Benjamin era abituato a sentirsi ripetere che era soltanto uno spogliarellista privo di emozioni e di cervello, erano anni che glielo ripetevano e lui aveva imparato a non dare importanza a quelle parole. Lui sapeva chi era e quale fosse il suo valore, sapeva che il lavoro che faceva non lo rendeva una persona frivola o un robot senza sentimenti.
Camminava a testa alta sapendo di avere un mondo dentro e di poter intrattenere conversazioni di ogni genere, sapeva quali fossero le sue idee e convinzioni e nessuno lo avrebbe fatto cambiare.
Erano anni che continuava a sentirsi ripetere le stesse cose eppure non era abituato a sentirsele dire da Federico.
Sapeva di non doversi aspettare chissà che da un ragazzo che a stento conosceva, ma non riusciva a restare impassibile alle sue parole. Federico soltanto il giorno prima lo aveva difeso da una persona che gli aveva detto le stesse cose, gli aveva chiesto di aprirsi con lui e diventare suo amico. Federico gli aveva chiesto di entrare nel suo mondo ma il biondo, a quanto pare, non era disposto a farlo entrare nel suo.
Voleva che fosse un'amicizia a senso unico?
Voleva avere tutto da Benjamin senza dargli nulla in cambio?
Benjamin non ci stava. Non si sarebbe lasciato usare anche da Federico. Non in quel modo.Benjamin non aveva fatto altro che pensare all'accaduto, continuava a rimuginare su quanto gli aveva detto Federico e sulle scuse che gli aveva fatto, se così potevano essere considerate.
Si chiedeva se fosse stato troppo duro con lui, se avesse dovuto ascoltarlo e, infine, perdonarlo. Forse aveva sbagliato ad andare via in quel modo, forse aveva esagerato e se l'era presa troppo ma non riusciva ad accettare che Federico lo trattasse in quel modo.
Non lui. Non dopo che si era aperto così tanto con lui.Sospirò per l'ennesima volta mentre entrava nel cancello di casa sua. Dopo quanto era accaduto aveva deciso di mettere da parte le sue commissioni e tornarsene a casa. Voleva soltanto dormire fino a quella sera, andare a letto con qualcuno e smettere di pensare.
Quando raggiunse la porta di casa aggrottò la fronte quando si rese conto che la porta era socchiusa.
"Pensavo di averla chiusa." Pensò Benjamin e, facendosi coraggio, aprì la porta.
Le sue orecchie vennero presto raggiunte da una leggera melodia e da un buon profumo di biscotti fatti in casa. Il moro non ci mise molto a capire chi ci fosse in casa.
Thomas.
Annoiato e infastidito si tolse il giubbotto nero e si diresse verso la cucina, dove trovò l'uomo a petto nudo intento a cucinare qualcosa.
-"Che ci fai qui?" Gli chiese, con tono duro, Benjamin e si appoggiò allo stipite della porta della cucina.
Thomas sobbalzò nel sentire la sua voce, subito dopo però si voltò verso di lui e gli sorrise.
-"Tesoro, sei tornato." Disse e si avvicinò a lui per dargli un bacio a stampo. "Pensavo tornassi più tardi, non avevi delle commissioni da fare?" Gli chiese.
Il moro odiava che qualcuno si intromettesse nella sua vita privata, odiava che Thomas andasse a casa sua ogni volta che voleva e che si impicciasse delle sue cose e credesse di poter fare quello che voleva con lui. Lo odiava ma non poteva farci nulla.
-"Ho deciso di non farle." Rispose, brevemente, il moro e scrollò le spalle. "Non mi hai risposto." Aggiunse. "Che ci fai qui?" Gli chiese nuovamente.
-"Non ti fa piacere vedermi?"
-"Continui a non rispondermi."
L'uomo ridacchiò e si avvicinò al forno.
-"Eccolo il mio Ben, quello testardo che non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno." Disse. "Non la femminuccia che pensa di poter avere amici." Aggiunse e aprì il forno.
A quelle parole il moro assottigliò gli occhi e fece fatica a trattenersi dall'urlare. Non voleva che Thomas parlasse di Federico, non ne aveva alcun diritto.
-"Se devi offendermi ancora vattene." Ringhiò il più grande.
Thomas scosse la testa e si avvicinò nuovamente al ragazzo.
-"Non voglio offenderti, piccino." Disse e gli accarezzò la guancia. "Sono qui per chiederti scusa." Aggiunse. "Ieri ho esagerato con te ma quel biondino mi ha fatto andare fuori di testa." Continuò. "Sai che non penso quelle cose di te."
Benjamin scacciò la mano dell'uomo e sbuffò.
-"In realtà le pensi."
Thomas sospirò.
-"Ma non te le direi mai in quel modo." Rispose. "Se può consolarti, però, sei lo spogliarellista più bello che ci sia qui a Miami." Aggiunse e gli fece l'occhiolino.
Benjamin era disgustato dalle parole dell'uomo e non faceva nulla per non darlo a vedere, sul suo volto era ben chiara una smorfia di disgusto.
-"Dai piccino, non avere il broncio con me. Sei più bello quando sorridi." Disse e gli accarezzò i fianchi. "E io so come farti sorridere." Aggiunse e ghignò malizioso, mentre sbottonava i pantaloni del moro. Il più grande si irrigidì. "Rilassati, Benjamin, ti piacerà. È quello che vuoi, no?"Benjamin aveva faticato a liberarsi di Thomas, era stato costretto ad andare a letto con lui e a pranzare con lui. Era riuscito a farlo andare via soltanto usando la scusa che era stanco e che voleva riposare per essere al meglio quella sera, per il suo spettacolo.
Se c'era una cosa che Thomas amava più del sesso, beh, quello erano i soldi.
Per tutto il pomeriggio il moro non aveva fatto altro che pensare a quanto accaduto quella mattina, aveva sbagliato a paragonare Federico a Thomas o a chiunque altro cliente. Il biondo aveva semplicemente paura dei giudizi altrui, anche lui prima aveva paura. Avrebbe dovuto dirgli che andava tutto bene e che capiva le sue ragioni, ma orgoglioso com'era non l'aveva fatto. Sapeva riconoscere però i suoi errori e voleva rimediare, anche se come suo solito probabilmente avrebbe peggiorato le cose.
L'indomani mattina, di buonora, il ragazzo si vestì come meglio poteva e uscì di casa. Si recò alla fermata dell'autobus e ne disse di tutti colori a questo quando, dopo quaranta minuti, ancora non era arrivato.
Con il sole a battergli sulla testa Benjamin pensò che quella giornata fosse iniziata malissimo e sapeva che poteva soltanto peggiorare. Per sua fortuna dopo altri dieci minuti d'attesa l'autobus arrivò e, spinto dalla folla che si era creato, si ritrovò a cadere fragorosamente al suo interno, provocando l'ilarità dei presenti.Con il ginocchio sbucciato, dei graffi sul braccio e un livido sulla guancia dopo mezz'ora arrivò all'università del più piccolo. Solo quando mise piede nella facoltà si chiese se Federico quel giorno avesse o meno lezione, preso dall'entusiasmo e dalla voglia di scusarsi non si era nemmeno fermato a chiedersi se avesse lezione. Non aveva neppure il suo numero di cellulare, non aveva alcun modo di contattarlo e tutto ciò che gli restava fare era pregare affinché ci fosse.
Benjamin notò più di uno sguardo fisso su di lui e si sentiva disagio, non voleva che qualcuno lo riconoscesse e lo indicasse. Non voleva essere al centro dell'attenzione. Non voleva imbarazzare ancora di più Federico.
Il moro prese un respiro profondo e si decise a fermare un ragazzo, per chiedergli informazioni.
-"Scusami." Disse Benjamin.
-"Dimmi." Rispose il ragazzo dai vistosi capelli blu.
-"Il corso di medicina oggi ha lezione?" Chiese Benjamin. "Il secondo anno."
-"Sì." Annuì il giovane. "Cerchi qualcuno in particolare?" Chiese. "Magari lo conosco."
-"Federico Rossi."
Lo sconosciuto sorrise e annuì.
-"È in aula studio, secondo piano."Benjamin, velocemente, ringraziò il ragazzo e corse al secondo piano, rischiando di inciampare sui suoi stessi piedi e sul laccio della scarpa che si era appena sciolto. Riuscì ad arrivare in aula studio senza rompersi l'osso del collo e tirò un sospiro di sollievo quando vide la testa bionda del minore.
-"Non preferisci studiare il mio di corpo umano, principessa?" Chiese, ironico, il maggiore.
Federico sobbalzò nel sentire la voce del moro, un piccolo sorriso però comparse sul suo volto e alzò lo sguardo per guardare il moro.
-"Benjamin." Disse, il suo tono era chiaramente allegro. Gli faceva piacere vederlo. "Che ci fai qui?"
Benjamin sorrise e si sedette accanto a lui.
-"Volevo vederti." Rispose. "Mi mancavi, principessa."
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Do you want to dance with me in the dark? || Fenji.
Fanfiction«Tra i tanti colori di Miami non c'era posto per il nero che Benjamin si portava dietro, per quel nero che sapeva ammaliare e sedurre. Nessuno riusciva ad apprezzarlo come meritava. Nessuno tranne un vulcano di colori. Riusciranno a creare il loro p...