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Non spreco molto tempo ad aspettare che svolti l'angolo per voltarmi verso la casa e suonare il campanello. Mi sento sollevata; voglio raccontare tutto ad Aiden. Mi riparo sotto il tettuccio, dato che ha ripreso a piovere, ma non riesco a smettere di saltellare sul posto.

La porta si apre, ma l'Aiden che lo fa non è quello sorridente che avrei voluto fosse. Mi guarda serio, mentre tiene una bottiglia di vino in mano. Non dice nulla, si volta soltanto per tornare da dove è venuto. Mi assale dell'ansia.

"Aiden. Dove vai?", gli chiedo confusa, mentre mi chiudo la porta alle spalle. Ma lui mi ignora, entra in cucina con la bottiglia sempre tra le sue dita.

Ha i lineamenti del viso fin troppo tesi per non essere arrabbiato. Ma perché?

"Aiden?" Lo raggiungo in cucina per trovarlo poggiato con i gomiti al bancone, mentre mi scruta con un ché di impacciato. È chiaramente ubriaco.

Si porta la bottiglia alle labbra per poi fare una smorfia. "C'è un motivo per cui mi hai dato buca per andare a pranzare con un altro?"

Lo sapevo. "Ti ho scritto che non potevo...", mi giustifico, ma solo quando scandisco le parole do l'idea di non avergli voluto dire il perché.

"Appunto. Non mi hai detto che saresti andata con un altro."

"Scusa, mi sono dimenticata-"

"Ti sei dimenticata?" Lo riconosco nei suoi occhi che si sta trattenendo dall'urlare. Non mi piace più quando beve.

"Sì, Aiden", gli rispondo seria. "Perché sei ubriaco?"

Lui si scosta dal piano per scuotere il capo. Sta facendo fatica a tenere una linea eretta. "Vuoi sapere cosa penso?"

Sinceramente non lo voglio, ma lui mi impedisce di rispondere. Si punta un dito contro il petto: "Io penso che non mi hai voluto dire che uscivi con il signor ho-una-Porsche-e-me-ne-vanto perché..."

"Perché cosa, Aiden?" Inizia a farmi arrabbiare pure lui.

Lui mi guarda irritato. "Non lo so, dimmelo tu. Vuoi scopartelo?"

Resto perplessa dalle sue parole. Vuoi scopartelo? So che è ubriaco, ma non mi va bene.

"Sei così ingiusto, Aiden...", lo rimprovero delusa. "Una volta che non pranziamo insieme e reagisci... in... in questo modo!"

Il mio tono lo irrita evidentemente di più. La vena sulla sua fronte si è gonfiata, insieme a quelle sulle sue braccia.

"Rispondimi. Te lo vuoi scopare?", mi domanda freddo. Il fatto che è serio mi sconvolge più di tutti.

Stringo i pugni e lui fa lo stesso. "No che non voglio andarci a letto. Perché reagisci così male?"

"Perché non mi hai detto che stavi andando a un fottuto appuntamento con il principe azzurro!", esclama infuriato. Ci guardiamo a denti stretti. È così dannatamente ingiusto.

Alzo la voce a mia volta: " Io non mi sono arrabbiata così tanto quando tu non mi hai detto che avresti passato la tua dannata serata con Amy!"

"Ma io l'ho fatto per un fottuto bene, Juliet. Tu perché l'hai fatto?", mi chiede amaro. Prende un sorso dalla bottiglia, senza contegno. Vorrei solo scaraventarla dalla finestra.

Resto immobile sullo stipite della porta. "Io l'ho fatto perché il mio professore me l'ha chiesto. E io non potevo rifiutare."

"Oh, sì. Povera te, hai dovuto passare tutto il pomeriggio con il sosia di Al Pacino", sbotta con tono sarcastico, mentre alza gli occhi al cielo. Inizia ad irritarmi, ubriaco o meno.

Anarchia 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora