che se lo rifaccio un'altra volta mi disereda, che potevi essere un serial killer e potevo morire senza lasciare traccia, ha capito..." mi spiega con tranquillità.

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