Federico dovette reggersi alla maniglia della porta per evitare di cader quando aprì la porta del bagno. Più volte chiuse gli occhi e li riaprì velocemente, per accertarsi che la scena che aveva davanti fosse reale.
-"Benjamin!" Quel grido gli lasciò le labbra, e gli graffiò la gola improvvisamente secca, prima che lui stesso se ne rendesse conto.
Il ragazzo davanti a lui alzò gli occhi lucidi per fissarlo, per un momento brevissimo ma che bastò per far capire all'altro che cosa stesse provando in quel momento.
Benjamin, col corpo ustionato e ferito coperto soltanto da un costume azzurro che arrivava a metà coscia, era accovacciato in un angolo del bagno che emanava un cattivo odore e con il pavimento bagnato di qualcosa che Federico preferiva non sapere che cosa fosse. Aveva la testa tra le mani, gli occhi rossi e lucidi, le guance bagnate e dalla bocca schiusa uscivano continui e rumorosi singhiozzi, alternativa a parole di cui il più piccolo non riusciva a capirne il significato.
Con le unghie si stava graffiando le tempie, creando nuovi graffi che sembravano un'estensione del taglio che ancora gli ricopriva la fronte e sembrava non volerne sapere di guarire, di tanto in tanto continuava a sanguinare come in quel momento, nonostante i punti di sutura.
-"Ben, che succede?!" Urlò ancora il più piccolo e si gettò in ginocchio davanti a lui, ignorando quanto sudicio fosse il pavimento di legno di quel bagno. Probabilmente una volta tornato a casa si sarebbe fatto almeno tre docce per cercare di eliminare quella puzza nauseabonda dal suo corpo.
Dalle labbra del moro, però, uscì soltanto un singhiozzo e con mano tremante indicò qualcosa alle spalle del minore. Solo in quel momento Federico notò le nocche sanguinanti del suo fidanzato, seguì la traiettoria indicata dal ragazzo e sobbalzò quando vide uno specchio rotto, macchiato del sangue del moro.
-"Amore mio..." Sussurrò Federico e, senza indugiare ancora, strinse il ragazzo tra le sue braccia.
Non appena i loro corpi entrarono in contatto il moro si aggrappò alle spalle e scoppiò a piangere. Si sentiva uno stupido in quel momento, ingrato per dare così tanta importanza all'aspetto fisico quando un ragazzo poco più grande di lui era morto, ma non riusciva ad accettarsi dopo quanto successo. Non riusciva a convivere con se stesso, avrebbe solo voluto strapparsi via quel corpo che non lo rappresentava più.
-"Va tutto bene, Benjamin." Gli sussurrò lentamente all'orecchio il più piccolo, mentre gli accarezzava i capelli un po' più lunghi di prima che succedesse il tutto. "Tranquillo, amore, va tutto bene." Gli ripetè e gli baciò la tempia, evitando accuratamente i graffi appena procurati e sanguinanti.
-"N- no..." Singhiozzò il moro e strofinò la fronte sulla spalla del biondo, in parte coperta dalla canotta bianca e nera. "N- nulla v- va bene..." Continuò, la voce era bassa e roca, come se avesse urlato a perdifiato per ore intere. "Io s- sono un mostro, sono un m- mostro Federico...
Come p- puoi restare a- ancora con me?"
Se solo Federico avesse potuto gli avrebbe dato i suoi occhi, soltanto per permettergli di vedersi come lo vedeva lui. Soltanto per fargli capire quanto meraviglioso fosse per lui e non solo esteticamente.
-"Ti amo, Benjamin. Io ti amo." Disse Federico e allontanò i loro visi, per guardarlo negli occhi. "Io ti amo e continuerò a farlo, resto con te per questo motivo. Ti ritieni un mostro ma per me non lo sei, per me sei meraviglioso e non smetterò mai di ripetertelo." Continuò. "Ti amo, non dimenticarlo mai."
Il più grande tirò su con il naso e per un momento il suo sguardo si addolcì.
-"Ti a- amo anch'io..." Sussurrò, con appena un filo di voce.
-"Torniamo a casa?" Gli propose e gli accarezzò una guancia, quella priva di ustioni. "Così ti medico questi graffi."
Il moro, per tutta risposta, si strinse a lui e annuì.
