Five.

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Sotto lo sguardo furioso di Federico, e quello sorpreso e confuso degli amici del ragazzo, il moro girò i tacchi e andò via. Non aveva alcuna intenzione di continuare ad essere usato da un ragazzino viziato come oggetto di sfogo, per quanto bello trovasse Federico non aveva intenzione di perdere la sua dignità per lui. Il biondo gli aveva esplicitamente chiesto, o meglio ordinato tra le urla, di andare via e lui lo avrebbe accontentato.
In vita sua non aveva mai supplicato nessuno di restare e nemmeno di tenerlo al suo fianco, non avrebbe di certo iniziato a farlo con un perfetto sconosciuto con dei bellissimi occhi. Poteva avere chiunque volesse, non si sarebbe fatto dei problemi per il no di Federico.
-"Stupido ragazzino." Ringhiò il moro e prese il suo pacchetto di sigarette.
Mentre andava via sentiva la voce di Federico, che stava imparando a riconoscere, mentre parlava con i suoi amici.
-"Perché stavi litigando con Ben?" Gli chiese uno dei suoi amici, il moro non aveva idea di chi fosse ma gli dava fastidio che si fosse permesso di chiamarlo Ben. Sapeva che era soltanto uno stupido soprannome, ma sapeva anche che la gente lo chiamava in quel modo perché pensava di conoscerlo.
Faceva lo spogliarellista e andava a letto con qualcuno quando gli andava, era vero, e la gente pensava che bastasse quello per conoscerlo. Pensavano che Benjamin fosse solo sesso, un oggetto per il loro piacere.
-"La sua presenza mi irrita, mi dà fastidio."
-"Fè non ti ha fatto nulla di male. Fa solo il suo lavoro." Rispose un altro ragazzo.
Il moro sospirò e appoggiò la schiena ad un albero per continuare ad ascoltare la conversazione. Il ragazzo sentì il rumore della portiera della macchina che si apriva, segno che avevano caricato in macchina Francisco, il ragazzo con cui due volte di malavoglia era andato a letto.
-"Capisco che sia il suo lavoro ma io non sono un suo cliente." Replicò il biondo. "Non mi piace essere visto solo come un oggetto sessuale. Io sono una persona. E lui l'ha fatto, si è avvicinato a me solo perché puntava a fare sesso con me." Continuò. "Lui è libero di fare il suo lavoro ma non con me. Io sono una persona."

Benjamin era rimasto a bocca aperta dopo aver ascoltato le parole del più piccolo, non aveva mai pensato che anche le persone con cui andava a letto potessero provare quello che provava lui. E forse mai nessuno si era sentito in quel modo, forse solo Federico poteva capirlo.
Dopo aver ascoltato le sue parole un po' si era pentito del suo comportamento, di averlo avvicinato e di averci provato con lui ancora prima di presentarsi. Di aver pensato che fosse Federico a voler fare sesso con lui e non il contrario, aveva dato per scontato che il biondo fosse lì per lui.
Con lui forse aveva esagerato e gli dispiaceva ma avrebbe rimediato.
-"Non ti libererai tanto presto di me, principessa. Te lo assicuro."

-"Un caffè macchiato da portare e un sandwich al prosciutto e maionese, grazie." Ordinò Federico, una volta ottenuta l'attenzione del cameriere del bar poco distante dall'università, luogo in cui si doveva recare dopo pranzo per andare in biblioteca.
-"Arrivano subito." Sorrise il ragazzo e si allontanò dal bancone.
Il più piccolo sospirò e si sedette su uno degli sgabelli bianchi, chiuse gli occhi e si prese la testa tra le mani.
La notte appena passata aveva fatto fatica a conciliare il sonno, continuava a rigirarsi nel letto e a ripensare alla serata che aveva vissuto. In genere era una persona calma ma quella sera, con quel ragazzo, non era riuscito a trattenersi. Gli aveva urlato contro tutto quello che pensava e anche quello che non pensava, forse aveva esagerato ma ormai era inutile pensarci, non avrebbe risolto nulla.
-"Il mondo è davvero piccolo, vero principessa?"
Federico, per un momento, sperò che fosse solo frutto della sua immaginazione, che quella persona non fosse davvero lì con lui.
-"Non mi guardi nemmeno oggi? Eppure non credo di essere tanto brutto?"
Lentamente Federico si voltò e sbuffò sonoramente quando vide davanti a lui Benjamin, che gli stava sorridendo ampiamente.
-"Non ci posso credere." Sbuffò Federico e scosse la testa. Quel ragazzo stava diventando il suo incubo.
Il moro, che indossava un pantalone bianco e una felpa nera, si avvicinò a lui e si leccò il labbro inferiore.
-"Credici, tesoro. Sono davvero qui." Rispose il moro, con tono divertito. Sapeva che Federico la sera precedente gli aveva detto la verità. La sua presenza gli dava fastidio.
-"Che ci fai qui?"
-"È un bar, cosa posso mai farci qui?"
-"Allora cambio la domanda." Disse il più piccolo. "Come mi hai trovato?"
-"Che ti fa pensare che io sia venuto qui per te?"
-"La discoteca è da tutt'altro lato della città, qui nelle vicinanze c'è solo la facoltà di medicina e non penso sia un posto adatto a te."
-"E perché non sarebbe un posto adatto a me?" Replicò Benjamin. "Soltanto perché non ho i tuoi soldi e faccio lo spogliarellista?"
Il biondo sospirò, forse sbagliava ad avere tanti pregiudizi su Benjamin ma non riusciva a farne a meno.
-"Benjamin, per favore, o parli o puoi anche andartene. Non ho tempo da perdere con te." Disse. "Come mi hai trovato?" Gli chiese nuovamente.
Il più grande scrollò le spalle.
-"Ti ho seguito, semplice."
Federico sgranò gli occhi.
-"Tu che cosa?!" Urlò, facendo girare i clienti presenti.
-"Non urlare, tesoro. Sono io quello che da spettacoli, non tu." Disse il moro e si sedette su uno sgabello accanto a lui.
-"Mi stai seguendo da ieri sera?"
Il moro scosse la testa.
-"Forse seguire non è il termine adatto." Disse e prese una nocciolina dal contenitore sistemato sul bancone. "Il tuo amico, quello con cui sono andato a letto - Federico alzò gli occhi al cielo per la presentazione che aveva fatto di Francisco - mi ha detto che frequenti la facoltà di medicina, quindi sono venuto a fare una passeggiata da queste parti e ti ho trovato." Spiegò il moro. "E poi con quella macchina è difficile passare inosservato."
-"Che cosa ha la mia macchina che non va?"
-"Nulla, ma non tutti possono permettersela. Solo i figli di papà."
Il più piccolo alzò gli occhi al cielo.
-"Perché mi stavi cercando?" Gli chiese. "Ti avviso, non voglio litigare con te o almeno non qui."
Benjamin annuì.
-"Non so qui per litigare, infatti, ma per il contrario." Disse e si spostò i capelli dal volto. "Voglio chiederti scusa."
Il biondo aggrottò la fronte.
-"Non fare quella faccia, non ti ho chiesto di sposarmi." Sbuffo Benjamin e incrociò le braccia al petto.
-"E perché vuoi chiedermi scusa?" Gli chiese il biondo, che iniziava ad essere divertito da quella situazione.
-"Ho esagerato e sbagliato con te." Disse il più grande. "Ho dato per scontato che tu volessi venire a letto con me e ho insistito troppo quando tu mi hai detto di no." Aggiunse. "In un certo senso ti ho mancato di rispetto e mi dispiace ma, come puoi aver capito, non sono abituato a ricevere dei no. Mi dispiace per come mi sono comportato ieri sera ma stavo solo scherzando, te lo assicuro." Continuò. "Non sono il ragazzo arrogante e narcisistico che pensi. Anch'io so chiedere scusa e lo sto facendo.
Mi dispiace Federico."
Federico era sinceramente colpito dalle parole del più grande, non aveva alcuna intenzione però di farglielo capire.
-"Come fai a sapere quello che penso di te? Non mi conosci."
Il moro finse un sorriso e abbassò la testa.
-"Non sono stupido, sai. Non studierò medicina come te ma qualcosa lo capisco anch'io." Disse il moro, con voce più spenta. "Lo vedo il modo in cui mi guardi, quasi ti faccio ribrezzo. Odi quel che faccio, come lo faccio, e non posso darti torto. Se fossi in te anch'io non vedrei di buon occhio uno che si spoglia su un palco. Per te sono qualcosa di simile ad una puttana." Continuò. "Per te sono solo uno stupido che pensa ai soldi e va bene così, non sono qui per farti cambiare idea." Aggiunse e alzò lo sguardo. "Volevo solo chiederti scusa e l'ho fatto, apprezzerei se le accettassi ma è una tua scelta. Adesso tolgo il disturbo, non voglio costringerti ad accettare la mia presenza, lo vedo che sei in imbarazzo a stare in pubblico con me. Ciao Federico." Concluse e scese dallo sgabello.
Il più piccolo avrebbe voluto dirgli che si sbagliava, che non pensava quelle cose di lui ma non poteva. In un certo lui le pensava davvero ma non accettava di sentirsi in colpa a causa sua.
-"Benjamin aspetta." Lo fermò il più piccolo, prendendogli il polso.
Benjamin si voltò verso di lui e inclinò la testa da un lato.
-"Anch'io voglio chiederti scusa." Disse. "Anch'io ho sbagliato con te, ti ho giudicato troppo presto e mi dispiace. Ieri sera avrei potuto mantenere un po' di più la calma anziché gridarti contro." Continuò. "Mi dispiace."
Benjamin gli sorrise e gli porse la mano.
-"Ricominciamo?"
Federico ridacchiò e, un po' titubante, gli prese la mano.
-"Ricominciamo."

Do you want to dance with me in the dark? || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora