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Aiden

Poterla tenere di nuovo tra le mie braccia, sentire il suo profumo dolce, è tutto ciò in cui ho sperato negli ultimi tre mesi. E adesso che è successo non mi pare vero.

Non so perché mi abbia perdonato. So di essere troppo egoista per lasciarla andare, ma nel profondo mi chiedo davvero perché sia tornata. Tornata da un diciottenne incasinato. Che però ama solo lei.

Quando arriviamo alla pizza al taglio Juliet prende due fette di pizza alla margherita, mentre io ne prendo quattro. Come previsto scuote il capo e sorride con lo sguardo basso, una delle cose che mi sono mancate di più di lei.

Ci avviamo con la pizza in mano verso il dormitorio, mentre parliamo della nostra estate. Sento una morsa nello stomaco quando mi parla di Boston; quando mi aveva proposto di andarci con lei non avevo aspettato altro e invece era andato tutto a puttane.

Juliet non è capace di mangiare una fetta di pizza senza sporcarsi la bocca, così la devo fermare per levarle della farina dalla punta del naso. A volte dà l'aria di essere una bambina, sopratutto quando fa l'impacciata.

Mi ringrazia con un: «Merci beacoup», e mi lascia un bacio a fior di labbra prima di proseguire.

La prendo sotto braccio e lei poggia la testa sul mio petto, mentre continuiamo a camminare e mangiare in silenzio.

Mi piace quando stiamo in silenzio, perché il caos nel mio petto in quei momenti fa lo stesso.

«Facciamo nottata?», mi chiede quando entriamo dal dormitorio.

Alza lo sguardo per guardarmi negli occhi e io sorrido. «Non hai lezioni domani?»

«No, domano no. Tu?» Purtroppo sì.

«Sì, ma verso pranzo. E poi so sopportare un po' di sonno.» Eccome. Quest'estate mi sono abituato all'insogna, allo restare immobile sulla schiena a fissare il soffitto.

Juliet prende le nostre carte della pizza per buttarle nel cestino e sale le scale. La seguo e lei si volta verso di me. «Quindi?»

«Quindi cosa?»

«Facciamo nottata?», ribadisce ridacchiando. Non me lo faccio dire due volte e annuisco con un ghigno.

Lei sorride soddisfatta e mi prende per mano per salire insieme le scale. Noto solo adesso che le sono cresciuti molto i capelli, ormai le arrivano quasi fino al fondo schiena.

Quando il mio sguardo cade proprio su questo mi maledico da solo. Sopratutto per i pensieri impuri che mi allagano la testa. Non voglio che Juliet mi veda e magari pensi che io voglia solo fare sesso con lei.

Cioè, ovvio che voglio fare sesso con lei, ma non so se non è troppo presto. Ci siamo appena messi insieme.

«A cosa stai pensando?» Juliet mi fa tornare all realtà. Siamo arrivati davanti alla sua stanza e sta ancora tenendo la mia mano nella sua. Se sapesse a cosa sto pensando... Probabilmente non mi parlerebbe più.

«A niente, mi ero solo incantato.»

«Non ti starai già addormentando spero», mi prende in giro e io le rivolgo una smorfia.

«Non ti darò questa soddisfazione. Se davvero mi addormentassi prima di te sarebbe preoccupante.»

Juliet è la persona meno notturna che conosco, infatti è anche per questo che penso che la sua proposta di fare nottata non reggerà.

Mi fa la linguaccia ed entriamo nella sua stanza. La sua camera rappresenta ancora la sua mania dell'ordine, ma mi fa sentire così a mio agio... Mi avvicino alla sua scrivania per leggere i suoi appunti. Sono innamorato pure della sua scrittura.

«Aiden?», mi chiama a non appena mi affianca. Sposto lo sguardo dai fogli a lei. «Posso sapere perché hai ripreso i contatti con tua zia?»

Lo noto nei suoi occhi che lo vuole sapere sinceramente. Vorrei evitare questa conversazione, ma le ho promesso di essere sincero al cento per cento e di certo non voglio correre il rischio di incasinare le cose.

Mi volto per poggiarmi di peso alla scrivania.

«Volevo essere una persona migliore. Per te», le rispondo, ma evito il suo sguardo. «Te lo devo dopo... bè...lo sai.»

Spero che non riesca a capire che sto tralasciando il fatto che il marito di zia Jane ha lasciato sia lei che Joe all'inizio di quest'estate e che di conseguenza lei ha bisogno di me.

Il mio vecchio psicologo mi avrebbe posto la domanda: Non saranno dei sensi di colpa per quello che è successo a tua madre, giusto Aiden?

E se me l'avesse chiesto non gli avrei risposto. Mi sarei alzato e me ne sarei andato, come ho sempre fatto.

Juliet accenna un sorriso. Le faccio cenno di raggiungermi e lei obbedisce, appostandosi davanti a me e allacciando le sue braccia al mio collo. È così bella... vorrei farle capire quanto davvero mi dispiaccia averla fatta soffrire.

Le do un bacio sul suo piccolo naso. «Sarà una persona migliore per te, Ju.» È la mia unica ambizione al momento.

«E io sarò migliore per te», risponde e io scoppio a ridere. «Cosa c'è da ridere?»

«Niente niente.»

«Aiden...»

«Sto ridendo perché non penso tu possa essere migliore di così.» Lo credo davvero, ma lei sembra irritata da questa mia affermazione.

Mi punta un dito contro il petto. «Tu mi credi troppo gentile e innocente, Aiden Houston.»

Le do un bacio sulla fronte. «Perché sei gentile e innocente, Juliet Browne. Non prenderla come un'offesa.»

Juliet resta immobile a scrutarmi seria, ma mi coglie di sorpresa quando mi sbottona i pantaloni. I miei pensieri si intrecciano, mentre resto a labbra schiuse a guardarla. Cosa sta succedendo?

Juliet resta con lo sguardo nel mio mentre abbassa i miei pantaloni e si inginocchia. Mi sta davvero per fare un pompino?

«Che- che fai?», le chiedo, la voce troppo roca. Lei però non si ferma, abbassa i miei boxer ormai troppo stretti.

Abbasso lo sguardo col respiro mozzato, Juliet mi sta guardando compiaciuta.

«Chi sei?», le domando senza parole.

Mi piace questa sua sicurezza, anche se in genere odio sentirmi nelle mani di qualcun altro.

«Non sono innocente, Aiden.»

Si rimette in piedi per fermarsi a poco dal mio viso, la prendo dietro alla nuca per drogarmi del gusto delle sue labbra.

Il proposito di moderarmi è andato a fanculo.

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