Capitolo 46

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L'autista del taxi che ho preso praticamente al volo mi guarda dallo specchietto retrovisore con un'espressione decisamente allarmata. Credo che il sangue incrostato sulle nocche, e l'occhio ormai gonfio come un pallone bluastro non siano esattamente un bel biglietto da visita, ma non ho tempo per dare troppe spiegazioni, né lui pare intenzionato a chiedermi più del dovuto, forse abituato a situazioni come questa.

"Alla stazione centrale per favore!" biascico massaggiandomi la mascella indolenzita, appoggiato allo schienale imbottito del sedile posteriore.

Sto agendo assolutamente di pancia, non ho nessuna idea di cosa fare una volta arrivato a destinazione, ma confido che mi si chiariscano le idee nel viaggio verso Torino. Edo sarebbe fiero di me, per la prima volta nella mia vita sto facendo quello che farebbe lui. Il kamikaze.

Per non dire niente neanche ad Alice e scappare così, lontano da tutti, senza portare con sé altro che uno zainetto con penne e quaderni, Giulia deve essere sconvolta, e non la biasimo. Io stesso non ho connesso per ore, attanagliato dalla paura di averla persa per sempre per qualcosa che era del tutto fuori dal mio controllo. E la stessa orribile sensazione deve averla provata lei. Il bambino di Jessica però è solo un anima innocente con un padre infame e una madre che forse da oggi ricomincerà a vivere. Ma non è il mio.

Non provo rancore per lei, anche se a causa di quelle parole volutamente ambigue Giulia ha frainteso tutto. Capisco perché la sua disperazione l'abbia spinta a fare tutto questo. So solo che alla fine non ha avuto la freddezza di stringere il nodo intorno al mio collo e bloccarmi in una vita che non desideravo, nonostante la sua paura di restare sola in balia di un mostro. E questo ai miei occhi mostra la purezza della sua anima, e una trasparenza che spero possa tornare a mostrare in tutto il suo splendore a qualcuno che sappia amarla davvero.

Ma adesso Giulia ha bisogno di me, ed io di lei.

Non posso immaginarla mentre piange, devastata dal dolore, quando so che basterebbe una sola parola perché tutto questo incubo finisse di colpo.

Provo ancora a chiamarla, più e più volte. La prima suona a vuoto, le altre il suo telefono risulta spento.

Non vuole parlare con me, è evidente. Ma potrebbe farlo con Alice, o Ilaria, se solo una delle due sapesse la verità, invece nemmeno sospettano la tragedia che si sta consumando.

Richiamo Edo, che risponde immediatamente con una discreta agitazione.

"Andre, allora? ma che cavolo succede? Giulia è sconvolta, e Alice pure. Ti ha definito un irresponsabile, un bastardo. Ora non parla neanche con me...Mi spieghi cosa le hai fatto?" esclama con un tono esasperato che non gli riconosco addosso.

"Niente...ha visto me e Jessica nel mio appartamento e ha sentito una frase che non avrebbe dovuto sentire..." esito, accorgendomi dello sguardo incuriosito del tassista.

"Che cosa?? Jessica? E che ci faceva a casa tua? Andre, non dirmi che hai fatto quello che penso...ti prego!" sbotta Edo dall'altro capo del telefono.

"No, no, ma che dici? E' venuta all'improvviso, poco dopo che Giulia era uscita per prendere la metro, o almeno così credevo, invece poi è tornata perché aveva dimenticato qualcosa e così ci ha visti insieme..." continuo passandomi le mani nei capelli. Sentendomi da fuori anche io mi rendo conto di quanto sembri colpevole, e la stessa cosa deve averla pensata il mio amico alla guida, perche lo vedo fare un sorrisetto che mi innervosisce.

Ma vaffanculo, pensa a guidare tu.

"Insomma, vi ha beccati, e se è sconvolta vorrà dire che hai fatto qualcosa, o lei ha fatto qualcosa...insomma, non mi prendere per il culo. Giulia non mi pare una che faccia una tragedia per ogni cazzata..." Edo si altera ancora di più, mentre io continuo a dire mezze frasi che invece di chiarire la situazione la ingarbugliano maggiormente.

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