Quando abbasso lo sguardo su Aiden lo vedo maneggiare con una mano nella tasca dei suoi pantaloni.
"Che- che fai?", balbetto.
Si allontana in difficoltà per recuperare un preservativo dal pantalone. Cavolo, non ci stavo pensando. Siamo pericolosi in questo stato.
"Sei un incosciente Ju. Te ne stavi dimenticando", mi rimprovera divertito.
"Non è vero...", mento.
Mi metto a sedere, mentre Aiden si porta la bustina tra i denti. Delineo con le dita i tatuaggi sul suo ventre. Il rumore della pioggia che batte contro le finestre rende il tutto più surreale di quanto già non fosse.
Per poco non perde l'equilibrio, ma scoppia a ridere quando lo riprende.
"Stai bene?", ridacchio.
Annuisce e finalmente riesce ad aprire la bustina. L'acqua che gli gocciola dal viso gli dà un'aria più... sensuale. Ancora di più. Mi poggio sui gomiti al materasso per guardarlo con le labbra socchiuse. Ho i pensieri confusi.
Aiden mi guarda ghignando. "Mi vuoi?"
Che domanda sono? Certo che lo voglio. "Tu mi vuoi?", cerco di domandargli con la voce più ferma possibile.
Il respiro mi si blocca in gola quando si sporge verso di me. Mi prende con un braccio in vita per farmi cadere di schiena sul materasso. "Tu sei già mia", manifesta non appena gli abbasso i boxer.
Mi guarda con serietà e so che lo intende davvero. Non posso negarlo, io sono sua e lui è mio. Fisicamente e emotivamente.
Mi distendo ad occhi chiusi sul materasso per respirare con fatica, ma strozzo un gemito quando entra in me senza preavviso.
La sua pelle umida si struscia con mia. "Cavolo Aiden..."
Si ferma ed entrambi apriamo gli occhi per guardarci. "Cosa? Ho fatto male?", borbotta con fatica.
"No- no", balbetto a mezza voce. Non volevo fermarlo.
Riprendo a baciarlo con foga, il ché lo sorprendete, ma quando affondo le dita nella sua schiena riprende a muoversi avanti a indietro. Mi stringe con una mano le ciocche dei capelli, mentre con l'altra mi fa piegare una gamba. Afferra il mio polpaccio per tenermi ferma.
Inclino in dietro il capo e Aiden abbassa le labbra sul mio mento per respirare roco. Se solo mi fossi vista un anno fa... non avrei creduto a questa scena. Io e un ragazzo ricoperto di tatuaggi in una stanza di albergo, ubriachi e affamati l'uno dell'altro.
"Guardami", mi ordina, quando socchiudo gli occhi. Obbedisco per incontrare le sue iridi verdi, ricoperte da un velo di pazzia. "Ti amo."
Quelle parole mi incasinano i pensieri, se è possibile. Vorrei rispondergli, ma i suoi movimenti più veloci mi impediscono di proferire parole senza strozzarmi. Lui lo nota, infatti lo vedo sorridere appagato.
Aiden si morde il labbro con forza, mentre mi viene con più forza incontro col bacino. Qualcosa mi dice che sia sempre un po' controllato con me mentre lo facevamo. Lo deduco dal modo in cui ogni volta che lo facciano diventa sempre più veemente.
Sento un calore familiare iniziare ad espandersi per tutto il mio corpo, mentre stringo con forza i suoi bicipiti all'altezza della sua rosa. Vorrei potessimo restare qui per sempre. Senza drammi e senza complicazioni inevitabili.
"Porca puttana Ju... voglio restare qui... per sempre", ansima, come se mi avesse letto nella mente.
Aiden morde delicatamente la pelle della mia clavicola quando raggiungo l'apice. Mi stringo a lui e lui fa lo stesso con me, fermandosi. Affonda il viso umido nell'incavo del mio collo e io stringo i suoi ricci tra le mie dita. Come se potessi tenerlo così con me per sempre.
Finalmente, stesi su questo letto, le cose sembrano semplici. Lui ed io.
"Pure a te gira la testa?", borbotta contro il mio collo.
Scoppio a ridere e lui fa lo stesso. "Sì. Molto."
Si scosta da me per alzarsi e dirigersi verso il bagno con passo impacciato. Prendo la mia maglietta da terra e la indosso insieme alle mutandine.
