Capitolo 18

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Rimango letteralmente senza fiato, non solo per la ripida salita lungo le scale con Giulia aggrappata ai miei fianchi, ma soprattutto per quello che mi si apre davanti agli occhi, incredulo di fronte a tanta bellezza tutta insieme.

Il terrazzo, incassato tra i tetti dei palazzi signorili, è arredato come un piccolo salotto da esterno, con due comode sedie a sdraio di legno chiaro affiancate e un tavolino in vetro e ferro battuto. Ci sono piante aromatiche in vaso lungo tutto il perimetro, mentre sul lato opposto alla porta un graticcio di legno accoglie alcune rose rampicanti. Dalla mia posizione riesco a vedere Ponte Vecchio, ancora illuminato, e un braccio dell'Arno, che si allontana verso il ponte successivo. I rumori delle auto da quassù sono ovattati come in un giorno di neve, perciò tutto quello che riesco a sentire viene da dentro di me. Ho il cuore che batte impazzito.

"Incredibile" sussurro appena, cercando di dissimulare l'emozione.

Giulia sorride soddisfatta e va a prendere la trapunta bianca appoggiata sotto il tavolino per avvolgersela addosso, prima di lasciarsi cadere felice su una delle due sdraio.

"Andre, vieni...non puoi capire...è bellissimo il cielo da qui..."

Io la guardo e non posso che darle ragione. In questo piccolo spazio segreto c'è tutta la bellezza di cui un uomo può avere bisogno.

Mi sdraio accanto a lei, e rivolgo riluttante gli occhi al cielo, miracolosamente limpido nonostante lo smog e l'inquinamento luminoso, e mi accorgo di riuscire ancora a riconoscere tutte le costellazioni che mio padre mi indicava da bambino.

"Quella è Cassiopea, la vedi quella forma a gabbiano?– le spiego indicando un piccolo gruppo di stelle particolarmente luminose – lei era una regina vanitosa che, pur di salvarsi dalle ire di Poseidone, non esitò a sacrificare la bella figlia Andromeda."

"Madre dell'anno, direi..." ride Giulia lanciandomi un lembo di trapunta per evitare che muoia assiderato.

"In realtà poi Andromeda fu salvata da Perseo – puntualizzo avvolgendomi insieme a lei in un caldo bozzolo – ma resta comunque la storia di una vigliaccata notevole"

"Come sai tutte queste cose?"

"Mio padre – le rispondo con un po' di nostalgia – quando uscivamo in barca di notte non faceva che raccontarmi di cavalieri e regine, mostri e titani, e per ognuno c'era un disegno nel cielo, fatto di stelle. Io ero incantato..."

"Tuo padre non vive con te, vero?" mi chiede Giulia intuendolo dal tono della mia voce.

"No, purtroppo i miei si sono separati quando avevo tre anni, mia mamma è andata a vivere a Verona portandomi con sé, mentre lui è rimasto in Sicilia, dove c'era l'azienda di famiglia da mandare avanti. Per un po' mio padre l'ho visto poco, poi, nell'adolescenza abbiamo riallacciato i contatti e recuperato il rapporto, soprattutto da quando ho cominciato a vivere da solo..."

"Lui che tipo è?"

"Chi, mio padre? E' un uomo inquadrato, fondamentalmente buono, abituato a lavorare duro, ma poco capace di comprendere altre strade che non siano quelle che gli hanno insegnato: costruire una famiglia, fare dei figli e lavorare nell'azienda..." le rispondo un po' amareggiato.

"E non è quello che desideri tu..." conclude lei prendendomi la mano e portandosela vicino al petto, mentre mi osserva seria.

"No, non è che non lo voglia...ma non adesso. E soprattutto non come unica vita possibile..." rispondo, ripensando con tristezza alla nostra ultima lite telefonica, quando io gli avevo raccontato dei miei passi avanti come produttore e mio padre, per tutta risposta, mi aveva domandato quando sarebbe finita quella parentesi da adolescente.

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