Capitolo 62

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Quando alla fine arriva il dottore rimango sconcertato di come sia stato possibile che la signora del faro mi scambiasse per lui. Quell'uomo sembra uscito da un film d'epoca, con la classica borsa di cuoio marrone, la stilografica regalata dal proprietario dell'emporio per aver fatto nascere sua figlia nel retrobottega, e i capelli bianchissimi pettinati ordinatamente all'indietro. Il classico medico condotto di paese che conosce tutti per nome e spesso si ferma a mangiare a casa della gente, che fa a gara ad invitarlo e che si rivolge a lui dandogli rispettosamente del voi. Capisco però dai loro discorsi che non è l'unico medico di Maddalusa ormai, e che adesso ce n'è uno giovane e stranieru che ancora non è riuscito ad integrarsi con la mentalità leggermente vecchio stile della gente del posto. Quindi la signora Pina ha tirato un sospiro di sollievo quando ha capito che ero solo un giovanotto intirizzito e disperato e che il vero dutturi doveva ancora arrivare.

Lo osservo entrare nella stanza con aria composta, appoggiando la borsa a terra e togliendosi la giacca, che immediatamente viene presa in custodia dalla solerte Pina, che ancora non ha smesso di guardarci e farsi il segno della croce, come se fossimo la personificazione di un qualche santo salvato da un mostro marino.

"Pina, può prepararmi un caffè nel frattempo? Sono sveglio dalle quattro..." si rivolge alla donna mostrando il suo primo sorriso, mentre l'anziana si attiva immediatamente per soddisfare la richiesta.

"E' nato u picciriddo?" chiede prima di lasciare la stanza.

"Sì, ma è stato un parto faticoso, per fortuna era il quarto figlio, altrimenti non so come avremmo raggiunto l'ospedale con la tempesta...".

"Sia ringraziato San Gerlando!"

La signora ci lascia e scende di corsa in cucina, mentre io resto nella stanza senza abbandonare la mano di Giulia, che si aggrappa a me come se non potesse in alcun modo mollare la presa.

"Vorrei visitare questa bella signorina, se non le dispiace" esclama il dottore con un sorriso rassicurante, mentre io a malincuore mi sposto sul bordo del letto per permettergli di avvicinarsi.

"Cos'è successo ragazzi? Quando mi hanno chiamato e mi hanno detto della barca rovesciata ho temuto il peggio – ci domanda mentre solleva la coperta e, mettendosi lo stetoscopio alle orecchie, controlla il battito del cuore di Giulia e gli misura la pressione – molto bene, ora provi a metterla seduta, che voglio auscultare i polmoni" Obbedisco immediatamente, aiutando Giulia e sollevarsi e facendole mettere le braccia intorno al mio collo. Mi guarda e sorride, anche se ha lo sguardo stanchissimo. Io le do un bacio su entrambi gli occhi e resto in silenzio, aspettando il responso, mentre Giulia continua a tossire piano.

"Come immaginavo. Ha una Sindrome da Stress Respiratorio transitoria" è il suo responso.

"Che significa?" chiedo allarmato mentre la guardo contorcersi in presa allo spasmo della tosse.

Il dottore mi guarda serio ma rassicurante "Significa che ha subito un trauma importante, ma è stata fortunata a ricevere soccorsi così tempestivi. Con il riposo e il caldo le passerà in pochi giorni. Ma adesso è fondamentale non aggiungere altri stimoli all'organismo e soprattutto, se possibile, non spostarla." Mi spiega con la massima tranquillità, mettendomi una mano sulla spalla come farebbe un padre.

"Ma certo, dottore, grazie" balbetto confuso, ancora scosso da tutto quello che ci è capitato nelle ultime ore.

"Purtroppo c'è il concreto rischio di una polmonite. Ci sono dei murmuri nel polmone destro che vanno tenuti sotto controllo. Le prescriverò un antibiotico ad ampio spettro, ma voglio che tra quattro o cinque giorni, quando si sentirà più in forze, andiate a fare una radiografia in ospedale ad Agrigento. Comunque io ripasserò a visitarla tutti i giorni"

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