Capitolo 15

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Il tempo a volte sa dilatarsi come un elastico, così che sembra quasi possibile renderlo eterno, bloccarlo in un punto preciso o persino farlo collassare su se stesso con un semplice movimento delle dita, come se portassimo dentro di noi ancora una traccia di divinità.

Tutto parte dalla mente e dai suoi bisogni.

E in questo momento io ho bisogno di lei, perfetta e lontana come un'immagine dipinta da un artista innamorato della bellezza stessa. La voglio così, senza parlare, senza sapere niente che non sia indispensabile, senza complicare le cose, e per tutto il tempo possibile.

Così mi perdo nei fari scuri dei suoi occhi che sembrano strapparmi ogni volta il respiro dal petto, come stregati da un incantesimo senza scampo. Le labbra si schiudono in un sorriso appena accennato, che d'un tratto, e senza volerlo, diventa il mio. Non riesco a impedire alla mia bocca di somigliarle e di muoversi fino a farle da specchio perfetto.

Ammiro la curva dolce del collo, solleticato dai ciuffi di capelli neri mossi appena dal vento, e più in basso la morbidezza del seno, dei fianchi, la pelle perfetta tra la gonna e le calze, le caviglie sottili che oscillano sui tacchi degli stivaletti di pelle. Tutto parla di lei nell'istante infinito di un solo sguardo, di un solo battito, di un solo respiro. Lo accolgo incredulo dentro di me come un dono prezioso elargito a un pazzo a cui nessuno sano di mente potrebbe mai dare ascolto.

Giulia continua a guardarmi, a sorridere, a farmi morire assecondando la mia voglia inespressa.

Lo avverto. E probabilmente anche lei.

Brucio.

Sorrido ma vorrei urlare, ogni fibra del mio corpo si ribella a questa immobilità che mi sono autoimposto. Sono pronto a scattare e prendere a pugni quel tipo che la tiene stretta contro di sé, a strapparla a quell'abbraccio indecente e portarla via, come farebbe un cavaliere antico.

Ma poi tutto si sfalda, l'elastico scivola via dalle dita e schiocca su se stesso rimettendo in moto il tempo che, per reazione, comincia a correre per riallinearsi.

"Andre, vieni! Si passa di qua! –mi urla Edoardo a una decina di metri di distanza mostrandomi un cancello laterale sorvegliato da un addetto con la pettorina fluorescente – Sbrigati, che cavolo fai?"

Mi distraggo quel che basta per venire travolto da un gruppo di ragazzetti schiamazzanti che corrono verso i cancelli spalancati, tutti giovanissimi ed energici, zainetti scarabocchiati sulle spalle e fasce legate dietro la nuca con il nome del loro gruppo del cuore. Una ragazzina che non avrà più di quindici anni mi carambola addosso e mi ritrovo un peluche a forma di criceto praticamente in bocca. L'aiuto a recuperare l'equilibrio e in cambio ottengo uno sgarbato "E spostati!" mentre raggiunge di corsa la comitiva che è già passata ai controlli.

Mi guardo intorno con apprensione e vedo che il gruppo di Giulia sta entrando in quel momento. Scorro febbrile con gli occhi ogni volto per distinguerla in mezzo agli altri, mentre accelero il passo nella loro direzione, incurante dei gesti disperati di Edo alla mia destra.

Non so nemmeno perché ma inizio a gridare preso da un panico insensato.

"Giulia!! Giulia! Aspetta!Giulia!" continuo a chiamare tra la folla accalcata facendomi spazio con le braccia e ottenendo così solo di far voltare una discreta fetta di ragazze nell'arco di cinque o sei metri.

Edo mi raggiunge trafelato.

"Ma cosa ti salta in mente? Credi di trovarla semplicemente chiamandola in mezzo a questo casino?" esclama sbigottito prendendomi per un braccio e provando a indirizzarmi verso l'entrata giusta.

"Non capisci, io l'ho vista! Era a un passo da me!!" gli rispondo angosciato, tirando nella direzione opposta.

"Ma ti sarà sembrata...figurati se era lei..." ribatte afferrandomi per le spalle e spingendomi come si fa con un mulo poco collaborativo

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