Capitolo 48

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Guardiamo in faccia alla realtà.

Non ho assolutamente idea di dove sto andando. Trovare il museo è stato abbastanza facile, tutto sommato, ma adesso non posso certo mettermi a suonare ogni campanello per isolati interi e sperare che mi risponda la voce di Mirko, o di Giulia. Ho ancora un'ora di luce, più o meno, poi dovrò decidermi a trovare una stanza da qualche parte e rimandare a domani.

Il pensiero di non riuscire a vederla o sentirla, e di non poterla così rassicurare, mi fa sentire impotente come non mai, ma accresce in me anche la rabbia per questa situazione assurda di cui io non sono minimamente responsabile e che rischia di distruggere la mia vita e la sua.

Il telefono comincia a vibrare proprio quando mi comincio a guardare intorno in cerca di un hotel.

"Andre, tutto bene? Sei arrivato?" la voce familiare di Edo mi fa sentire subito meglio.

"Arrivato è una parola grossa. Hai idea di quante case e palazzi ci siano vicino al Museo Egizio? Certo che Alice poteva darti qualche indicazione più precisa..." sbotto sotto il peso della stanchezza e dell'ansia.

"Hai ragione, amico, ma è già tanto che non mi abbia detto solo "Torino"...accontentiamoci, che quella a dare indicazioni stradali è un disastro..." si scusa Edo.

"E' riuscita a sentire ancora Giulia?"

"Macché. Dopo la prima chiamata deve aver spento il telefono perché ogni volta è irraggiungibile...Alice è preoccupata che possa fare qualche cazzata..." mi risponde un attimo prima di rendersi conto che questa è anche la mia più grande angoscia.

"Scusa...non volevo dice che possa...insomma...è comunque il suo migliore amico e non penso che lei abbia intenzione di...voglio dire...avrà avuto bisogno di allontanarsi...nient'altro..." balbetta cercando di rimediare, ma con scarso successo.

Io mi incupisco all'istante, con l'immagine orribile di lei che viene consolata dalle braccia di Mirko. Magari in questo istante lui è sdraiato accanto a lei a guardarla dormire come un predatore paziente, pronto a buttarsi a capofitto su di lei appena darà segni di cedimento.

"Andre? Ci sei ancora? Io non volevo farti venire i pensieri, eh?" continua Edo, sentendosi in colpa.

"Senti, ora vedo di sistemarmi per la notte, tu avvertimi se hai qualche notizia, ok?" taglio corto per non fargli pesare il mio cambio di umore repentino.

Rimango un attimo fermo sul marciapiede, a riordinare le idee, poi mi dirigo verso l'insegna di un hotel che sembra molto curato e di classe, anche se temo che il mio aspetto trasandato possa crearmi qualche difficoltà. Mi stringo nel giubbotto di pelle che almeno copre la maglietta macchiata di sangue e tengo gli occhiali da sole, anche se ormai la luce è calata e rischio di sembrare una rockstar strafatta. Ma meglio questo che sembrare appena uscito da un fight club nei bassifondi.

Attraverso la strada e mi avvicino alle porte girevoli presidiate da un fattorino in livrea rossa e oro. Esito un attimo guardando infilarsi nella hall dell'hotel una signora elegante piena di pacchetti di boutique alla moda, seguita da uno scocciatissimo accompagnatore, anch'esso sommerso di buste e scatole. L'uomo mi guarda un attimo e sospira, invidiando probabilmente la mia assenza di bagaglio.

Ma prima che possa decidermi ad entrare il display del cellulare che tengo in mano si illumina e compare un numero che non ho memorizzato, ma che tuttavia riconosco al volo, avendolo digitato solo qualche ora fa.

Mirko.

"Dove sei?" mi chiede senza troppi preamboli.

"Abbastanza vicino" rispondo secco, trattenendomi dal perdere le staffe e gridargli di passarmi Giulia immediatamente. Stringo il pugno e cerco di controllarmi.

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