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Evidenze— avevo bisogno di evidenze.

Non potevo fisicamente fermare Harry dal far male a qualcuno, non ero abbastanza forte per lui. Non sapevo nemmeno per davvero cosa facesse ed ero sicura di non essere abbastanza competente per fermarlo. Nonostante questo, per quanto lo odiassi, dovevo fingermi obbediente in modo che non sospettasse delle mie vere intenzioni.

Tutto quello che avevo era la mia fotocamera e un po' di coraggio.

Dovevo accumulare abbastanza evidenze contro di lui da mandarlo direttamente in prigione senza nemmeno avere possibilità di parlare. Dovevo rendere le evidenze prove, in modo che nemmeno il migliore avvocato avrebbe potuto salvarlo. Se avesse vinto la causa sarei stata una donna morta.

Ma se lo avessi sbattuto in galera, sarei stata una donna libera.

Nel momento in cui l'avrei fatto non sarei mai più potuta tornare indietro. Volevo pensare che sarebbe stato più facile ascoltarlo e andare avanti con la mia vita, ma nel profondo sapevo che non fosse vero. Non era mai facile con lui, se avessi continuato a stargli dietro sarei caduta talmente in basso da non avere più via d'uscita. Dovevo farlo, o sarei stata spaventata da quest'uomo per il resto della mia vita.

Quindi ero seduta nel mio camerino, dieci minuti prima che il concerto iniziasse.

Eravamo arrivati in tempo giusto per il soundcheck, un lungo viaggio silenzioso per noi due. Quando Harry parlava io sorridevo, diventando la donna sottomessa che voleva. Non sapeva che la mia mente era un carnevale di idee per cosa gli avrei fatto.

Durante il soundcheck avevo gironzolato in giro scattando foto, non vista e non sentita. Avevo fatto quello che dovevo fare, stare lontana da lui e non scattargli foto in modo diretto.

Ora ero lì, ad ascoltare le urla della folla che aspettava che il concerto iniziasse. Ero nel mio camerino, seduta sul divano di pelle con le mani sulle cosce e il corpo pieno di nervoso.

Sul tavolo avanti a me c'era la fotocamera e due memory card. Le fissavo con una sensazione strana nello stomaco, sapendo cosa avrei fatto e quanto rischioso fossi.

"Aven ho bisogno di te sul palco!" Sal bussò alla porta.

La mia testa scattò, le mie mani sudate si strinsero sulle mie ginocchia tremanti.

"Arrivo." Urlai.

Afferrai la fotocamera dal tavolo, mettendo la cinghia intorno al collo. Le mie dita afferrarono una delle due memory card mettendola nella fotocamera, mi incastrai l'altra nel reggiseno. Mi alzai in piedi sistemando il mio aspetto prima di avvicinarmi alla porta.

Potevo farcela.

Aprì la porta, vendendo Harry aprire la sua nello stesso momento. Non poteva andare peggio.

Indossava una maglia mera e una camicia blu di flanella, i suoi occhi si posarono sui miei mentre due delle sue dita strofinavano il suo naso rosso.

Mi bloccai sulla soglia della porta, i miei piedi persero l'abilità di muoversi. Sospirò con il suo solito aspetto da rockstar con un amore per i narcotici.

"Corri adesso." Mormorò, i suoi occhi iniettati di sangue. "Va a scattare le tue foto."

Chiusi la porta e camminai verso il palco, lasciandolo nel corridoio. Mi schiarì la gola ignorando la piccola interazione, le mie scarpe camminavano velocemente sul pavimento nero.

Camminai tra la crew per arrivare nella mia solita postazione, tra il palco e le transenne. Accesi la telecamera preparandomi. Non passò tanto finché le luci si spensero e fu possibile udire una chitarra elettrica.

Duplicity •Traduzione•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora