Ninety one.

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Era passata una settimana da quando Federico aveva finalmente capito che cosa realmente turbava il suo fidanzato, da quando aveva capito di essere stato uno stupido a concentrarsi solo sulle sue ferite fisiche, tralasciando il suo stato d'animo.
Quella notte i due ragazzi finirono per dormire in quella sudicia stanza di un motel al bordo dell'autostrada, il più piccolo fece fatica a non stringere come al solito ma voleva rispettare le decisioni di Benjamin e fare solo quello che il moro gli permetteva di fare.
In quella settimana il più grande aveva alternato, abbastanza volte da far impazzire il minore, momenti in cui non voleva che nessuno gli toccasse nemmeno la mano, a momenti in cui stava avvinghiato al minore e non voleva lasciarlo andare.
In quei giorni Federico lo aveva visto più vulnerabile che mai, non si trovava a suo agio con se stesso ed era costantemente agitato nonostante non volesse darlo a vedere. Il più piccolo si era sentito uno stupido per non aver capito che cosa l'altro pensasse nei giorni precedenti, avrebbe dovuto capire che non era per nulla tranquillo e avrebbe anche dovuto capire che la notte Benjamin non restava semplicemente sveglio perché aveva dormito il pomeriggio, ma perché aveva continui incubi e aveva paura di dormire.
In quella settimana Federico aveva fatto tutto quello che poteva per aiutare il moro ma questo sembrava non volerglielo permettere, si era chiuso in una sorta di guscio e non permetteva a nessuno di avvicinarsi. Benjamin gli aveva chiesto di non dire a nessuno quanto stava succedendo e Federico aveva accettato, nonostante gli risultasse molto difficile vederlo più sereno con gli altri anziché con lui, anche se sapeva benissimo stesse solo fingendo.
Il più piccolo temeva di non essere in grado di poterlo aiutare, non capiva che cosa stesse provando e aveva paura di sbagliare ogni volta che apriva bocca. Federico vedeva il più grande spegnersi giorno dopo giorno e aveva paura del giorno in cui si sarebbe spento del tutto.

-"Federico, mi dispiace dirtelo, ma domani Benjamin dovrà essere presente al processo." Gli aveva detto, durante una telefonata in vivavoce, suo padre in una calda mattina di inizio luglio mentre il moro dormiva, dopo aver passato una notte totalmente insonne. "Il nostro avvocato ha detto che è inevitabile, ha già rimandato altre volte ma questa volta non può altrimenti Thomas potrebbe essere assolto." Aggiunse. "Credi possa farcela?" Gli aveva chiesto.
Federico aveva sentito il mondo cadergli sulle spalle, come avrebbe potuto chiedere a Benjamin di avere un confronto in tribunale con Thomas? Per di più davanti ad egli estranei. Era stata dura evitare che la storia diventasse pubblica ma i suoi genitori e gli avvocati erano riusciti ad evitare che il nome di Benjamin saltasse da giornale in giornale.
Quella volta però nessuno avrebbe potuto evitare che Benjamin venisse chiamato a testimoniare. Federico credeva che ce l'avrebbe fatta? No, non lo credeva.
-"No, papà, non lo credo." Rispose. "Ti richiamo più tardi." Aggiunse e staccò la telefonata.
Federico sospirò rumorosamente e si voltò verso Benjamin, ma sobbalzò quando lo vide seduto al centro del letto con lo sguardo basso.
-"Ho sentito tutto." Sussurrò. "E lo farò, Federico. Thomas deve pagare per tutto quello che ha fatto."

Per tutto il giorno Federico aveva riempito di attenzioni il moro, aveva cucinato i suoi piatti preferiti ma Benjamin non aveva voluto saperne di mangiare, aveva passato tutto il giorno seduto sul divano a guardare il nulla, si era alzato soltanto per andare in bagno e per andare a bere. Non voleva che nessuno gli si avvicinasse, teneva a debita distanza anche il biondo, riusciva a pensare soltanto a quello che lo aspettava domani.
"Puoi farcela, Benjamin, Thomas pagherà."

Il giorno tanto temuto dai due ragazzi era arrivato, Benjamin non era riuscito a chiudere occhi per tutta la notte e Federico lo aveva osservato preoccupato per tutto il tempo. Quella mattina il moro si era alzato alle cinque del mattino e si era rinchiuso nella doccia per almeno un paio d'ore, senza permettere all'altro di entrare nel bagno.
-"Sei pronto?" Gli chiese il più piccolo quando arrivò davanti al tribunale.
-"Per niente, Federico. Per niente."

Federico si stava mangiando le unghie fino a farle sanguinare mentre ascolta Benjamin, seduto accanto al giudice, pronunciare il giuramento prima di testimoniare. Lo aveva sentito tremare per tutto il tempo mentre Thomas entrava in aula. L'uomo lo aveva guardato più volte, stretto nella sua tuta arancione, e sembrava volerlo sfidare, sapeva di avere un certo potere sul ragazzo e non aveva paura di usarlo.
Quando l'avvocato di Thomas si alzò e si avvicinò al moro, Federico sentì il suo cuore fermarsi. Quell'uomo sembrava tanto spietato quanto Thomas.
-"Allora, Benjamin, lei lavorava per il signor Allen. Esatto?"
-"S- sì." Borbottò sottovoce il moro, che sembrava un bambino seduto su quella seggiola in legno troppo grande per lui.
-"Parli più forte, per favore." Gli disse il giudice.
-"Che lavori svolgeva in quella discoteca!" Chiese ancora l'avvocato.
-"All'inizio f- facevo il barista e p- poi ho i- iniziato a fare il ballerino..." Rispose Benjamin, con il cuore che gli batteva all'impazzata e la voglia di scoppiare in piangere.
-"Un ballerino un po' particolare, non trova?" Replicò l'uomo vestito di nero. "Sbaglio o si spogliava anche durante i suoi numeri? E, mi corregga se sbaglio, andava a letto con chiunque si offrisse di pagarla." Continuò. "È vero?"
Il più grande si morse il labbro inferiore e abbassò la testa.
-"È vero." Mai come in quel momento capiva quanto avesse sbagliato nell'intraprendere quella vita. Nel fidarsi di Thomas.
-"E andava a letto anche con Thomas per evitare di essere licenziato e per degli aumenti, giusto?" Il tono dell'avvocato era provocatorio, voleva mettere in difficoltà il moro e vederlo crollare.
-"Sì, è c- capitato..."
-"Quelle volte, però, non l'ha mai denunciato per violenza. Perché questa volta sì?"
-"T- Thomas ha detto al m- mio fidanzato che lo avevo tradito con lui, s- soltanto per farci separare..." Balbettò il più grande. "I- io non volevo a- andare a letto con lui..."
-"Una puttana che si rifiuta di andare a letto con qualcuno?" Lo derise l'avvocato e incrociò le braccia al petto. "Esilarante."
-"Non può chiamarlo in quel modo!" Esclamò l'avvocato del moro e batté le mani sul tavolo.
-"Non è colpa mia se il suo cliente è una puttana."
-"Moderi i termini signor Hallow, non può rivolgersi in questo modo al ragazzo."
Benjamin prese un respiro profondo, si schiarì la voce e poi parlò.
-"Forse sono una puttana, ha ragione lei, ma Thomas non è nessuno per costringermi ad andare a letto con lui. In quel momento non stavo lavorando e gli ho espressamente detto di non voler andare a letto con lui, lui però voleva costringermi a farlo. Se solo non fosse arrivato il mio fidanzato lui mi avrebbe violentato, perché quella era una violenza." Disse, cercando di mantenere la calma. "Qualsiasi sia il mio lavoro, lui non è nessuno per costringermi ad andare a letto con lui contro la mia volontà."

Do you want to dance with me in the dark? || Fenji.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora