99. Oggi - L'Occhio del ciclone

647 40 2
                                    

Draco correva. La foresta proibita scorreva come una macchia verde nei suoi occhi, le foglie e i rami scricchiolavano al suo passaggio. Correva senza forzare il fiato e senza rallentare, correva come una macchina. Gli occhi non vedevano davvero gli alberi intorno; il fiato sempre più corto, il sudore che scendeva dalla fronte fin negli occhi, facendoli bruciare, Draco continuava a correre e a pensare alle donne della sua vita, con l'ansia che stringeva il petto in una morsa.

Alle sue spalle, sentiva il respiro pesante di Harry. Erano scesi insieme, quel mattino, come facevano sempre quando avevano in programma una missione sul campo. Lo sguardo di Harry era tremendamente simile a quello che aveva visto nello specchio: dolore, preoccupazione e nello stesso momento brama. La brama del cacciatore che sa di stare per stanare la sua preda, la foga del vecchio Achab che sta per affrontare Moby Dick. Sarebbero rimasti tutti quanti segnati, in qualche modo.

Harry lo seguiva, senza sentire la fatica. Era pronto all'azione, anche se la notte trascorsa era stata un tormento di incubi e pensieri neri. Le orme di suo fratello erano le sue orme, mentre il vento gli sferzava la faccia, tagliente nonostante la stagione mite.

***

Hermione chinò il capo verso le ginocchia, allungandosi più che poteva. Chiusa in un'aula in disuso, aveva incantato il suo lettore perché suonasse senza cuffie, inondando di musica la stanza. Rolf Scamander aveva fatto sentire loro le melodie pensate per la meditazione, ma era il rock la sua musica, quella che dava una sferzata al suo sangue, il ritmo che seguiva il battito del suo cuore. Harry, amante di ritmi più tranquilli, sarebbe scappato a gambe levate da quella stanza, ma Fenice no. Lei bruciava e rinasceva dalle sue ceneri con quei suoni violenti e rabbiosi, vivaci come le lingue di fuoco che lambivano le piume del suo tatuaggio. Susy le faceva compagnia, senza muovere un muscolo, lasciando i pensieri fluire fuori e dentro la sua mente, mentre il corpo, immobile nella posizione del loto, poteva sembrare una statua, nella penombra.

***

Il resto della squadra dormiva. Erano stati svegli fino a notte fonda, progettando l'attacco, vagliando ipotesi e preoccupandosi di scovare le possibili variabili rischiose. Terry e Michael, le menti razionali della squadra, avevano dibattuto fino allo sfinimento con Blaise e Neville, più strategici e fantasiosi.

***

Hanna e Ginny erano scese, a braccetto, per andare a trovare Luna. Pur non essendo state particolarmente legate a scuola, si erano avvicinate moltissimo, in seguito, quando Hanna aveva preso in gestione il Paiolo Magico. Si comprendevano facilmente, perché vivevano esperienze molto simili. Erano irrequiete: durante le altre missioni, nelle loro case, ognuna di loro aveva una routine scaramantica e tanti impegni per evitare di angosciarsi troppo. Il castello, con le sue mura enormi e i suoi spazi maestosi, sembrava restringersi attorno a loro ogni minuto che passava, come una rete; erano costrette all'inattività per molte ore, rendendo più opprimente il senso di impotenza che sentivano.

La stanza di Luna era l'unica a pian terreno e si apriva direttamente sul giardino. Rolf Scamander accolse le due amiche, indicando con un sorriso e un cenno del capo la porta-finestra. Luna era seduta su una panchina, circondata da rampicanti sapientemente modellati da qualche elfo giardiniere, per formare un grazioso arco sulla sua testa. Accanto a lei, in penombra, scorsero il profilo teso di Daphne Greengrass. Dopo un attimo di esitazione, si avvicinarono alle altre due donne, sorridendo. Avrebbero condiviso l'attesa, facendo scorrere meno faticosamente le ore.

***

Teddy Remus Lupin era sulla cima della torre di Astronomia. Solo, con lo sguardo all'orizzonte, si chiedeva quando avrebbe trovato il coraggio di dire a sua nonna che aveva intenzione di seguire le orme del suo padrino e di suo cugino Draco. Non era tuttavia per emulare loro che desiderava entrare in accademia: sapeva che sua madre Dora non era stata il miglior Auror del Comando, ma il suo coraggio ardito e la sua moralità la innalzavano nel suo cuore al migliore dei modelli. Suo padre invece era stato membro dell'Ordine della Fenice sin dall'inizio e si era coraggiosamente infiltrato nei ranghi dei lupi mannari, per carpire informazioni e stipulare alleanze, anche se questo gli costava la serenità.

I suoi genitori non erano degli sconosciuti per lui, anche se non aveva potuto vivere il loro affetto: erano così tante le persone che li ricordavano, che gli parlavano con tenerezza e ammirazione delle loro scelte, che a volte gli sembrava perfino di riuscire a ricordare le ombre dei loro volti, sepolte nella sua memoria di bambino. Fare l'Auror era l'unica cosa che riusciva a immaginare nel suo futuro, ma temeva di ferire l'unica persona che poteva chiamare famiglia, facendole rivivere il passato.

***

Andromeda Tonks, donna coraggiosa e sola, intanto camminava in giardino, consapevole di tutto.

Il ritorno della FeniceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora