82. Ieri - Sera di primavera

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Era passato un anno dal matrimonio. Draco e Hermione vivevano nella vecchia casa della famiglia Granger. Era piccola e spoglia, rispetto all'enorme maniero sfarzoso a cui era abituato Draco; Hermione all'inizio era stata molto preoccupata che lui non riuscisse ad adattarsi, invece lo vedeva felice.

Due grandi finestre ad arco illuminavano l'ambiente, donando luminosità alla grande cucina, la stanza in cui stavano più volentieri. Hermione mise entrambe le mani sulla pancia. Si era seduta a terra, su un paio di cuscini e leggeva un libro, un po' distrattamente. Sospirò e lo chiuse, rassegnata: non era serata!

Sfilò piano la canotta leggera che aveva indosso e appellò un grosso barattolo. La sua pelle era tesa, liscia e setosa come non era mai stata. Mosse le dita con delicatezza, stendendo la crema con un movimento lento, piccoli cerchi che sembravano ricamare la pelle. Si guardava allo specchio, si sentiva goffa e bella allo stesso tempo. Ridacchiò. Draco diceva che era bellissima, anche se camminava con l'andatura di una papera. I suoi sbalzi d'umore non lo spazientivano, piuttosto ne sembrava esilarato, riducendo ancor più la sua pazienza al lumicino.

Scostò i capelli dal viso e li alzò in una crocchia disordinata. Faceva un caldo atroce. Mancava davvero poco alla nascita e non riusciva più a dormire bene. Draco le diceva che non dormiva perché doveva allenarsi alle poppate notturne, sogghignando e facendole venire voglia di urlare. Era adorabile.

- Dai bambolina, vieni a letto! 

Due forti braccia la circondarono, intrecciando le lunghe dita alle sue, sulla pancia. La creatura scalciò, forte; Hermione rise, buttando il capo indietro, per appoggiarlo alla spalla di Draco. Adorava i suoi abbracci.

- Protesta già alle tue prepotenze, vedi? Non voglio andare a dormire, Draco, lasciaci stare un po' in pace. 

Lo sentì strusciare il naso nell'incavo del suo collo, aspirandone l'odore.

- Non riesco a dormire senza di te, fammi compagnia, dai! 

- Però resto seduta, va bene? 

Si fece condurre, come in una danza ubriaca.

- Su, accoccolati qui. 

Draco aveva alzato il braccio, invitandola a stringersi contro il suo fianco.

- Ti riempirà di calci! 

Gli bisbigliò, baciandogli dolcemente la spalla.

- Mmh, sì, Mia, mi riempirà di calci e non mi farà dormire. L'adoro! 

La strinse forte, con entrambe le braccia, ridendo. Non era mai stato più felice in vita sua. Aveva sentito nascere quel sorriso speciale, sul suo volto, per la prima volta, la sera in cui Mia si era seduta accanto a lui, nel letto, per dirgli che aveva intenzione di andare dal medimago.

- Ho tanta nausea, Draco. Lo so che è presto, non ho neppure un ritardo, ma sono sicura. Non prendermi per matta ma io credo di doverlo fare, ecco. 

- Prendi un appuntamento, Mia, andremo insieme. Se è vero, voglio esserci dal primo momento.  

Mia aveva riso, rotolando sul letto come una bambina.

- Oh, ti assicuro che se è così, nel primo momento ci sei stato eccome! 

Poi l'aveva rincorsa per tutta la casa, per farle il solletico, ridendo anche lui come se avesse avuto sei anni e avesse appena visto i regali sotto l'albero di Natale. Quando il medimago aveva confermato, con un sorriso stupito, che sua moglie aveva avuto ragione, si erano abbracciati, con la stessa passione che se fossero stati soli. Poi Draco aveva appellato un fiore, una piccola, tenerissima margherita: erano i fiori preferiti di Mia, luminosi e semplici come il suo sorriso.

Quel senso di pienezza era rimasto, credeva l'avrebbe ormai avuto per sempre, al pensiero della sua famiglia. Mia, la sua Hermione, che portava in grembo il loro futuro! E stavolta li avrebbe protetti, a costo della vita.

Il ritorno della FeniceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora