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Aiden

Continuo a correre per il parchetto, il cuore mi martella nel petto. Joe mi ha sempre detto che si incontra con i suoi amici in questi paraggi, ma non riesco ancora a trovarlo. Inizio a provare davvero paura, una paura che non ho mai provato.

Mi blocco quando riconosco un gruppo di sei ragazzi appostati su una panchina. Stringo i pugni quando riconosco Joe in mezzo a loro, tiene una sigaretta tra le dita che gli tremano.

"Mi stai prendendo per il culo?", esclamo arrabbiato, mentre lo raggiungo.

Si voltano tutti verso di me. Joe è pallidissimo. "Cosa ci fai qui?"

"Sono qui perché Jane mi ha chiamato! Perché sei scomparso", lo rimprovero a denti stretti. Odio il menefreghismo con cui mi ascolta.

Joe prende un tiro dalla sua sigaretta e la passa all'amico accanto a lui. Ha l'aria confusa. "Jane?"

Mi rivolgo al ragazzo che sta sghignazzando e lui si zittisce subito. "Che cazzo gli avete dato?", gli domando furibondo.

"N- niente", balbetta.

"Non mi prendere per il culo. Che cosa gli avete dato?"

"Niente. Ci siamo solo fatti una canna. Ma sta bene, guardalo."

Mi rivolgo a Joe; ha gli occhi arrossati e lo sguardo perso. Anche io avevo questo aspetto?

"Joe", lo chiamo, ma non mi risponde.

Prima di prenderlo per il braccio scrivo a Jane di averlo trovato. Ormai sono le sei, non posso neanche immaginare in che stato deve stare. Ho un'uragano di pensieri nella testa.

Quando Joe si divincola dalla mia presa, lo prendo con troppa forza per il colletto della sua maglietta.

"Prova a farlo un'altra fottuta volta e te ne faccio pentire", lo minaccio a denti stretti.

Lo lascio stare non appena realizzo cosa gli ho appena detto. Te ne faccio pentire... Cosa sto facendo? So che è la mia ansia a parlare, ma la somiglianza al comportamento di mio padre mi spaventa.

"Sc- scusa", balbetta spaventato Joe.

Si incammina verso l'uscita del pacchetto, dove è parcheggiata la mia macchina. Non degno neanche di uno sguardo il gruppo di ragazzi alle nostre spalle.

Vorrei scusarmi con Joe, ma non ci riesco. Quando arriva alla macchina fa per aprire la portiera, ma resta chiusa. Mi guarda confuso, ma io mi avvicino a lui per guardarlo serio. "Cosa è successo?"

"Niente-"

"Non mi prendere per il culo-"

Joe si spazientisce. "Non ti sto prendendo per il culo, Aiden. Perché pensi di sapere tutto quello che sto passando?"

"Perché l'ho passato anch'io! Perché anch'io ho avuto un periodo nella mia fottuta vita in cui mi sono fatto dare la mano e ho fatto cazzate di cui mi pento ancora adesso-"

"Tipo?" Mi sta provocando.

Sospiro. "Tipo risse. Risse, droghe... Avevo delle fottute influenze di merda e non voglio che tu ti faccia travolgere come ho fatto io."

"È vero che sei stato arrestato per questo? Perché spacciavi?", mi domanda, gli occhi appannati.

Purtroppo no. Mi si stringe il petto al pensiero.

"No. Senti, fatti portare a casa, ok?", lo supplico, mentre apro la macchina.

Sono esausto e voglio solo tornare a casa per chiamare Juliet. Non ho neanche avuto il tempo di chiedermi cos'è successo ieri.

Apro la mia portiera, ma Joe scuote la testa. "Non voglio tornare a casa se lei ha bevuto."

"Joe, lei è tua madre."

"Appunto. Non voglio che mia madre sia un'ubri-"

"L'unico fottuto motivo per cui l'ha fatto è perché tu non ti sei fatto sentire!", lo rimprovero arrabbiato. So che non vuole vederla in quello stato, ma deve ancora comprendere il suo punto di vista. "Non te la prende con lei."

Joe stringe con forza i denti per sedersi in macchina. Faccio lo stesso per mettere in modo l'auto. È una strana sensazione avere paura per una persona e sapere che non si può fare nulla per proteggerla.

"Ti prego, posso stare con te solo qualche ora?", mi supplice Joe, non appena faccio manovra.

Quando lo guardo, ha una lacrima che gli riga la guancia. Vorrei dirgli di no, che deve tornare a casa, ma non riesco a sopportare di vederlo triste. Sospiro. "Va bene, Joe. Ma devi scrivere subito a tua madre."

"Che cosa?"

"Che sei al sicuro, per esempio?", gli dico irritato. Non riesco a controllare il tono della mia voce. "È davvero preoccupata. Ora, scrivi."

Joe annuisce e prende il telefono dalla sua tasca. Decido di fare lo stesso per scrivere a Juliet. È troppo tempo che non la sento e questo deve significare che ieri sera è stata colpa mia se abbiamo litigato.

Quando ci fermiamo al semaforo, alzo il telefono dal cruscotto, solo per vedere due chiamate perse di Juliet. Sento del sollievo a leggere il suo nome.

La richiamo immediatamente e porto il telefono all'orecchio.

"Aiden?", risponde subito. Sento della musica rock in sottofondo.

"Ju? Dove stai?", le chiedo preoccupato.

Joe alza lo sguardo dal telefono, per guardare la mia espressione tesa.

"Sto a casa tua. Hanno organizzato una festa. Senti, ti devo parlare", risponde. È seria, fin troppo seria.

Faccio per rispondere, ma il mio telefono muore in quel preciso momento.

"Ma porca puttana!", urlo spazientito, mentre lo stringo con forza tra le dita. Com'è possibile che l'universo cerchi sempre di andarmi contro?

Joe mi guarda spaventato, ma è sempre confuso. "Cosa?"

"Andiamo a casa mia. Adesso", lo informo fermo. Non appena la luce diventa verde, do gas e non mi curo del suono dei clacson dietro a me. 

È arrabbiata? A me dava l'aria di essere arrabbiata... Ma perché? Realizzo che a quella festa deve esserci pure Amy. Le avrà raccontato qualche cazzata? No. Non le crederebbe... O sbaglio?

Il dubbio che lei voglia finirla di nuovo mi ronza fastidiosamente nella testa, come una fottuta zanzara. Sento l'ansia accumularsi nel mio stomaco, ma non so come sprigionarla se non stringendo con forza il volante tra le mani.

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