88. Ieri - Sara Narcissa Malfoy

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Quando il medimago aveva dato la conferma che aspettavano una bambina, avevano deciso di darle un primo nome babbano, dal momento che tra i babbani sarebbe cresciuta. Hermione però aveva insistito che il secondo nome fosse quello della nonna, Narcissa.

- Perché dovremmo? 

- Mi piace! 

- Non sono neppure venuti al nostro matrimonio, Mia! 

- E non verranno neppure al primo compleanno, magari. Che me ne importa? È un bel nome ed è comunque un legame. Le famiglie sono importanti anche nei disastri, Draco. 

Draco aveva sbuffato, cercando di far mostra di non dar peso alla cosa. La ferita della rottura con i genitori era sempre aperta, anche dopo anni; eppure l'idea di Mia lo intrigava e commuoveva.

- Allora il nome babbano lo scelgo io! 

- Tu? E che ne sai dei nomi babbani? 

Draco l'aveva guardata con un sorrisetto divertito.

- Ho seguito l'esempio di mia moglie e ho preso un libro in biblioteca. Non è in biblioteca la risposta a tutti i problemi? 

Hermione aveva borbottato, fingendosi offesa.

- Che libro? 

Draco aveva preso la bacchetta e appellato il libro che aveva lasciato al piano superiore.

- Guarda. – e le aveva porto un volume pesante quanto la bimba che sarebbe nata.

Era un dizionario babbano dei nomi di battesimo, completo di etimologia, significato del nome e storia. Le si era seduto accanto sul divano e lei aveva allungato subito le gambe sulle sue. Draco, con una mano sul suo ginocchio, le aveva mostrato i nomi che gli piacevano di più. Ne aveva fatto uno studio serio, con tanto di note e appunti. Hermione, intenerita, aveva sbirciato il suo profilo affilato, sentendosi completamente, perdutamente innamorata del suo uomo.

- Questo mi piace! – aveva esclamato Hermione d'un tratto, indicando un paragrafo con la sua mano sottile. Sara.

- Vuol dire principessa – aveva sorriso Draco, accarezzando la pancia – È adatto a nostra figlia. Mi piace. 

- Sempre molto modesto, eh? – aveva riso lei, stringendolo in un abbraccio emozionato.

Ora Draco era seduto sulla scomoda seggiola di acciaio e legno, accanto al letto d'ospedale di Hermione. Le braccia incrociate, appoggiate alla culla, gli sorreggevano il viso. Guardava la bimba addormentata. Era minuscola. Il viso era una piccola morbida sfera, rosea come un fiore di pesco, aveva una folta criniera di capelli arruffati e una sua manina si era stretta, con forza insospettabile, attorno al suo dito indice. Dormiva da qualche minuto, la boccuccia socchiusa, gli occhietti arricciati in una smorfia e il piccolo torace che si alzava dolcemente nel sonno.

Cercava di districarsi tra le sue emozioni, scoprendo i lineamenti, le piccole contrazioni del viso nel sonno, la grana delicatissima della pelle della sua bambina. Era nata da poche ore e non l'aveva ancora presa in braccio: dopo la nascita, l'avevano appoggiata al petto di Mia, che la guardava con gli occhi scintillanti di lacrime. Avevano aspettato che d'istinto cercasse il seno della madre, calmandosi e riconoscendone l'odore, poi l'avevano portata via, per visitarla. Quanto era bella!

Non credeva che vederla nascere sarebbe stato così emozionante, mentre Mia gli stringeva la mano aveva creduto che il cuore gli dovesse scoppiare da un momento all'altro e mai sua moglie gli era sembrata tanto forte come in quel momento, per poi diventare improvvisamente fragile come un petalo dopo aver sentito il pianto a pieni polmoni della sua bambina: ce l'aveva fatta, poteva cedere alle lacrime, alla stanchezza e alla voglia di lasciarsi andare.

L'aveva circondata con le braccia, accostando la guancia alla sua, respirando il profumo dei suoi capelli e sentendo la pelle umida di lacrime sfiorare la barba leggermente incolta ed erano rimasti così finché lei non aveva ceduto al sonno.

Il ritorno della FeniceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora