Era ormai quasi mattina, quando Harry, Hermione e Draco tornarono a casa Tonks. La festa era stata lunga. A tratti divertente, nonostante l'imbarazzo provato nel mentire a Kingsley, pensò Harry. Era loro amico, ma ora era il Ministro della Magia e riteneva giusto tenerli all'oscuro; non importava, era solo il gioco delle parti. Ma non avrebbe tradito Scamander lasciandosi sfuggire una parola fuori posto... Erano un clan. Non era solo il suo caposquadra; Scamander faceva parte della famiglia che aveva scelto. Appena usciti dal camino, aveva guardato sottecchi Hermione e Draco. In realtà li aveva studiati per tutta la serata: avevano lo sguardo brillante e non facevano mistero del desiderio reciproco di essere vicini. Tanti piccoli gesti: il braccio di Draco che cercava sempre la sua vita, Hermione che gli scostava con un sorriso i capelli dagli occhi, Draco che le passava il bicchiere col vino, gli occhi che sembravano rincorrersi.
- Un caffè, ragazzi? - aveva chiesto Hermione.
- No, Herm, io vado a farmi una doccia. Prendetelo voi il caffè! - rispose Harry, sporgendosi per baciarle la guancia; diede una pacca sulla spalla di Draco e salì al piano di sopra.
Erano belli insieme. Merlino, quanto gli mancava Ginny!
***
- Mi insegni a fare il caffè? -
Queste erano state le parole di Draco quando erano rimasti da soli. Gli sembrò stupita e divertita. Fianco a fianco, riempirono la macchinetta del caffè e la misero sul fuoco. Lui prese a carezzarle pigramente il braccio, senza guardarla. Il caffè cominciò a gorgogliare. Hermione si girò di spalle, annusando il profumo che si spandeva nella stanza.
La fenice. Era eccitante il tatuaggio che occhieggiava attraverso la scollatura sulla schiena. Aveva desiderato così tanto toccarlo, baciarla proprio lì. Ci aveva pensato tutta la dannata serata.
Draco fece un passo in avanti, avvicinandosi alle sue spalle. Una mano scivolò lungo il suo braccio, l'altra si posò sulla nuca, massaggiandola piano. Sentì il corpo di Hermione tendersi, ma lei non disse una parola.
E se non avesse voluto queste attenzioni? Se la sua vicinanza l'avesse bloccata perché le dava fastidio?
Si allontanò, confuso.
- Tieni - gli disse, porgendogli una tazzina piena.
La prese, sentendo il suo cuore impazzire quando le mani di Hermione indugiarono sulle sue, come se non avesse voluto interrompere quel contatto. Non ci stava capendo più niente, maledizione!
- Grazie - la voce gli uscì strozzata.
Erano lì, con le tazzine in mano. Nessuno dei due beveva, nessuno dei due parlava.
- Oh, accidenti a te, Malfoy! - esclamò improvvisamente la ragazza. - Basta così! - e sbatté la tazzina sul piano della cucina, voltandosi per andarsene.
- Che hai da arrabbiarti? A te accidenti, non a me! - ribatté, sentendosi un bambino. Possibile che non riuscisse neppure a risponderle decentemente?
- Sei impossibile, ecco che ho da arrabbiarmi! - borbottò Hermione, voltandosi nuovamente e stringendo forte le dita sul bordo del tavolo.
Al diavolo! Pensò Malfoy. Se proprio dovevano litigare, almeno si sarebbe tolto il desiderio di farlo. No, non il desiderio, l'ossessione. Si avvicinò di nuovo alle sue spalle e con la punta delle dita sfiorò il capo della fenice, sentendola tremare, poi scese lentamente tra le scapole, fino a sfiorare il petto coperto di piume della fenice. Le piume sembrarono scostarsi dolcemente al suo tocco. Adesso avrebbe scorto la F comparire e scomparire dopo un attimo. Si fermò. Il cuore era un rimbombo. D e F. D e F. Oh, Merlino!
- Hermione! - invocò il suo nome con un gemito. Poi fece quello che aveva sognato da quando l'aveva vista, in piedi davanti allo specchio. Chinò il capo e baciò il tatuaggio, tremando.
STAI LEGGENDO
Il ritorno della Fenice
Hayran KurguIl passato ritorna a sconvolgere un presente che appare idilliaco. La Fenice rinasce dalle sue ceneri, marchiando le vite di tutti. I personaggi della storia sono frutto esclusivo della fantasia della scrittrice J.K. Rowling, cui spettano i relativi...