Scoppio a ridere quando Aiden si scontra contro il comodino e indietreggia confuso di due passi. "Porca puttana... te l'avevi visto lì?"
"No", ridacchio, mentre lo guardo a bocca aperta. "Stai bene?"
"Sì, amore. Ma non ci capisco un cazzo", ridacchia.
Ha l'aria così confusa che non riesco a smettere di ridere. Entra in bagno e sento l'acqua scorrere nel lavandino. Mi sdraio sulla schiena per scrutare con un sorriso il soffitto. Londra pare così lontana...
Aiden esce dal bagno e si poggia alla finestra, incrociando le braccia per mettere in risalto la scritta tatuata sul suo braccio. Mi metto a sedere quando noto il suo sguardo cupo.
"Mio padre ha detto che è stata colpa mia se è morta mia madre... Secondo te è vero?", domanda, mentre abbassa lo sguardo.
Lo guardo spiazzata. Ha cambiato argomento così velocemente... Come può avergli detto una cosa del genere? "Ti ha detto che è colpa tua?"
"Sì. E ci ho ripensato... e inizio a convincermi che ha ragione", confessa Aiden. Si porta le mani nei capelli, come se tirandoli, potesse bloccare i suoi pensieri.
Mi alzo in piedi per raggiungerlo accanto alla finestra. Si era appena ripreso da quello che è successo con la madre ed ecco che il padre è tornato per rovinare tutto.
"Aiden. Guardami." Mi ascolta, ma noto che quando incontra il mio sguardo stringe i denti con forza. "Non è colpa di nessuno. E se qualcuno davvero avesse la colpa, non saresti tu."
"Ju. Potevo salvarla. Sono rimasto immobile." È evidente il dolore nella sua voce.
Gli tolgo le mani dalle sue ciocche mosse con gentilezza. "Avevi undici anni. Undici. Ti prego, non ti dare la colpa."
Sono passati più di sette anni e nulla dei suoi senti di colpa si sono affievoliti. Sono stati nutriti invece dal disprezzo di suo padre. Ma perché? Più Aiden mi racconta del rapporto con suo padre, più aumenta il mo ribrezzo.
So che le persone fanno tutto per un motivo; chi per paura e chi per dolore. Ma certe cose non si possono giustificare. E lividi non si possono giustificare.
Aiden si volta verso la finestre per appoggiarsi coi gomiti e guardare in lontananza. "Non so... forse sto esagerando. Forse sto ingigantendo la cosa..."
"Non stai esagerando. Anzi, ti stai reprimendo", lo contraddico dolcemente. Lo fa da quando lo conosco e noto dal modo in cui inarca le sopracciglia che lo consuma.
Incrocia le dita delle mani per sospirare. "Non sto esagerando?"
"Assolutamente no. Hai il diritto di stare male per quello che ti è successo."
Ha l'aria sollevata, come davvero avesse creduto di esagerare riguardo ai suoi problemi familiari. È così insicuro al riguardo. Riguardo a mostrare ciò che prova.
"È solo che.. io..." Alza il capo in cerca di parole. "Non voglio che si sappia, Ju. Questo già lo sai, ma... se si sapesse la gente verrebbe da me solo per dirmi 'quanto gli dispiace' o 'quanto devo stare male'. Non sanno mai che cazzo dire e questo mi da al cazzo."
Sono confusa. "Non ti piace se la gente ti dice che le dispiace?"
"No. " Sospira per rimettersi diritto e voltarsi verso di me. Si gratta la mascella timido. "Non mi piace quando è opportunista. Trovano una bella storia drammatica, mostrano tutto il loro dispiacere, e poi magari vanno a parlarne avanti. Come se loro adesso ne facessero parte."
Non riesco a capire sempre i suoi complessi, ma non voglio contraddirlo. So che se pensa questo deve esserci un motivo valido.
"Capisco", sussurro soltanto. Abbasso lo sguardo per sfiorare le sue dita delle mani con le mie. "Puoi parlarmi di tutto, lo sai vero?"
Si sporge per lasciare un bacio sulla mia fronte e sorridere debolmente. "Sì, che lo so. Ti amo per questo."
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Anarchia 2
Fanfiction{SEQUEL di Anarchia} Juliet pensava di conoscere Aiden. Corpo e anima. Eppure con un cuore spezzato deve realizzare che quello che pensava di sapere su di lui era solo la punta dell'iceberg.