-"Non lasciarmi s- solo, te ne p- prego..."I due ragazzi salutarono velocemente i loro amici, Federico spiegò loro a grandi linee quello che era successo, Brandon diede lui le chiavi del furgoncino e gli disse che sarebbero tornati con un suo amico che avevano incontrato sulla spiaggia. Circa venti minuti dopo il biondo parcheggiò il furgoncino davanti casa sua e il più grande si precipitò all'interno, senza premurarsi di prendere almeno il suo zaino.
Il più piccolo sospirò rumorosamente e lo seguì all'interno, portando con sé le loro cose.
-"Ti va di mangiare qualcosa? Questa mattina a colazione hai bevuto solo il latte." Propose, nel tentativo di smorzare la tensione.
Benjamin, con indosso ancora i suoi pantaloncini di jeans e una maglia a mezze maniche blu, scosse la testa e andò a sedersi sul divano.
-"Non ho fame." Sussurrò e strinse le ginocchia al petto. "P- per favore puoi a- abbracciarmi?" Gli chiese.
Federico non se lo fece ripetere due volte, lasciò cadere gli zaini sul pavimento e si precipitò da lui, si sedette accanto a lui e lo strinse tra le sue braccia.
-"Che cosa vuoi fare?" Domandò e gli baciò la testa.
Il moro rimase per qualche momento in silenzio, forse pensando ad una risposta.
-"Dammi il tuo telefono." Disse poi, sicuro di se stesso.
-"Che cosa?" Replicò il più piccolo e inarcò un sopracciglio.
-"Per favore, dammi il tuo telefono."
Abbastanza sorpreso il più piccolo prese il cellulare dalla tasca dei suoi pantaloni e lo diede al fidanzato.
Benjamin lo sbloccò e aprì la rubrica, trascinò il dito sullo schermo fino a quando non vide il numero dei suoi genitori.
-"Vuoi chiamare i tuoi genitori?" Gli chiese il più piccolo e gli accarezzò il braccio nudo.
Benjamin annuì e cliccò sul numero.
-"Puoi lasciarmi da solo, per favore?"
Federico non se lo fece ripetere due volte, annuì e si alzò per lasciare la stanza, immaginava fosse una cosa molto intima e non voleva disturbare.
Non appena Federico uscì dalla stanza il moro pigiò sul numero e fece partire la telefonata. Dovette attendere pochi attimi prima che qualcuno rispondesse al telefono.
-"Benjamin! Benjamin sei tu?"
Il moro riconobbe all'istante la voce di suo padre, che non sentiva da anni e sentì gli occhi diventare nuovamente lucidi.
-"Ciao papà." Lo salutò il ragazzo. "Mi fa piacere sentirti." Aggiunse. "Come stai?"
-"Io sto bene ma dimmi come stai tu, te ne prego." Lo supplicò il padre. "Tua madre mi ha detto della scorsa telefonata. Come stai? Che cosa è successo?"
-"Vi ho chiamato per ringraziarvi." Rispose Benjamin. "Senza i consigli di mamma non so che cosa avrei fatto." Aggiunse. "Voglio anche scusarmi per quello che vi ho fatto ma adesso sto bene. Mi dispiace avervi fatto soffrire ma adesso sono felice, spero che questo almeno vi possa consolare."
-"Siamo felici se tu lo sei." Replicò il padre. "Ma lo saremmo ancora di più se potessimo vederti. Sono anni che non ti vediamo, ci farebbe piacere sapere com'è diventato nostro figlio. Immaginare come sarebbe -" L'uomo si bloccò e il moro immaginò si stesse mordendo il labbro, la stessa abitudine che aveva lui.
-"Alexandra. Come sarebbe Alexandra, puoi dirlo." Rispose il moro e sorrise dolcemente, nonostante il genitore non potesse vederlo. "Anch'io immagino come sarebbe lei ogni volta che mi guardo allo specchio. Da piccoli ci somigliavamo tantissimo, chissà se sarebbe ancora così." Raccontò, con una certa melanconia.
-"Io e tua madre vorremmo davvero riabbracciarti. Non subito, se non vuoi, ma ci piacerebbe."
-"Verrò papà. Mancate anche a me." Rispose Benjamin e sorrise nuovamente. "Voglio presentarvi Federico, voglio che sappiate che ne è stata della mia vita. Non so quando ma vi prometto che tornerò da voi. Tornerò a casa."
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Do you want to dance with me in the dark? || Fenji.
Fanfic«Tra i tanti colori di Miami non c'era posto per il nero che Benjamin si portava dietro, per quel nero che sapeva ammaliare e sedurre. Nessuno riusciva ad apprezzarlo come meritava. Nessuno tranne un vulcano di colori. Riusciranno a creare il loro p...