Probabilmente Federico non avrebbe dovuto prendere quella decisione da solo, senza consultare Benjamin e soprattutto sapendo che lui aveva deciso di non denunciare Thomas. In quel momento però al minore sembrava la scelta più adatta, quell'uomo aveva fatto esplodere il suo locale soltanto per separare il moro da lui, aveva tentato di violentare Benjamin e presto sarebbe potuto divenire il responsabile della morte di sei persone.
Federico non poteva permettere che la passasse liscia, aveva promesso di fargliela pagare e non si sarebbe arreso fino a quando non lo avrebbe visto chiuso in una cella per il resto della vita. A causa sua stava per perdere Benjamin e voleva che, come minimo, lui perdesse la sua libertà.
Con estrema tranquillità, di cui lui stesso si sorprendeva, seguì un paio di agenti in una stanza e raccontò loro com'erano andate le cose. Fece ascoltare la registrazione, della conversazione avuta poco prima con Thomas, che aveva fatto e raccontò anche come avesse conosciuto quell'uomo. Raccontò perché avesse preso la decisione di denunciarlo e perché non fosse stato Benjamin stesso a farlo.
I poliziotti sembravano credere ciecamente alle sue parole e gli avevano promesso che non avrebbero perso altro tempo, sarebbero andati ad arrestarlo quella stessa sera.
Per quanto Federico in quel momento stesse soffrendo, per lui, era una magra consolazione sapere che almeno Thomas l'avrebbe pagata cara.Non appena il più piccolo, soddisfatto di quanto aveva appena fatto, uscì dal commissariato il cellulare di Louis vibrò e Federico si affrettò a prenderlo dalla tasca dei suoi jeans. Era un messaggio proveniente da un numero che Louis non aveva registrato in rubrica, da cui erano partite anche le ultime chiamate persone che Federico aveva ignorato per parlare con gli agenti, ma che il più piccolo riconobbe come il numero telefonico di Sheldon.
«Federico sono Louis, sto provando a chiamarti da più di un'ora. Benjamin è uscito dalla sala operatoria, il dottore vuole parlarti. Ti prego sbrigati.» Recitava il messaggio.
Federico sentì il suo cuore battere all'impazzata, non sapeva però se fosse per la felicità di sapere che Benjamin era uscito dalla sala operatoria o per la paura di non sapere che cosa il dottore volesse da lui. Che cosa era successo? Benjamin stava bene o era successo il peggio?
Agitato come non mai, dimenticando la soddisfazione che provava fino a pochi attimi prima, salì in macchina e tentò di tranquillizzarsi mentre guidava verso l'ospedale.
Il più piccolo riuscì a non correre come un matto tra le strade di Miami e a mantenere la calma, fino a quando non intravide davanti a lui il bianco edificio dove decine di ambulanze erano parcheggiate nell'ampio spiazzato. Parcheggiò nel primo posto disponibile, senza preoccuparsi molto di sistemare la macchina, e corse fuori dall'auto per raggiungere il prima possibile il suo fidanzato.-"Louis! Louis!" Gridò Federico, una volta entrato all'interno dell'ospedale, quando vide la sagoma familiare del suo amico affiancato ancora da Sheldon.
Il ragazzo, visibilmente provato, si voltò verso di lui e accennò un sorriso.
-"Ehi, sei arrivato finalmente." Disse e si passò una mano tra i capelli, decisamente più scompigliati di quanto lo fossero poche ore fa. La felicità delle ragazzo per il bel voto preso all'esame sembrava appartenere ad un passato ormai lontano, in quel momento Louis sembrava tante cose ma di certo non felice seduto su quella seggiola e con i suoi jeans strappati.
-"Dove sei stato?" Gli chiese l'amico e si alzò per raggiungerlo.
-"Te lo spiegherò dopo." Rispose, frettolosamente, Federico. "Perché il dottore vuole parlarmi che è successo? Benjamin sta bene?" Chiese allarmato.
-"Non lo sappiamo." Rispose Sheldon, ancora sporco di fumo. "Il dottore non ha voluto dirci nulla, vuole parlare solo con te." Spiegò l'uomo.
-"Dove posso trovarlo?" Domandò il più piccolo.
