Capitolo 45

822 25 23
                                    

Giulia non mi risponde.

Ho provato mille volte nel tragitto in auto dal mio attico all'appartamento di Jessica, le ho lasciato dei messaggi disperati in cui le chiedevo di richiamarmi al più presto, ma al momento non ho ricevuto alcun segnale. La cosa peggiore è che neanche Alice risponde e Edo ha il telefono spento.

"E' tutta colpa mia, Andrea, lo capirei se volessi risolvere prima questa faccenda...io posso farcela da sola..." mormora Jessica mortificata nel vedermi imprecare per l'ennesima volta contro una segreteria telefonica.

"Non ci penso nemmeno a lasciarti da sola in casa. Tu adesso prepari i bagagli e ti sposti in albergo, non è sicuro restare lì." Le rispondo a denti stretti, con ancora l'immagine delle sue braccia martoriate davanti agli occhi.

Quel cane non può essere definito nemmeno uomo. Nessun uomo ridurrebbe così la propria compagna, anche se fosse solo l'avventura di una notte. E nessuna donna, nemmeno la peggiore al mondo, merita di essere trattata come un oggetto senza valore. Qualcosa che può essere rotto o buttato al bisogno.

"Lui ha le chiavi del tuo appartamento?" le chiedo ad un tratto preoccupato. Jessica si stringe nelle spalle e abbassa la testa.

"Sono una stupida – sussurra, tormentandosi il vestito con le mani – mi vergogno così tanto..."

"No, non sei tu, non pensarlo nemmeno, è lui che deve vergognarsi di esistere...Adesso facciamo un passo per volta, ok? Per prima cosa te ne vai da quel posto. Poi filiamo dritti alla polizia".

A quelle parole lei spalanca gli occhi e si volta di scatto verso di me.

"Alla polizia? No, Andrea , non posso! Se gli rovino l'immagine quello me la fa pagare...ho troppa paura..." urla sgomenta.

"Tesoro, lo devi fare. Solo così te ne puoi liberare davvero...pensa che potrebbe rifarlo con altre ragazze...lo dobbiamo fermare..." replico cercando di calmarla, ma lei si agita ancora di più.

Comincia a piangere a singhiozzi, scossa da un tremito incontrollabile.

"Jessica, non fare così, ti prego, pensa al bambino!" le dico fermando l'auto nel parcheggio sotto casa sua e prendendole il viso con le mani, mentre lei continua a scuotere la testa.

Sembra completamente spezzata, nella volontà oltre che nel corpo, incapace di liberarsi dalle catene che quell'animale le ha messo addosso, senza che neanche se ne accorgesse, fatte di paura e rassegnazione.

La tiro verso di me e l'abbraccio stretta, cercando di trasmettergli tutta la forza che posso, finché non mi accorgo che il suo respiro è tornato quasi regolare. Solo allora la lascio appoggiarsi di nuovo allo schienale dell'auto, come un fagotto vuoto.

"Un mese fa una ragazza che ha lavorato con me a una campagna per Saint Lauren mi ha raccontato una storia orribile...ma io non le ho dato retta e ho fatto in modo che lui lo sapesse...ora lei è sparita....mi hanno detto che è tornata in Svezia dalla famiglia...ma a questo punto non lo so..." Jessica parla piano, scandendo le parole come se fossero mine da trattare con delicatezza. Lei per prima pare accorgersi, solo adesso che me ne parla, che qualcosa non torna.

"Che cosa ti aveva detto quella ragazza?" le chiedo con il fiato bloccato in gola.

Jessica socchiude gli occhi come per concentrarsi su un ricordo sgradevole che aveva rimosso, poi li apre nuovamente con uno sguardo di puro terrore.

"Mi disse che Pierpaolo l'aveva costretta ad abortire, e che il giorno dopo l'aveva spedita a fare un servizio fotografico nonostante fosse a pezzi...– mormora sconvolta quanto me che la ascolto senza neanche respirare – mi disse che era uno squallido e un violento, e che aveva fatto questo anche ad altre ragazze...ma io ero innamorata e ho creduto a lui quando mi ha detto che era solo una povera pazza dipendente dalla cocaina...e non ho battuto ciglio quando è stata cacciata dall'agenzia...o mio dio, che cosa ho fatto!" esclama coprendosi la bocca con le mani e cercando i miei occhi per leggerci dentro lo stesso tremendo pensiero.

Tu saiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora