100. Oggi - Uno

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Un'ombra scura si muoveva nell'aria fredda della prima mattina, avanzando lentamente in un viottolo di campagna, nei pressi del villaggio di Ottery Saint Catchpole. Si era materializzata poco distante, in un piccolo e silenzioso querceto.

La figura incappucciata si avvicinò lentamente a una costruzione che aveva l'aria di essere stata, un tempo, un grosso porcile di pietra, ma qua e là erano state aggiunte delle stanze per un'altezza di diversi piani e, così contorta, la costruzione sembrava reggersi in piedi per magia. Sul tetto rosso spuntavano quattro o cinque comignoli e nel giardino antistante, su un'insegna leggermente sbilenca, poté leggere la scritta "La Tana".

L'incanto fidelius che proteggeva la casa era stato spezzato, ma l'uomo era l'unico ad averne la certezza. Guardò la scritta con un ghigno derisorio: era stato ridicolmente facile.

Si era tenuto nascosto, proteggendosi dalla vista degli abitanti della casa restando all'ombra degli alberi: non faceva il torto ai Weasley di sottovalutare le loro capacità nel duello. Ormai nella casa abitavano solo i due coniugi anziani e George, che si era trasferito lì dopo aver abitato per lunghi anni a Hogsmeade, con sua moglie Angelina e i suoi bambini.

Sembrava un posto sereno, curato con amore, nonostante il disordine: molte galline marroni e panciute scorrazzavano libere nell'aia; in un angolo erano ammassati alla rinfusa degli stivaloni di gomma adatti al giardinaggio e un paio di vecchi manici di scopa.

Come nel passato, a sentire i racconti di Ron, anche adesso il giardino era pieno di erbacce e completamente infestato dagli gnomi, piccoli e coriacei, con una grossa testa calva e bitorzoluta. Con una fosca occhiata valutativa, l'uomo cercò di studiare il perimetro della casa.

Per un momento, sentì una fitta di rimorso; era venuto a spezzare per sempre la serenità di quella casa. Era ormai troppo vicino per restare nascosto, quindi fece sulla sua figura un rapido incantesimo di disillusione e continuò ad avanzare: ormai mancavano pochi metri all'ingresso. Il rimorso era svanito, rapidamente come era giunto nel suo animo. Giunto ancora più presso, si accorse che la porta era solo accostata. Fece con cautela gli ultimi passi che lo separavano dalla soglia: lo accolse il silenzio.

Allungò la mano, grande e forte, sul legno della porta e spinse: i cardini cigolarono con un gemito. Nulla, nessun rumore che dimostrasse che la casa era abitata. Entrò, scostando con un movimento rapido il cappuccio dal viso, e si guardò intorno. Per un attimo restò fermo, lasciando che la vista si adeguasse alla penombra. La casa era in ordine, linda ed era vissuta, con tutta evidenza, ma vuota.

In cucina, sopra un lungo tavolo di legno erano abbandonati, ancora aperti, libri di scuola e una scatola di matite colorate era rovesciata su un disegno non terminato: una casa con un buffo camino e un gatto arancione davanti alla porta. Su una sedia, in un angolo, giaceva una bambola, seduta in modo scomposto, con una treccia disfatta; sulla mensola del camino erano accatastati libri di cucina e pergamene arrotolate alla bell'e meglio. Più in alto, sopra al camino, un vaso vuoto che aveva contenuto una piccola scorta di Polvere Volante.

Oltre la cucina, una scala zigzagante conduceva ai piani superiori. Decise di salire, per cercare di carpire qualche indizio su dove fosse finita la famiglia Weasley. Mise entrambi i piedi, uno dopo l'altro, sul primo gradino, appoggiandosi con delicatezza al corrimano. Fu in quel preciso momento che sentì un rumore stridulo, probabilmente un incanto gnaulante, poi sentì un'improvvisa corrente fredda e si accorse di non essere più in grado di muovere un solo muscolo. Infine avvertì le funi magiche, tipiche di un incarceramus avvolgersi strette attorno alle sue gambe e le sue braccia, costringendogli il torace e mozzandogli il respiro. Era caduto in trappola, prigioniero della casa vuota di un genio dell'invenzione.

Il ritorno della FeniceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora