Aiden
Quando sciogliamo l'abbraccio dopo svariati minuti Juliet abbassa lo sguardo sulla mia camicia macchiata di sangue.
Prende la mia mano ferita nella sua. "Dobbiamo disinfettarla. Avete del disinfettante da qualche parte?", mi domanda preoccupata.
"In bagno. O almeno credo."
"Perfetto. Andiamo almeno a controllare se c'è." Si alza in piedi e mi fa cenno di fare lo stesso.
Ha ancora le guance umide per le sue lacrime così le asciugo col palmo della mia mano. Odio vederla piangere. Anche se mi sarei dovuto arrabbiare di più non ce la faccio.
Usciamo dalla mia stanza per entrare in bagno. Mi poggio con la schiena al lavandino e le faccio segno verso l'armadietto che dovrebbe contenere il disinfettante.
"Sicura che dovrei disinfettarla? Non l'ho mai fatto", borbottò incerto. Non mi piace l'idea.
"Aiden. È inutile se ci provi; non la scampi. Perché non vuoi farti disinfettare?"
Faccio spallucce, ma non voglio rispondere.
Sono soddisfatto del punto a cui sono arrivato; mesi fa se fosse successa la stessa cosa di stasera avrei perso la testa, invece oggi ho semplicemente guidato in silenzio per elaborare i miei pensieri.Mi è stato subito chiaro che non avrei il diritto di essere arrabbiato con lui e che l'avrei perdonata subito. E l'ho fatto. Era l'unica opzione.
"Non importa se non c'è...", borbotto mentre guardo Juliet frugare nell'armadietto.
Poco dopo si volta verso di me con una boccetta in mano e io faccio una smorfia disgustata.
Juliet la guarda soddisfatta e me la sventola davanti. "E invece l'ho trovata. Inutile che cerchi di scappare."
"Non cerco di scappare", la contraddico, ma lei mi guarda con un sopracciglio alzato.
"Guarda che non mi inganni, Aiden Houston."
"E tu invece ti fai troppe paranoie, Juliet Browne", ridacchio.
Sospira per appostarsi davanti a me e prendermi la mano ferita. Inumidisce della carta igienica col disinfettante per poi posarla sulla chiazza rossa. Respiro con forza tra i denti per il dolore, ma resto immobile.
"Fa molto male?", mi domanda Juliet dispiaciuta.
Alza lo sguardo e io scuoto la testa. "No, tranquilla." Con la sua presa fa tutto un po' meno male.
"Dovresti smetterla di tirare così tanti pugni, Aiden. Ti resteranno delle cicatrici."
Pulisce la ferita con la carta. Cazzo lo so benissimo. Le cicatrici ci sono già, ma non voglio dirlo ad alta voce, sennò dovremmo continuare a parlarne.
Per fortuna cambia argomento, prima che io mi debba inventare qualche scusa: "Devo ammettere che ero sorpresa quando hai rigato la macchina di Nate. Pensavo lo avresti picchiato."
"Era quello il primo istinto, ma ormai mi sono già fatto male con il mio adoratissimo padre." Punto lo sguardo sulla mia mano ormai disinfettata. Non mi pento né di aver rigato quella sottospecie di auto, né di aver sferrato quel pugno a mio padre.
Juliet butta il fazzoletto e riposa la boccetta nell'armadietto. "Secondo te Nate ti chiederà dei soldi per i danni alla macchina?", mi chiede preoccupata.
"Che ci provi. Io non ho intenzione di pagare un cazzo a quel coglione."
Alza gli occhi al cielo. "Aiden..."
"Cosa? Se lo è meritato."
Si poggia col mento al mio petto per sospirare. "In questo non ti posso contraddire."
"Meno male. Almeno una cosa", ridacchio.
Mi dà un pugno sul petto, ma mi provoca solo una risata più clamorosa. Dà l'aria di essere un nano da giardino dalla mia prospettiva. Sono così contento però che sia rimasta.
Mi posa la guancia sul petto per allacciare le braccia intorno al mio busto. "Non voglio litigare mai più con te, Aiden."
"Neanche io, ma a quanto pare è inevitabile però."
"Purtroppo", borbotta contro la mia maglietta. Mi sta stringendo sempre più forte, ma non mi dispiace. "È sempre stata colpa dei tuoi amici se abbiamo litigato. Sia a Los Angeles che qui."
Devo ammettere che ha ragione. "Ho degli amici di merda... per lo meno lo sono la maggior parte di loro."
Pensavo di essermi liberato delle cattive influenze, ma eccomi ad avere a che fare con gente come Amy e Nate. Di certo però adesso non li posso più definire amici.
Juliet si allontana per avvicinarsi alla porta e il mio sguardo non può che scendere sul suo vestito rosso. Non se lo è levato e per la prima volta sono contento che non abbia indossato una delle mie magliette larghe. Mi maledico per i pensieri che sto avendo.
Mi sventola una mano davanti al viso per risvegliarmi. "Svegliati", mi prende in giro.
Mi massaggio la mascella, forzandomi a non fissare la scollatura sul suo seno.
"Perché mi fissi?", domanda arrossita.
"È difficile non farlo. Quel vestito..." Cazzo mi sto eccitando troppo.
Juliet lascia la maniglia della porta per voltarsi sicura verso di me. "Ti piace come mi sta?"
"Porcaputtana non hai idea..." Non ha davvero idea.
Deglutisco quando chiude a chiave la porta e afferra l'orlo del vestito per sfilarlo. Resta in intimo a guardarmi con aria sicura. Mi fa impazzire quando si comporta in questo modo, così sicura. Così impavida.
"Così è di certo meglio", borbotto ghignando.
Socchiude le labbra rosee prima di accennare un sorriso maligno. Punta col dito verso i miei vestiti. "Tocca a te."
Di questo passo non so se riuscirò a controllarmi dal prenderla in questo bagno, in questo istante. Non me lo faccio ripetere due volte prima di sfilarmi maglietta e pantaloni. Restiamo in silenzio a guardarci i nostri corpi e più lo faccio e più mi vengono in mente le cose che voglio farle.
Mi avvicino a lei per posare le mie mani sulle sua guance. Passo il pollice sulle sue labbra umide prima di infilarlo tra i suoi denti.
"Andrò all'inferno per i pensieri che mi fai avere", mormoro mentre racchiude il mio pollice tra le sue labbra bagnate. È come se sapesse esattamente cosa fare. Tolgo il pollice dal suo viso e lei sospira.
Arrossisce visibilmente, ma resta ferma a guardarmi. "Andremo all'inferno insieme allora."
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Anarchia 2
Fanfiction{SEQUEL di Anarchia} Juliet pensava di conoscere Aiden. Corpo e anima. Eppure con un cuore spezzato deve realizzare che quello che pensava di sapere su di lui era solo la punta dell'iceberg.