1. Oggi - Domenica mattina

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- Ahi! Mi stai facendo male!

- Porta pazienza, i capelli vanno spazzolati, non puoi andare in giro con un nido di rondini sulla testa!

La madre spruzzò con decisione l'olio per capelli sulla testa della figlia e continuò a spazzolare con movimenti regolari, incurante delle proteste che, nel frattempo, continuavano in un sommesso borbottio. Era domenica mattina, una splendida giornata di primavera, e tutte le attività quotidiane proseguivano a rilento, come se l'orologio si fosse addormentato.

In casa c'erano solo madre e figlia, a godersi la reciproca compagnia pure nei rimbrotti, dopo una settimana di corse frenetiche tra scuola, lavoro e palestra. Il sole filtrava nella cucina dalle grandi finestre ad arco, attraverso le sottili tende verde germoglio. La madre pensò che stava respirando serenità, nonostante il sottofondo di lamentele della bimba davanti a lei. Gli occhi neri, caldi e dolci, si posarono inteneriti sui ricci ribelli e annodati.

- Quando pensi che torneranno? - domandò la piccola.

- Questione di pochi minuti, amore.

Proprio in quel momento suonò il citofono: erano il marito e la figlia minore di ritorno dalla spesa. La madre pensò, tra sé e sé, che era proprio una bella giornata.

***

- Hai lavato i denti?

- Fatto tutto, dai, andiamo?

- Prendi lo zaino!

- Ciao amore! Bacio?

- Bacio, a stasera.

I due zaini pieni di libri sulle spalle sottili, le mani strette nelle manine tiepide delle bimbe, la madre si avviò all'auto parcheggiata. Infilato sotto al tergicristalli, un foglio ingiallito.

- Mamma, abbiamo avuto una multa?

- Ma no, cucciolotta, mamma non ha parcheggiato in divieto di sosta. Sarà una pubblicità...

La fronte appena corrugata, sfilò il foglio e lo aprì. Le spalle si irrigidirono quasi impercettibilmente, mentre lo sguardo dardeggiava intorno per verificare il perimetro.

- Cos'è, mamma?

- Nulla di importante.

La musica rock invase immediatamente l'abitacolo. Il cuore pulsava nelle orecchie, selvaggio, seguendo il basso e le percussioni.

***

Era notte, aveva letto la favola e aveva aspettato di sentire il respiro delle figlie farsi più pesante. I rumori della strada giungevano ovattati. Sotto l'uscio della camera da letto, filtravano una lama di luce e i suoni soffocati della televisione. Si mise al centro della stanza, a piedi nudi, le dita del piede destro si allargarono leggermente, alla ricerca dell'equilibrio, mentre il piede sinistro saliva lungo la coscia destra. Le mani giunte salirono verso l'alto e cercò di rallentare il respiro e aprire la mente. L'inquietudine le scorreva nelle vene come un veleno.

***

- Non hai ancora intenzione di raccontarmi niente, vero?

- Piantala.

- E che sto facendo?

- Piantala di leggere la mia mente, lo sai che lo odio.

Guardò il profilo affilato del marito, steso accanto a lei, studiò il mezzo sorriso che gli increspava la guancia ruvida e sbuffò.

- Se non la pianti ti prendo a cuscinate e sai che non scherzo.

Il tono truce era smentito dal luccichio dello sguardo, ma l'inquietudine danzava nel fondo dei suoi occhi e l'uomo accanto a lei la conosceva troppo bene per non scorgerla.

- Non mi serve leggerti la mente. Che cosa è successo, cos'è il foglietto che ho visto?

La donna lasciò cadere la maschera di indifferenza che aveva indossato sin dal mattino. Sospirò e incurvò le spalle, poi si lasciò cadere con la testa sul cuscino.

- Credo che la pace sia finita - soffiò.

Poi si alzò di scatto e andò nell'altra stanza, porgendogli subito dopo il foglietto ingiallito, spiegazzato dalla forte stretta della sua mano. C'era scritta una sola parola, poi sotto, stilizzata ma inconfondibile, la silhouette di una fenice.

Il ritorno della FeniceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora