Aiden
Cazzo, se mi pento. L'ho fatto nel momento in cui ho spaccato il naso a quel pezzo di merda. Non perché mi dispiacesse per lui, ma perché sapevo che Juliet sarebbe rimasta delusa da me. Proprio come lo è adesso.
Vorrei farle provare quello che provo sempre; rabbia, paura repressa da rabbia. Il signor Thomas diceva avevo solo paura di perdere ciò a cui tengo, ma adesso penso davvero che io stia impazzendo. Perché per quanto mi sforzi tutto ciò che riesco a provare è rabbia, al posto di tutto il resto.
Resto con lo sguardo basso, fino a quando non sento Juliet sbuffare e tornare da dove è arrivata. Le rivolgo solo uno sguardo prima che scompare da dove è venuta.
"Cazzo..."
So che è ancora scossa da quello che le ho detto su Nate, ma sono sollevato adesso che gliene ho parlato. Abbasso lo sguardo sulle bende attorno alle mie nocche; la sola immagina mi fa pensare a cosa a cui non vorrei pensare.
Prendo un tiro dalla mia sigaretta. Spero che entro stasera Juliet mi avrà perdonato. In discoteca... Non so quanto riuscirò a controllarmi dal salvaguardarla dai soggetti che ci saranno, ma so che dovrò.
Sento la porta scorrevole aprirsi e mi volto insanguinato speranza che si tratti di Juliet, ma invece vedo Joe. Mi raggiunge alla ringhiera col suo solito modo di fare altezzoso.
"Posso un tiro?", mi domanda serio.
Allontano la sigaretta da lui con una smorfia. "Col cazzo."
"Che palle, Aiden. Ho già fumato prima d'ora", si lamenta. È sempre scazzato, ma non lo posso biasimare. Non per quello che sta passando a causa di quel coglione di suo padre.
"Perfetto. Allora non hai bisogno di provare", gli rispondo piano. Mi sento fin troppo pesante per parlare.
Joe sbuffa. "La tua ragazza. È venuta qui perché ti sei addormentato davanti casa nostra?"
"No. Cioè- circa."
"Perché hai fatto a pugni con qualcuno?", mi domanda quando abbassa lo sguardo sulla mia mano.
La stringo nonostante faccia male. "Sì."
"Che figo."
"Non è figo. È da coglioni", controbatto, ma ormai con tutte le cose irresponsabili che abbiamo fatto insieme Joe non mi prenderà sul serio. D'altronde è con lui che ho pisciato sulla bici del ragazzo che lo aveva picchiato.
Joe infatti mi guarda con un sopracciglio alzato. "Comunque dovresti essere fiero di te stesso."
"Perché?"
"Perché con la faccia di merda che hai stamattina, mi hai fatto passare la voglia di ubriacarmi. Se devo avere quell'aspetto il giorno dopo-"
"Vaffculo Joe", enunciò irritato, ma lui ridacchia. Si diverte proprio a essere uno stronzo. Forse è per questo che mia zia dice che è la mia piccola copia.
Joe abbassa il capo, segno che sta pensando a qualcosa di sgradevole. "Papà non ha chiamato neanche ieri", dice soltanto in uno sbuffo.
"Ma che cazzo?!", enuncio irritato. Sono tre giorni che gli promette di chiamarlo e non si fa sentire.
Joe non dice nulla, fissa soltanto davanti a sé. Gli poso una mano sulla spalla per tentare di confortarlo, ma so di esperienza che non serve a un cazzo.
"Joe, guardarmi", gli ordino e lui alza lo sguardo su di me, "Non serve a un cazzo aspettare che ti venga incontro. Se vuoi stare bene devi trovare una valvola di sfogo."
"Una valvola di sfogo?"
"Sì." Per me è sempre stato fare qualcosa di illegale, scopare... ma da quando ho conosciuto Juliet qualcosa in me si è calmato, quindi non l'ho più fatto. Circa.
Joe punta sulle mie bende. "E il tuo è fare a botte?"
"Era", lo correggo, ma lui mi guarda incredulo.
"Infatti è per questo che hai spaccato la faccia a uno ieri sera-"
"Joe. Non mi provocare che già sono scazzato stamattina."
Sbuffa annoiato. "Va bene... ma perché hai fatto a botte se-"
"Perché stavolta era diverso", lo contraddico irritato. Non mi piace sentire dire che sono violento in tante parole.
Joe si mette diritto. "E perché era diverso stavolta?"
"Perché stavolta non l'ho fatto per me, cazzo. Ti è chiaro?" È vero. Sono sempre stato violento per il solo fine di controllare quel che stava in me, mai davvero per gli interessi degli altri.
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Anarchia 2
Fanfiction{SEQUEL di Anarchia} Juliet pensava di conoscere Aiden. Corpo e anima. Eppure con un cuore spezzato deve realizzare che quello che pensava di sapere su di lui era solo la punta dell'iceberg.