Benjamin gli sorrise e gli porse la mano.
-"Ricominciamo?"
Federico ridacchiò e, un po' titubante, gli prese la mano.
-"Ricominciamo."
Il moro sorrise raggiante e strinse un po' di più la mano del più piccolo, che non sorrideva come stava facendo lui ma almeno gli sembrava più rilassato di quanto lo fosse la sera precedente. Il maggiore fece qualche passo verso di lui e notò Federico aggrottare la fronte. Per il biondo era un vero e proprio mistero.
-"Io sono Benjamin, piacere." Gli disse, mentre continuava a stringergli la mano.
Federico ritirò la mano, non perché gli avesse dato fastidio qualcosa ma semplicemente perché non capiva che cosa l'altro stesse dicendo, e inclinò la testa da un lato.
-"Ma che cosa stai dicendo?" Gli chiese confuso.
Il moro si leccò il labbro inferiore e si spostò i capelli dal viso.
-"Dobbiamo ricominciare, no?" Replicò il moro e si appoggiò con la schiena al bancone bianco. "E quale modo migliore, per ricominciare, se non presentarsi?" Continuò e gli sorrise.
Il più piccolo si diede mentalmente dello stupido per non averci pensato subito. Era una cosa talmente ovvia. Si sforzò di sorridere e annuì.
-"Hai ragione." Disse. "Allora piacere, io sono Federico." Si presentò e gli regalò un sorriso.
-"Federico e basta?"
Il più piccolo ridacchiò e tornò a sedersi sul suo sgabello, che aveva lasciato per fermare Benjamin.
-"Rossi." Rispose. "Federico Rossi." Aggiunse. "E tu, invece, hai un cognome?"
Benjamin si sedette sullo sgabello e prese un'altra manciata di noccioline.
-"Mascolo." Disse. "Ma mi raccomando, che resti un segreto." Aggiunse e gli fece l'occhiolino. "Non vorrei ritrovarmi sommerso da richieste d'amicizia su Facebook." Concluse e ridacchiò.
-"Resterà un segreto."
Il cameriere, a cui Federico aveva fatto il suo ordine per il pranzo, ritornò da lui e gli porse il suo sacchetto bianco.
-"Ecco a te." Disse e il biondo prese il sacchetto.
-"Grazie mille."
Il più grande si schiarì la voce e scese dallo sgabello.
-"Immagino tu sia impegnato quindi ti lascio in pace." Disse e mise le mani nelle tasche posteriori dei suoi pantaloni. "Ti ho detto quello che dovevo, quindi mi sembra inutile trattenerti ancora."
Federico, per qualche assurdo motivo, si sentiva in colpa nei confronti del più grande e sospirò rumorosamente prima di parlare.
-"I- io ho ancora un po' di tempo..." Balbettò. "Avevo pianificato potessero esserci degli imprevisti, q- quindi sono venuto qui prima."
-"Che bello essere un imprevisto." Scherzò il moro e incrociò le braccia al petto.
Federico alzò gli occhi al cielo. Perché quel ragazzo doveva rendergli le cose tanto difficili?
-"Ti andrebbe di fare una passeggiata?" Gli chiese.
Benjamin rimase per qualche secondo in silenzio a guardarlo, a scrutarlo attentamente, prima di schioccare la lingua sul palato e annuire.
-"Va bene." Disse. "Ti concederò il lusso della mia presenza."I due ragazzi uscirono da quel bar in silenzio, un po' incerti su quello che sarebbe potuto succedere e anche imbarazzati. Tra di loro si era creato un silenzio imbarazzante e nessuno dei due sapeva che cosa dire per smorzare quella tensione. Erano abbastanza diversi, o meglio del tutto, e non avevano argomenti in comune di cui parlare.
Federico continuava a chiedersi perché gli avesse chiesto di fare una passeggiata con lui, poteva accettare le sue scuse e lasciarlo andare via. Lasciarselo alle spalle.
Sua madre glielo ripeteva sempre, non doveva dare retta ai suoi sensi di colpa perché spesso erano infondati, come in quella situazione.
Ad una certa distanza l'uno dall'altro camminava lungo una strada, circondata da alberi, soleggiata e abbastanza deserta. Federico continuava a stringere il sacchetto bianco tra le mani e a mordersi il labbro, mentre Benjamin si guardava intorno nella speranza di trovare qualcosa di cui parlare.
Fu il più piccolo, stanco di quella situazione, ad interrompere il silenzio tra di loro.
-"Quanti anni hai?" Gli chiese, forse era una domanda un po' stupida ma era tutto ciò a cui era riuscito a pensare.
Il moro sobbalzò nel sentire la voce dell'altro, era così tanto occupato a cercare un argomento di cui parlare che quasi si era dimenticato di Federico.
Si voltò verso di lui e inarcò un sopracciglio. Non si aspettava una domanda del genere ma apprezzava lo sforzo.
-"Ne ho ventuno." Disse. "E tu?" Gli chiese.
-"Ci sediamo?" Rispose il più piccolo e gli indicò una panchina all'ombra di un albero.
Il moro annuì e lo seguì verso la panchina grigia, per poi sedersi accanto a lui.
-"Adesso posso sapere quanti anni hai?"
-"Ne ho venti."
Benjamin stiracchiò le gambe e gettò la testa all'indietro.
-"Quindi sei al secondo anno di medicina?" Gli chiese.
-"Esatto." Rispose il biondo.
-"Mi ha detto il tuo amico che stai preparando un esame." Disse Benjamin. "Di che si tratta?"
-"Francisco parla decisamente troppo." Sospirò Federico. "Fisiologia umana."
-"Non ho idea di che cosa sia ma sembra abbastanza impegnativo."
-"Sì, abbastanza."
Benjamin si voltò verso di lui.
-"Perché hai scelto di frequentare la facoltà di medicina?" Gli chiese e non semplicemente per fare conversazione, gli interessava davvero saperlo.
Il biondo era sorpreso da quella domanda ma anche felice. Gli piaceva quando le persone si interessava a lui, temeva però di annoiarlo e per questo motivo abbassò lo sguardo imbarazzato.
-"Non voglio annoiarti con le mie stupide storie."
-"Se te l'ho chiesto un motivo ci sarà." Replicò il più grande. "Magari voglio annoiarmi." Aggiunse e scrollò le spalle. "Dai parla."
Federico ridacchiò e annuì.
-"Fin da piccolo ho sempre ammirato gli infermieri e i dottori. Mi piaceva il loro modo di fare e come si dedicavano ai pazienti." Iniziò a parlare Federico. "Prima dei miei otto anni però non avevo mai pensato di poter diventare io stesso un dottore, pensavo che avrei fatto volontariato ma nulla di più. Ad otto anni però ho passato qualche settimana in ospedale, per colpa di un incidente, e ho potuto vedere chiaramente il lavoro che svolgono quotidianamente i dottori.
Ho visto con quanto amore e dedizione si mettano a disposizione di persone a loro sconosciute, come lottano con le unghie e con i denti per salvare il maggior numero possibile di persone e come rendono il dolore dei pazienti anche un po' loro. Penso che tra tutti sia il lavoro più nobile e importante che esista, poter fare qualcosa di concreto per gli altri." Disse Federico, con un sorriso stampato sul volto e gli occhi che gli brillavano. "Pochi giorni prima che mi dimettessero, ero in una sala a giocare con altri bambini e uno di questo aveva ingerito un tappo, stava soffocando e non c'era nessuno. Gli altri bambini hanno iniziato ad urlare e ad agitarsi mentre quel bambino soffocavo, allora mi sono ricordato di una scena vista in un film e ho cercato di aiutarlo. Non so come sia possibile ma riuscì a fargli sputare il tappo e, in qualche modo, salvarlo.
In quel momento mi sono reso conto che volevo fare quello nella vita. Volevo essere utile per qualcuno.
Io ho avuto tutto nella vita, non mi è mai mancato nulla, e il minimo che io possa fare è donare un sorriso alle persone e cercare di salvargli la vita." Continuò. "Voglio essere utile e sento che questa è la mia strada."
Il moro lo aveva ascoltato per tutto il tempo in silenzio e con un sorriso stampato sul volto.
-"Wow." Commentò alla fine. "Spero tu possa realizzare questo tuo sogno."
Il più piccolo gli sorrise e inclinò la testa da un lato.
-"E tu perché hai scelto di fare lo spogliarellista?" Gli chiese. Per quanto ci pensasse non riusciva a capire che cosa spingesse un ragazzo, bello e gli sembrava anche intelligente, come Benjamin a fare lo spogliarellista e a vendersi in quel modo. Per lui non aveva alcun senso.
-"Mi piace stare nudo?" Scherzò Benjamin e ridacchiò.
Il biondo alzò gli occhi al cielo e gli colpì il braccio con uno schiaffo.
-"Dai, stupido, dico sul serio."
Benjamin scrollò le spalle e tornò ad essere serio.
-"Non sono abbastanza ubriaco per parlarne." Disse e il suo cellulare squillò, lo prese dalla tasca dei suoi pantaloni e sospirò. "Adesso devo andare." Aggiunse e si alzò.
-"Oh!" Esclamò il biondo. Gli era piaciuto parlare con Benjamin, anche se aveva quasi sempre parlato lui, e gli dispiaceva che dovesse andare via. "V- va bene..." Balbettò.
-"Mi ha fatto piacere parlare con te." Disse, sincero, il più grande. "Magari passa in discoteca qualche sera. Mi piacerebbe rivederti, biondino."
E sì, anche a Federico sarebbe piaciuto rivederlo ma non glielo avrebbe detto.
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Do you want to dance with me in the dark? || Fenji.
Fiksi Penggemar«Tra i tanti colori di Miami non c'era posto per il nero che Benjamin si portava dietro, per quel nero che sapeva ammaliare e sedurre. Nessuno riusciva ad apprezzarlo come meritava. Nessuno tranne un vulcano di colori. Riusciranno a creare il loro p...