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Correndo attraverso la porta della mia stanza d'hotel, i miei polmoni non accettavano più aria. L'intera giornata sembrava un sogno lontano, un caotico incubo. Il petto mi faceva così male, la mia testa offuscata dalla privazione di ossigeno. Inciampai correndo, schiantandomi sul comodino e aprendolo in un confuso insieme di nervi.

Afferrai l'inalatore blu, lo stappai e lo infilai in bocca. Lasciai l'aria chimica espandere la mia gola, scorrendo attraverso le mie vie respiratorie. Chiusi gli occhi sentendomi come se stessi respirando di nuovo dopo anni, per un momento smisi di tremare.

Mi sedetti nel letto e presi un altro po' d'aria. Ci fu un sollievo immediato, come se tutto attorno a me fosse diventato silenzioso. Strinsi le lenzuola nei miei pugni, godendomi la semplicità di quel momento.

Misi a posto l'inalatore. Il tremolio tornò, la terribile sensazione di panico nel profondo del mio petto. Ora riuscivo a respirare, ma se non mi fossi calmata avrei avuto di nuovo bisogno dell'inalatore.

Mi alzai dal letto, correndo nel bagno. Accesi la luce e vidi il mio riflesso preoccupante. I miei capelli erano un casino, la mia pelle era ricoperta di sudore e un impronta di sangue era sul mio mento.

I miei occhi si spalancarono, non realizzando che fosse lì durante tutta la corsa verso l'hotel. Non avevo preso un taxi perché non volevo aspettarne uno, ero corsa all'hotel così da potermene andare il più veloce che potessi. Non potevo correre tanto per via del mio asma, così avevo camminato per alcuni tratti del mio percorso.

Aprì il rubinetto così che pompasse acqua calda, immediatamente mi bagnai le mani e le strofinai sul mio mento. Cercavo di eliminare i residui del crimine. Il sangue era di un estraneo, un estraneo che era probabilmente morto. Strofinai la mia pelle avidamente, eliminando il sangue ma non la macchia che esso lasciò. Il mio cuore esplodeva, il mio stomaco nauseato.

"Per favore." Dissi a me stessa mentre strofinavo, pregando che venisse via dalla mia pelle.

Notai il sangue rosso tingere alcune ciocche dei miei capelli biondi, la mia bocca si spalancò. Erano i capelli che lui aveva spostato dietro il mio orecchio.

Immersi l'intera ciocca nell'acqua, lavandola freneticamente. Le mie mani stavano tremando e armeggiando i miei capelli, sentivo la punta delle mie dita intorpidirsi. Non importava quanto strofinassi era come se fosse tatuato, come se non potesse mai andare via.

Mi misi dritta e afferrai il bordo del lavandino, guardando il mio mento e notando quanto rossa la mia pelle fosse. Ero troppo scioccata per piangere ancora. La mia testa stava combattendo per capire cosa fare, volevo chiamare Sal, ma se lui avesse fatto parte di tutto quello? Non potevo rischiare.

Non potevo rischiare che Harry scoprisse che avessi cercato aiuto finché poteva prendermi facilmente.

Guardai verso la macchina fotografica appesa al mio collo, realizzando che aveva toccato anche quella.

L'afferrai gentilmente, guardandola da vicino per vedere il sangue che la ricopriva. Era visibile solo da vicino e guardando la parte inferiore. Il dispositivo era nero quindi non lo si poteva notare da lontano.

Afferrai la tracolla e la tolsi dal mio collo, posandola e allontanandomi. L'idea che fosse ricoperta del sangue di un uomo morto mi faceva venire voglia di non utilizzarla mai più.

Ma più ci lasciavo i residui sopra, più ci avrei pensato. Dovevo pulirla o non sarei stata capace di fare qualsiasi altra cosa.

Mi girai verso il lavello, usai il sapone e le mie mani per lavare il dispositivo. Trattenni le lacrime mentre la lavavo, immergendola completamente sotto l'acqua. Quando finì la posai sul ripiano per farla asciugare.

Duplicity •Traduzione•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora