Eighty seven.

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-"Non sapevo che questa sera ci sarebbero state anche le prostituite." Ghignò la donna e affiancò il moro. "Ah, scusa, tu sei il fidanzato di Federico, giusto?
Quello che sarebbe dovuto morire per fare un favore a tutti."
Federico rimase paralizzato quando udì quelle parole. A pronunciarle era stato sua zia, se così poteva definirla, aveva sposato un suo zio anziano e malato poco prima che morisse facendo leva sulla sua solitudine e aveva ereditato tutti i suoi soldi, imponendosi per restare parte della famiglia e da quel giorno si imbucava ad ogni festa e si spacciava come membro della famiglia a tutti gli effetti, nonostante non la sopportasse praticamente nessuno.
Federico sperava davvero che almeno quel giorno mancasse, da quando aveva saputo di Benjamin non aveva fatto altro che deriderlo e offendere pesantemente il moro senza neppure conoscerlo. Il biondo non lo aveva mai detto al più grande, per evitare di creare problemi inutile dato che lui nemmeno dava importanza a quella donna, ma non immaginava che lo avrebbe scoperto in un modo tanto duro.
Benjamin era rimasto a bocca aperta, il volto pallido messo in risalto sala camicia nera e gli occhi acquosi, le gambe sembravano tremargli e Federico era preoccupato per lui.
A prendere in mano la situazione fu il padre di Federico, Leonard, che non poteva permettere succedesse una cosa simile in casa sua.
-"Tania non ti permetterò di mancare di rispetto a Benjamin, soprattutto non in casa mia." Ringhiò l'uomo. "Chiedigli immediatamente scusa o puoi anche andartene, nessuno sentirà la tua mancanza." Aggiunse.
La donna storse il naso, truccato di rosso per qualche assurdo motivo, strinse il suo bicchiere di champagne e si allontanò dai tre ragazzi senza fare ciò che Leonard gli aveva detto di fare.
-"Benjamin, mi dispiace." Disse l'uomo e mise una mano sulla spalla del ragazzo. "Quella donna è matta, non fa neppure parte della famiglia. Non dare ascolto a quello che ti dice, per favore." Aggiunse, nel tentativo di minimizzare quanto appena successo.
Il moro annuì quasi impercettibilmente, sotto lo sguardo preoccupato del minore.
-"Papà potresti lasciarci soli, per favore?" Chiese Federico.
Leonard si limitò ad annuire e a fare quello che gli era stato richiesto, prendendo sotto braccio sua moglie che si stava avvicinando per portarla via.
-"Va tutto bene?" Gli chiese Federico e gli accarezzò una guancia. "Ben, guardarmi per favore."
Il moro alzò lo sguardo ma sembrava totalmente impassibile, nonostante milioni di pensieri gli stessero passando per la testa.
-"Sto bene." Sussurrò il moro, poco convinto.
-"Ne sei sicuro?" Replicò il più piccolo e gli prese entrambe le mani.
-"Lei non fa nemmeno parte della famiglia, no?" Rispose Benjamin. "Non deve dar peso a quello che dice. Me l'ha appena detto tuo padre."
Il biondo sorrise e gli baciò la fronte.
-"Esatto." Disse. "Adesso ci godiamo la festa?"
-"Prima vado un momento in bagno, torno subito."

Non appena Benjamin riuscì a sgattaiolare via dalla sala dove si stava svolgendo la festa, senza che nessuno lo vedesse, corse al piano di sopra in quella che era la vecchia stanza del suo fidanzato. Mentre saliva le scale neppure si era reso conto di aver iniziato a piangere, chiuse la porta alle sue spalle e si sedette sul pavimento ai piedi di questo, mentre rumorosi singhiozzi uscivano dalle sue labbra gonfie.
Per quanto Federico gli dicesse il contrario, quella donna aveva ragione. Lui non meritava di essere a quella festa, non meritava neppure di stare ancora in quel mondo. Per colpa sua tante persone avevano sofferto e stava rovinando la vita di Federico.
-"M- mi dispiace, F- Fè, mi d- dispiace..." Singhiozzò il moro e strinse le ginocchia al petto. Il ragazzo si tastò le tasche del pantalone, alla ricerca di un fazzoletto, ma quello che trovò fu tutt'altro.
Il moro aveva totalmente dimenticato di avere con sé il cellulare di Federico, questo glielo aveva affidato perché il suo pantalone non aveva tasche. Prima che potesse pensare lucidamente, inserì il codice di sblocco del cellulare e aprì la rubrica.
Gli mancò il fiato quando lesse quei due nomi che da troppo tempo non si permetteva di pronunciare. Blair e Zac.
Forse involontariamente, o forse no, ma premette su quel numero e partì la telefonata. Si avvicinò il cellulare all'orecchio e sentiva il cuore martellargli nel petto ad ogni squillo.
-"Pronto?"
Fu una donna a rispondere e Benjamin scoprì quanto gli fosse mancata quella voce così calma sono il quel momento. In un momento rivide le tante volte che sua madre lo aveva abbracciato e lo aveva protetto dal mondo, ma non era mai riuscita a proteggerlo da lui stesso.
-"Federico che succede?" Continuò la donna, con voce più allarmata. "Benjamin sta bene?"
-"M- mamma..." Singhiozzò il ragazzo.
Dall'altra parte per qualche secondo regnò il silenzio, non riusciva ad udire neppure il respiro di sua madre. Quel silenzio però venne interrotto da un rumoroso singhiozzo e Benjamin immaginò quegli occhi, tanto simili a lui, diventare rossi per il pianto.
-"B- Benjamin?" Chiese esitante Blair. "Benjamin s- sei tu?"
-"Sì, mamma, s- sono io." Si morse il labbro inferiore il moro.
Sua madre scoppiò in lacrime e Benjamin si odiò per quel motivo, non voleva che soffrisse a causa sua.
-"Am- amore mio..." Singhiozzò la donna e si accasciò sul pavimento. "C- come stai?" Chiese. "Non i- immagini neppure q- quanto mi sia mancato s- sentire la tua voce in questi a- anni. Mi manchi..."
-"Sono u- uno stupido, m- mamma. Sono uno s- stupido..." Replicò Benjamin e si strofinò gli occhi con il dorso della mano. "S- sbaglio t- tutto, sono u- un mostro..."
-"Nononono." Cantilenò la donna. "Tu non sei un mostro, tu s- sei mio figlio. Il mio meraviglioso figlio che v- vorrebbe salvare tutti ma non pensa m- mai a se stesso." Continuò a singhiozzare. "R- ricordi che ti diceva A- Alex? Pensa a te stesso, B- Benjamin, non puoi aiutare n- nessuno se non stai per primo bene tu." Aggiunse.
Il solo sentire il nome di sua sorella gli bastò per scoppiare nuovamente in lacrime, se solo sua sorella non fosse morta tutto sarebbe andato in modo diverso. Non avrebbe conosciuto Federico ma avrebbe evitato di soffrire così tante persone, Avan non sarebbe mai morto a causa sua.
-"M- mamma mi m- manca, mi manca t- tantissimo..."
-"Manca anche a me, t- tesoro, tutti i g- giorni..." Replicò la donna. "E mi manchi a- anche tu..."
-"Mi dispiace a- avervi fatto soffrire, ma p- pensavo sareste stati m- meglio senza d- di me..."
-"Non pensarlo mai, io e t- tuo padre ti amiamo e avremmo voluto vederti crescere e diventare un uomo." Rispose Blair. "Non ti f- facciamo però una colpa d- di quanto è successo, h- hai preso la tua strada e noi s- siamo felici se tu lo s- sei."
-"I- io non sono f- felice, mamma. Non lo sono per n- niente." Singhiozzò il più grande. "D- da quando mi s- sono svegliato non faccio altro che sentirmi un p- peso per tutti, sento di star rovinando la vita d- di tutti coloro che mi circondano. Un r- ragazzo è morto a causa mia, c- capisci mamma?" Continuò. "V- vorrei solo a- andarmene via d- da qui e lasciare che g- gli altri vivano anche p- per me. Io non h- ho più motivi per farlo."
-"Ti sbagli, amore mio." Rispose la donna, riacquistando il suo solito tono di voce tranquillo. "Devi fare qualcosa che ti renda felice, o che almeno pensi ti possa far sentire meglio.
Se vuoi andare via da lì, fallo. Se vuoi tornare qui da noi, io e tuo padre saremo sempre qui ad aspettarti. Se vuoi andare dall'altra parte del mondo, noi ti sosterremo sempre. Chi ti ama sarà sempre al tuo fianco." Disse. "Rispondi solo ad una domanda però, che cosa pensi possa farti felice?"
Benjamin non lo avrebbe mai detto ad alta voce, non era abbastanza coraggioso da ammetterlo ma sapeva benissimo che cosa lo avrebbe aiutato a sentirsi un po' meno in colpa. Lo sapeva e quella consapevolezza gli pesava dentro come un macigno.
Lasciare Federico.

Do you want to dance with me in the dark? || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora