Nine.

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-"Non spacciarti suo amico se l'unica cosa che vuoi da lui è il suo cazzo. Torna questa sera, paga per averlo e sarà tutto tuo.
Adesso è mio e tu devi andartene."
Benjamin, a quelle parole, sbiancò e abbassò la testa. Faceva quel lavoro, se poteva definirlo tale, da anni ormai ma continuava a non abituarsi ad essere considerato un semplice giocattolo sessuale. Gli piaceva pensare di essere ancora una persona degna di rispetto.
Ferito da quelle parole si allontanò dai due ma venne fermato dalla voce di Federico.
-"Ma non si vergogna?!" Urlò Federico. "Benjamin potrebbe essere suo figlio e lei lo considera come un oggetto!" Esclamò. "Lui è una persona e merita rispetto, fa quel che fa per vivere ma non è la sua vita!"
Thomas rise fragorosamente e scosse la testa divertito.
-"Ora capisco perché vuoi portartelo a letto. Hai decisamente bisogno di sfogarti." Commentò, sarcastico, l'uomo e incrociò le braccia al petto per poi tornare ad essere serio. "Che rispetto merita una persona come lui? Che si spoglia su un palco e si struscia contro un palco per far eccitare dei perfetti sconosciuti? Che si fa pagare per andare a letto con altri, perché anche se non li pagano direttamente loro, lui viene pagato per farlo." Continuò. "Pensi che uno come lui, che ha ben poco di diverso da una prostituta, possa avere una vita normale? Una relazione? Chi lo presenterebbe mai ai proprio genitori? Nessuno, mocciosetto, nessuno.
Quando sarà troppo vecchio per fare lo spogliarellista, probabilmente, spenderà tutti i suoi soldi in chirurgia estetica per continuare ad essere bello e poi finirà per suicidarsi. Come fanno tutti." Aggiunse e scrollò le spalle. "Lui non merita rispetto, lui merita soltanto di essere scopato fino a quando può ancora farlo." Concluse e ghignò soddisfatto.
Federico sentiva il sangue salirgli al cervello, avrebbe voluto colpirlo in pieno viso ma non voleva mettere in difficoltà con Benjamin.
-"Mi fai schifo." Sputò fuori il più piccolo, mettendo da parte le formalità. "Mi domando perché esistono persone come te al mondo."
-"Perché esistono anche persone come Benjamin, che hanno bisogno di persone come me."
Il moro, rimasto in silenzio ad ascoltare le offese sul suo conto, prese la mano del minore e sospirò.
-"Non rispondere, Federico, te ne prego..." Sussurrò il moro. "Smettila per favore."
Federico si voltò verso il moro e inarcò un sopracciglio.
-"Ma stai ascoltando quello che ti dice?" Replicò Federico. "Ti sta insultando!"
-"Non importa, ci sono abituato." Rispose, sottovoce, il moro. "Adesso, ti prego, vai via..."
-"Bravo, dagli retta, vai via ragazzino." Si intromise Thomas.
Il più piccolo ignorò le parole dell'uomo e strinse la mano di Benjamin.
-"Io vado via ma tu vieni con me." Disse.
-"Non posso."
L'uomo sospirò e roteò gli occhi.
-"Vai ma per le dieci il tuo culo deve essere di nuovo qui." Disse Thomas. "E che non si dica che non sono gentile con te." Aggiunse e rientrò nel locale.

Senza aprire bocca Benjamin salì nella macchina del minore, si sistemò la cintura di sicurezza e guardò fuori dal finestrino per tutta la durata del viaggio, senza nemmeno chiedere dove stessero andando.
Federico, di tanto in tanto, lo guardava e sospirava rumorosamente. Gli dispiaceva averlo costretto ad ascoltare certe cose ed era arrabbiato contro quello sconosciuto per averlo trattato in quel modo. Nessuno meritava di essere trattato in quel modo.
-"Ti va di andare a mangiare qualcosa?" Gli chiese Federico mentre attendeva che il semaforo diventasse verde. Le strade di Miami, di sabato pomeriggio, erano incredibilmente trafficate ma quel giorno per Federico era un vantaggio, avrebbe potuto tenere per un po' più di tempo Benjamin lontano da quella discoteca.
Il moro scrollò le spalle.
-"Come ti pare." Rispose il moro e si sistemò meglio sul sedile.
-"Stai bene?"
-"Andiamo a mangiare, non ho molto tempo prima di ritornare in discoteca."

Poco più di mezz'ora dopo Federico parcheggiò davanti ad un pub che già conosceva, sperava di non trovarci nessuno dei suoi amici che non sapevano nulla di quello che stava facendo. Non sapevano che il loro caro amico fosse andato a letto con Benjamin.
In silenzio scesero dalla macchina e si diressero verso il locale, al loro ingresso Federico sospirò quando notò che era praticamente vuoto. Non si vergognava a stare con Benjamin, non più, ma non voleva dare troppe spiegazioni.
Il moro notò lo sguardo attento di Federico che si guardava intorno e, in silenzio, si sedette ad uno dei tavoli più appartati. Non aveva intenzione di fargli domande, voleva solo pensare ad altro.
-"Che cosa vuoi mangiare?" Gli chiese Federico, incerto su come dovesse comportarsi con il moro, non lo conosceva abbastanza per sapere come reagiva a determinate situazioni.
-"Quello che ordini tu va bene anche per me."
Federico sospirò e prese il menù.
-"Un panino con l'hamburger e delle patatine possono andar bene? O preferisci una pizza? O altro?"
Il moro abbozzò un sorriso, per le tante premure del più piccolo, e annuì.
-"Vanno benissimo." Disse e vide l'altro sorridere sollevato. "E grazie." Aggiunse, mentre iniziava a giocherellare con il suo braccialetto nero.
Il più piccolo inclinò la testa da un lato.
-"Grazie? Per cosa?"
-"Per avermi difeso con Thomas, non eri costretto a farlo..." Sussurrò Benjamin. "Quindi grazie."
-"Non dovresti ringraziarmi." Sospirò il biondo. "Anzi dovrei chiederti scusa per aver spinto quello lì a dirti certe cose." Aggiunse, rifiutandosi di pronunciare il nome di quell'uomo, che aveva scoperto fosse Thomas.
-"Non sei stato tu a spingerlo a dire certe cose." Replicò il più grande. "È quello che pensa di me, lo avrebbe fatto a prescindere."
-"Lo ha già fatto altre volte in passato?"
-"Innumerevoli volte."
-"E non hai mai pensato di ribellarti?" Gli chiese Federico.
-"A quale scopo?" Replicò il moro. "Ha ragione quando dice quelle cose, non posso dargli torto." Aggiunse. "E se anche mi ribellassi, sarei io ad avere la peggio. Mi licenzierebbe e finirei in mezzo ad una strada." Concluse e sospirò rumorosamente.
-"Non puoi continuare a farti trattare in questo modo!" Esclamò il più piccolo.
-"È troppo tardi, ormai tutti si sentono in diritto di farlo."
Il più piccolo gli prese le mani e lo guardò diritto negli occhi.
-"Benjamin sai vero che tu non sei come ti descrivono?" Gli chiese. "Sai vero che non sei un oggetto da portarsi a letto? Sei una persona e meriti di essere rispettato."
Benjamin gli accarezzò il dorso della mano e abbozzò un sorriso.
-"Ti ringrazio per le belle parole, Federico, ma tu non mi conosci." Disse. "Tu non puoi sapere come sono, se hanno torto o meno.
Ti ringrazio ma ciò che dici è infondato." Continuò. "Tu non mi conosci." Ripetè.
-"Allora permettimi di conoscerti, Benjamin." Rispose Federico. "Lasciami entrare nella tua vita e permettimi di conoscerti."

Do you want to dance with me in the dark? || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora