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Aven Brooks
"Bene, testa, noi andiamo; Croce, tu resti."

"Aspetta. Aspetta. Non mi incastrerai di nuovo così."

"Così è come mi sono sposato."

I miei occhi verso la televisione in bianco e nero, ginocchia strette al petto e coperta sul mio corpo. Stavo guardando la sitcom preferita di Harry. Faceva freddo nel suo appartamento con l'aria condizionata sul mio corpo mezzo nudo, ma fuori in Miami era una bellissima giornata.

Erano passate ore da quello che era successo in spiaggia, il giorno scorreva avanti ai miei occhi. Harry mi aveva portato nel suo appartamento per farmi sentire al sicuro. Mi aveva fatta sedere sul divano mentre faceva qualche telefonata nell'altra stanza. Non sapevo con chi stesse parlando e di cosa stesse parlando, ma apprezzavo che stesse provando a risolvere la cosa.

Non mi ero mossa dal divano, ci ero rimasta per ore. Undici episodi di I Love Lucy. Non avevo parlato, non mi ero mossa, non avevo versato una lacrima da quando ero lì. Sarei dovuta essere in panico, a piangere, a tremare, e avrei dovuto chiamare la polizia. Ma—non lo stavo facendo. Invece stavo guardando la televisione, e tutti i miei pensieri erano silenziosi.

Harry aveva notato il mio silenzio, ma non aveva fatto domande. Forse semplicemente capiva che ero scioccata. L'avevo visto camminare e guardarmi, ma io non avevo ricambiato lo sguardo. Sembrava star facendo centinaia di cose diverse, era davvero impegnato.

Avevo collegato il sangue nella mia stanza alla persona che mi seguiva con la maschera— oppure aveva due stalker.

Non sapevo il suo sesso, ma dalla corporatura sembrava un uomo. Non sapevo nulla su quella persona a parte il fatto che indossava una maschera da scheletro. Non sapevo nemmeno se fosse più alto di me o no.

Harry si mise avanti a me, bloccando la televisione con il suo corpo prima di sedersi accanto al mio fianco. Spostai i miei occhi su di lui mentre posava una mano sulla mia coscia.

"Non hai detto una parola." Disse.

Feci spallucce tornando a guardare la televisione, decidendo di non rispondere. Non sapevo cosa dire, ero al limite a quel punto. Non ero assolutamente incazzata con lui, solo non avevo nulla di cui parlare.

"Av..."

"Manca una foto nella mia polaroid." Parlai con un tono basso.

I miei occhi rimasero sulla televisione.

"Cosa significa?" Sembrava un po' perso.

"C'erano otto foto rimaste, ora ce ne sono sette." Chiarii. "Ha scattato una foto mentre dormivo."

Avevo fatto quella scoperta poco prima quando avevo ricontrollato il mio zaino. Tutto era lì, ma una foto era stata scattata e quella persona probabilmente l'aveva con se. Mi innervosiva il fatto che la foto avrebbe potuto ritrarre me. Non mi sentivo al sicuro, non sapevo cosa fare.

Lo sentii sospirare, non continuando a parlare. Tenni la coperta a coprirmi dai piedi al collo.

Accanto al mio ginocchio, vidi qualcosa. Mi girai per guardare, vedendo una polaroid. Mi stropicciai gli occhi stanchi, per guardare la foto che ritraeva me.

Era uno scatto del mio viso, la mia mano sotto la mia guancia. Alcune ciocche di capelli erano sul mio viso, il sole illuminava il mio profilo. Si poteva vedere l'oceano dietro di me. Il mio corpo non compariva affatto nella foto.

"L'ho scattata io." Ammise, tenendo la polaroid tra le dita.

Alzai i miei occhi verso il suo viso.

"Il mio accendino era ancora nei miei jeans, quindi l'ho preso dal tuo zaino. Ho visto la tua polaroid, e ti ho scattato una foto da mostrarti dopo." Spiegò.

Duplicity •Traduzione•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora