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Aiden

Seguo l'agente per il corridoio, i miei effetti personali stretti in una busta di plastica. Mi viene quasi da ridere. Mio padre non è per niente originale quando si tratta di punizioni. Quella del farmi arrestare per imparare la lezione è vecchia da quando l'ha fatto due anni fa.

So di avere gli occhi arrossati, ma stanotte non sono riuscito a chiudere occhio per l'astio che mi scorreva nelle vene. Adesso mio padre deve stare sul suo volo in business class, soddisfatto di avermi rovinato la vita un'altra volta ancora. Di avere espresso tutto il risentimento che prova nei miei confronti.

L'agente non mi rivolge una parola. Quando arriviamo all'uscita del dipartimento mi apre la porta e mi fa uscire con un sorriso forzato. Non mi degno di ricambiare; so dal modo in cui mi guarda, che avrebbe preferito chiudermi dentro.

Mi blocco quando vedo mio padre, che mi aspetta con le mani nella sua giacca costosa.

"Grazie agente. Buona giornata", si rivolge a quest'ultimo, prima che scompaia dietro alla porta.

Restiamo in silenzio, lui con il suo solito atteggiamento da padre maturo. Quello che tira fuori dai guai il figlio, non quello che ce lo mette. Vorrei urlargli contro tutti gli insulti che ho ripassato nella mente in questa ventiquattro ore, ma non mi viene nulla in mente.

Si volta. "Vieni. Ti porto a casa."

Non si ferma per controllare che lo stia seguendo, ma io resto impalato a guardarlo. Voglio solo scaraventarlo a terra. "Col cazzo che mi faccio portare da te. Se pensi davvero che entrerò in machina con te, dopo che sei stato tu a farmi rinchiudere qui dentro, allora sei proprio più stupido di quan-"

"Aiden. Non fare delle scenate e entra in macchina", sbotta lui, voltandosi verso di me. Odio il tono di insoddisfazione con cui mi parla sempre.

Inizio a scendere le scale, i pugni stretti. "Perché continui a comportarti in questo modo?"

"Quale modo?"

"Come se io fossi l'unico a sbagliare! Come se tu mi stessi aiutando!", esclamo, di colpo convinto ad essere sincero.

Mio padre distoglie lo sguardo freddo e prende le chiavi della macchina dalla sua tasca. "Entra nella macchina."

"Perché ci tieni così tanto a rovinarmi la vita? Quale padre rinchiude-"

"Ho detto entra in macchina, Aiden!" Ha perso chiaramente il contegno e questo mi fa incazzare ancora di più. La sua ipocrisia.

Mi avvicino di fretta a lui, ma non indietreggia. "Rispondimi, cazzo. Perché ti impegni così tanto a rovinarmi la fottuta vita. Senza stancarti!"

"Non ti ho rovinato la vita, Aiden-"

"È tutto quello che hai fatto, papà! Da quando è morta mamma, tutto ciò che hai fatto è stato schiacciarmi a terra. Farmi arrestare..."

"Non ne voglio parlare adesso!"

Do un pugno sul tettuccio della sua macchina del cazzo. "E invece ne parliamo adesso! Perché mi sono rotto il cazzo di tutto questo!"

Mio padre è paonazzo in viso. "Cosa, Aiden? Cosa è questa cosa che non riesci a tenerti dentro, come una bambina?"

Devo ignorare le sue parole, le parole di un padre deludente. Mi torturo con le dita i capelli, come se potesse alleviare la mia rabbia.

"È perché pensi che è colpa mia, vero? Che è colpa mia se è morta", sbotto, la voce mia sta tremando.

Non pensavo di dirglielo mai in faccia, di volere effettivamente ricevere una risposta sincera da parte sua, eppure eccomi qui. Per anni mi sono tormentato, chiedendomi quale fosse l'origine dell'odio di mio padre nei miei confronti. E l'unica risposta plausibile è stata questa.

Mio padre resta freddo a guardarmi. "Certo che penso sia colpa tua, Aiden", sussurra poi, come se non volesse effettivamente dirlo. "Tutti lo pensano, ma devi andare avanti."

"Questo è il motivo per cui mi odi, quindi?"

"Non ti odio..."

"Non sparare cazzate. Lo noto ogni volta che mi guardi che non sopporti la mia vista."

"Bene. Adesso sai il perché. Andiamo."

E le sue parole mi trafiggono come lame. Delle fottute lame velenose. Voglio fargli male, sentirlo soffrire come fa soffrire tutti, eppure allo stesso tempo sentirgli dire che non è vero. Che il suo è un vano tentativo di darmi insegnamenti di vita, ma so che non è così.

Perché non potevo avere un fottuto padre normale?

"Adesso fatti portare a casa", insiste quando apre la portiera della Maserati.

Ma scuoto il capo. "Anche io mi incolpo per quello che è successo a mamma. Ogni fottuto giorno. Ma tu? Tu dovresti alleviarmi il peso che mi porto dietro da anni e invece lo aumenti-"

"Cosa vuoi che faccia, Aiden? Vuoi che ti dica che non avresti potuto salvarla? Perché sarebbe una fottuta bugia-"

"No, ma avresti potuto evitare di sfogare sempre la tua rabbia su di me! Farmi arrestare a quindici anni solo perché ti ho sentito che parlavi di affari illegali!", gli urlo contro. I miei occhi si stanno appannando, ma non mi è certo se è per la rabbia o per la tristezza. E non voglio smettere di sfogarmi: "Non hai idea. Non hai una fottuta idea di quante volte ho pregato che morissi pure tu! Mi hai terrorizzato per anni e non te ne è mai fottuto un cazzo! Mai!"

Lui si morde con forza il labbro inferiore, pensieroso. Non dice nulla e io ho perso la forza di guardarlo in faccia. Una lacrima solitaria mi inumidisce la guancia, ma non voglio nasconderla. Non dopo così tanto che l'aspettavo.

"Non hai niente da dire? Nulla?"

Il suo silenzio è la risposta e nutrizione della mia delusione. Non avrò mai la reazione che ho sempre voluto da mio padre. Volevo un abbraccio e ho ricevuto un pugno. Volevo conforto e ho ricevuto terrore.

"Non voglio parlare con te. Né vederti. Non sei capace di essere mio padre", enuncio, tentando di controllare la mia voce spezzata.

"Io sono tuo padre. Lo sono."

"Non basta esserlo di sangue, cazzo. E io mi sono rotto il cazzo di provarci."

Aspetto con gli occhi appannati una risposta, ma si zittisce. Abbassa lo sguardo sulla maniglia della portiera.

Ma lui non dice niente; non si scusa o si difende. Cerco di non guardarlo quando vado per la mia strada. Delle lacrime continuano a scorgermi il viso, senza sosta. Se prima non riuscivo a piangere, adesso non riesco più a controllarle.

Svolto l'angolo per accasciarmi contro un muro e affondare il viso nelle mie mani. Mai come adesso ho voluto parlare con Juliet.

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