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L'ho lasciato andare in macchina, dimenticandomi che prima ha bevuto. E se si perdesse? E se facesse un incidente? Mille scenari mi passano per la testa e tutti risalgono al fatto che è colpa mia.

Prendo il telefono tasca per tentare di chiamarlo e convincerlo a tornare, ma come previsto non mi risponde. Sono così agitata che mi dimentico di respirare regolarmente. Provo a richiamare Aiden, ma di nuovo non risponde.

"Dannazione!", esclamo al terzo tentativo.

Quando mi volto noto che sono rimasti tutti a guardarci. Evito di guardare sia Nate che Katie quando rientro con fatica in casa e salgo in camera di Aiden. Voglio chiarire il prima possibile, quindi aspettare il suo ritorno in stanza mi sembra l'opzione migliore.

Quando mi chiudo la porta alle spalle mi tolgo le scarpe e mi siedo a gambe incrociate sul suo letto. Tento di chiamarlo di nuovo, ma non risponde. Cerco di distrarmi accendendo il suo giradischi per ascoltare della musica, ma i miei pensieri sono troppo forti per venire ignorati.

So che Katie non l'ha fatto apposta e che principalmente la colpa è mia e di Nate. Chissà cosa deve pensare Aiden di me; sua madre è un argomento di cui a malapena vuole parlare con me e adesso tutti lo sanno. Mi sento malissimo solo per lui.

Voglio che torni qui e che mi possa ascoltare mentre gli dico in mille modi che mi dispiace. So che è arrabbiato e che probabilmente si sta infilando in qualche guaio, ma non voglio soffermarmi sul chiedermi quale. Tanto non riuscirei a prevederlo.

Appoggio il telefono sul comodino con la suoneria accesa in caso Aiden mi chiami e scelgo di distrarmi, leggendo il libro poggiato sul suo cuscino. Mi sdraio e lo prendo in mano. È ancora 'il gene egoista'.

Non so se ci capirò qualcosa, dato che parla di biologia, ma intanto riuscirò a concentrarmi su qualcosa che non sia l'espressione delusa di Aiden. Apro la prima pagina che inizia con un'autobiografia e una presentazione del libro. Per ora non ha l'aria complicata.

Resto a leggere per un tempo indefinito, ma ormai sono arrivata solo al terzo capitolo. Non ho idea di come Aiden l'abbia finito in due giorni. Quando la porta della stanza si apre e vedo Aiden entrare con lo sguardo basso, metto subito da parte il libro per alzarmi in piedi.

"Sei tornato", sussulto sollevata.

Lui alza lo sguardo sorpreso, ma poi si fa di nuovo serio. Quando noto che ha gli occhi arrossati mi si spezza il cuore. So che ha pianto, anche se sembra surreale.

"Hai pianto?", gli chiedo. Non risponde. "Dove sei stato?"

Si siede solo alla scrivania e poggia i gomiti sulle ginocchia. "Avevo bisogno di tempo per pensare. Tutto qui."

E ha pianto? Non me l'aspettavo. Mi inginocchio davanti a lui in modo che non possa evitare il mio sguardo. "Aiden, mi dispiace così tanto. Non hai idea. Non avrei mai voluto che questo accadesse, te lo giuro. Sono stata una stupida, egoista..."

"Perché glielo hai detto?", sbotta quando incontra il mio sguardo. I suoi occhi sono sofferenti.

"Perché mi è scappato e so che non è una giustificazione plausibile... ma ti amo così tanto, Aiden. Ti giuro che non avrei mai voluto farti del male." Mi sento uno schifo.

Aiden tira su col naso per mordersi il labbro con forza. "Adesso quei pezzi di merda sanno di mia madre..."

"Lo so... Sono così stupida."

"Non dire così, Ju...", mi supplica a mezza voce, ma non gli do retta.

Scoppio a piangere solo perché mi fa male vederlo soffrire. Mi copro il viso con le mani per la vergogna.

"Per te- è co- così import- ante che non si sappia e- e io l'ho det- to in giro", singhiozzo.

"Non l'hai detto in giro."

Perché si sta comportando in modo così clemente? Io invece dovrei comportarmi come una donna matura e parlare dei miei sbagli con lui e invece sto piangendo come una bambina.

Aiden scende dalla sedia per sedersi di fronte a me e togliermi le mani dal viso. È ancora serio però.

"Mi odi, ve- ro?", singhiozzo, ma lui scuote la testa.

"È vero, hai sbagliato. E sì, non sto molto bene per questo, ma tu hai perdonato cosa molte peggiori che ho fatto io Juliet e non intendo sicuramente prendermela per te per uno sbaglio che hai commesso una volta." Mi accarezza le mani con il pollice per sospirare. "Non sono arrabbiato con te, Ju. Non ne ho il diritto."

"Hai tutti i diritti per farlo", lo contraddico invece.

"Sì, ma anche tu ce li avresti e non sei arrabbiata con me."

"Perché ti amo..." È vero.

Accenna un debole sorriso e mi asciuga con il palmo della mano la guancia. "E io amo te. Ti amo troppo per restare arrabbiato con te."

Cosa? Socchiusi le labbra, mentre le lacrime finalmente smettono di rigarmi il viso. Non pensavo mi avrebbe perdonata così velocemente, ma non sono mai stata così sollevata in tutta la mia vita. Sarei impazzita se Aiden non l'avesse fatto subito e non voglio neanche pensare a cosa sarebbe successo se mi avesse lasciata.

"Quindi mi hai perdonata? Di già?", gli chiedo incerta.

Accenna una risata debole. "Vuoi che io resti arrabbiato più a lungo?"

"Cosa? No! No, certo che no. Solo che non me l'aspettavo, ecco. Ti ho visto andartene e pensavo che non ti avrei visto per qualche giorno", confesso dispiaciuta. Non voglio menzionare il fatto che aveva bevuto.

Aiden sospira. Fa dei cerchi col pollice sul dorso della mia mano. "Ci ho pensato per un momento, ma poi mi sono ricordato di averti promesso che non l'avrei più fatto."

"Quindi sei tornato per questo?"

"Anche. Ma sopratutto perché non posso vivere senza di te, Ju. Non ci riuscirei neanche se ci provassi", ammette. È cambiato davvero.

Restiamo a guardarci sorridendo. Le sue iridi verdi nelle mie azzurre. Non ha l'aria di essere ferito fisicamente così non gli chiedo dove sia stato tutto questo tempo.

"Neanche io riuscirei a farlo", sussurro quando si mette in ginocchio.

Gli allaccio le braccia intorno al collo per abbracciarlo e lui mi posa le mani sulla schiena per stringermi forte a sé. Sentire di nuovo il suo profumo è terapeutico.

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