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Un caldo pomeriggio di primavera. Il sole alto e splendente in un cielo azzurrissimo. Due ragazzi, due giovani maghi, distesi nel prato. Una morbida coperta sotto di loro, a proteggerli dall'erba, ancora umida dopo la leggera pioggerellina che era scesa durante la notte. Nell'aria, profumo di torta. Remus ancora ricordava quando si erano intrufolati nelle cucine e avevano aiutato gli elfi a prepararla. Farina ovunque. Erano arrivati a lanciarsi pure le arance. La cucina era a soqquadro. Remus aveva avuto uno dei suoi soliti momenti di tristezza, uno di quelli in cui si odiava veramente. Era da poco passata la luna piena e aveva ferito lievemente Prongs. Così Sirius aveva ben pensato di tirare su di morale il suo ragazzo. Se n'era addirittura uscito con un «Sono un mostro anch'io, chiedi alla mia famiglia: la mia cara mammina preferirebbe circumnavigare l'Africa a nuoto piuttosto che essere imparentata con me, se solo le fosse concessa questa scelta. Ma nonostante ciò, io mi accettissimo. E accettissimo anche te. E pure tu dovresti sentirti accettatissmo, anche da te stesso.». Lì Remus non aveva potuto fare altro che scoppiare a ridere. Padfoot si era infatti fissato con l'idea di inventare dei nuovi vocaboli per quando sarebbe stato famoso. Questo era ciò che diceva lui.

E ora, dopo fin pochi anni, Remus si trovava di nuovo su quel prato, da solo, a guardare le nuvole. Stavolta da solo. Non sapeva esattamente perché avesse accettato di tornare ad Hogwarts. Era circondato da fin troppi ricordi. Ricordi degli anni di scuola, ricordi dei suoi migliori amici. Amici che ormai non aveva più. James, Peter e Lily erano morti. James, sempre così allegro e che lo aveva accettato subito. Peter, sempre pronto ad aiutarli, frenato forse solo dalla fame. Lily, la dolce ragazza che era passata dall'odiarli ad essere una di loro. Inoltre, lì nella scuola girava il giovane Potter. Era cresciuto, Harry. Era cresciuto senza i Malandrini e non sapeva nemmeno chi fossero. Chi fosse lui. E Sirius. Sirius era ad Azkaban. Erano 12 anni che Sirius era rinchiuso, accusato dell'omicidio dei Malandrini e di essere il Mangiamorte più fidato di Voldemort. Remus non era più sicuro di amarlo. Non dopo quello che aveva fatto.
E così, in un caldo pomeriggio di primavera, Remus si trovava ancora seduto sul prato, incurante dell'erba umida che gli bagnava i vestiti. Incurante del sole, splendente in mezzo ad un cielo azzurrissimo. Incurante delle nuvole. Incurante di tutto ciò che, familiare e non, lo circondava. Perso nei suoi pensieri, osservava tutto e niente. E una solitaria lacrima gli rigava la guancia.


Ringraziamento speciale alla adorata mamma di Ade e quella stronza senza cuore di Ade

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