-"È in stanza con Benjamin." Rispose Louis. "La penultima porta sulla destra, ti sta aspettando."Federico non perse altro tempo, corse nella direzione indicata da Louis e non si preoccupò di bussare quando raggiunse la porta, si limitò a spalancarla e ad entrare. Una volta dentro il più piccolo sentì il suo cuore stringersi e dovette reggersi alla porta per evitare di cadere sul pavimento lucido di quella candida stanza. Il suo Benjamin giaceva immobile su un letto, coperto da delle lenzuola bianche che gli coprivano il petto altrimenti nudo, degli aghi infilati nelle braccia e collegato a così tanti macchinari che sembravano essere diventati parte di lui. Sulla fronte c'era un vistoso taglio, chiuso con dei punti di sutura, e sulla guancia destra c'era una crosta che forse era dovuta ad una scottatura. Le braccia tatuate era deturpate da cicatrici e croste ancora sanguinanti, Federico non riusciva a vedere il resto del corpo ma sospettava fosse in condizioni simili se non peggiori. A quella vista Federico pensò di sentirsi male, come avevano potuto fare una cosa del genere a Benjamin? Proprio a lui che aveva già sofferto così tanto e che del mondo meritava soltanto le cose più belle.
-"Finalmente è arrivato." Disse il dottore, mentre reggeva dei fogli e una penna, e sorrise al ragazzo.
-"Mi scusi per il ritardo." Si scusò Federico, con voce poco più alta di un sussurro. "Che cosa voleva dirmi?"
-"Chiuda la porta."
Federico fece come gli era stato detto, chiuse la porta alle sue spalle e si avvicinò al dottore.
-"Come sta Benjamin?" Chiese.
L'uomo, stanco, si passò una mano sul volto e sospirò rumorosamente.
-"Non ho una risposta a questa domanda." Ammise il dottore. "L'intervento è andato bene, contrariamente ad ogni nostra previsione, le scottature sono meno gravi di quanto pensassimo e nel giro di un paio di mesi saranno svanite quasi del tutto. Ad eccezione di quella sulla schiena, che tra tutte è la peggiore e resterà per sempre ma è abbastanza piccola, quindi attirerà poco l'attenzione." Spiegò il dottore.
Federico, a quelle parole, tirò un sospiro di sollievo ma sapeva ci fosse dell'altro.
-"Ma?" Lo incitó a continuare.
-"Ma Benjamin non si sveglia." Disse l'uomo. "È da almeno un paio d'ore che tentiamo di svegliarlo ma senza esiti positivi." Aggiunse. "Escludiamo sia entrato in coma, perché di tanto in tanto si muove e sembra reagire agli stimoli esterni, ma non riesce a svegliarsi." Continuò. "Abbiamo ipotizzato possa essere per l'anestesia ma le ore passano e la situazione non cambia. Non sappiamo che cosa fare."
Federico, nonostante fosse solo al secondo anno di medicina, era abbastanza intelligente da capire che quella situazione non prometteva nulla di buono e che scoprirebbe quale fosse la causa che spingeva Benjamin a non svegliarsi, probabilmente, non sarebbero mai state scoperte se non troppo tardi. Quella consapevolezza però non bastò a distruggere Federico, lui aveva deciso di lottare per Benjamin ed era disposto a tutto pur di aiutarlo.
-"Che cosa posso fare per aiutarlo?" Chiese, cercando di non scoppiare a piangere da un momento all'altro.
-"Cerchi i suoi genitori. Qualsiasi sia il suo rapporto con loro, meritano di sapere in che condizioni è loro figlio." Rispose il medico. "Starà a loro decidere se raggiungerlo o no, ma qualsiasi genitori merita di sapere." Aggiunse. "Adesso ti lascio solo, puoi restare un po' con lui se vuoi magari sentire la sua voce lo aiuterà a svegliarsi. Per qualsiasi cosa mi chiami." Concluse il dottore e andò via.
Federico non ebbe bisogno di pensare molto, prima di prendere il cellulare di Louis e digitare in fretta un messaggio ad un numero che ormai conosceva a memoria.
«Papà sono Federico, trova e mandami il numero dei genitori di Benjamin il prima possibile è urgente.»
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Do you want to dance with me in the dark? || Fenji.
Fiksi Penggemar«Tra i tanti colori di Miami non c'era posto per il nero che Benjamin si portava dietro, per quel nero che sapeva ammaliare e sedurre. Nessuno riusciva ad apprezzarlo come meritava. Nessuno tranne un vulcano di colori. Riusciranno a creare il loro p...