56

10.2K 273 54
                                    

Aiden

Mi sveglio di soprassalto al suono del mio telefono che squilla. Lo prendo con furia dal comodino per controllare di chi si tratta, ma quando leggo il nome di mio padre lo scaravento dov'era. Col cazzo che gli rispondo.

Se fosse qualcosa di grave mi avrebbe già chiamato Gabriel, ma non l'ha fatto. Quindi ho la conferma che si tratta solo di qualche motivo egoista di nostro padre se mi chiama.

Mi metto a sedere sul letto, ma mi viene da vomitare non appena lo faccio. Mi sono rotto il cazzo di svegliarmi con i postumi. Non per la nausea, ma per i ricordi incerti. Ripensando a ieri sera mi si stringe lo stomaco; l'ultima cosa che mi ricordo è di aver visto Juliet a pranzo con un altro e di essere tornato incazzato a casa.

Perché non le sono andato a parlare direttamente? Perché scappi dai tuoi problemi, hai sempre fatto. Non ho voglia, né tempo per ascoltare la mia coscienza.

Mi alzo in piedi per uscire dalla mia stanza, non mi curo del fatto che sto solo in boxer.

Faccio qualche passo solo per farmi tornare a mente le parole di Juliet: Non tutti sono dei maiali come te. Posso solo immaginare le parole velenose che le ho scagliato contro, ma ripetere quella frase nella mia mente mi colma il petto di vergogna.

Mi sfrego le mani sul viso per essere più lucido.

Avrei lezione oggi, ma non ne ho proprio voglia. Parlerò al professore del libro un altro giorno. Faccio una smorfia nauseata non appena entro in cucina e mi riempio un bicchiere d'acqua.

"Porca puttana..." L'idea di dover passare il pomeriggio con Kevin mi fa aumentare la nausea.

Chiudo gli occhi e porto il capo indietro, per sopportare il mal di testa.

"Ma che bel risveglio", sento la voce di Amy non appena entra in cucina.

Sta indossando solo l'intimo, ma di certo non mi inviterà questo a guardarla. Si riempie un bicchiere d'acqua a sua volta.

Richiudo gli occhi per sospirare. "Hai iniziato a scopare con Nate, immagino."

"Immagini bene. Sei geloso?" Non voglio neanche rispondere alla sua domanda, è già abbastanza irritate vederla di mattina.

Prendo un altro sorso d'acqua, mentre lei si siede al bancone a gambe divaricate. Troppo divaricate. "Cosa stai facendo?", le chiedo annoiato. Juliet mi avrò chiamato?

Fa spallucce. "Non lo so. Secondo te cosa sto facendo?"

Si morde il labbro, ma la cosa sta diventando al quanto ridicola.

"Amy, smettila", la supplico, prima di voltarmi verso la porta e dirigermi verso dove sono tornato. Penso di dormire per le prossime ore. Dovrei chiamare Juliet?

Ma Amy mi si piazza davanti, barrandomi la strada. "Perché non mi vuoi?", mi domanda delusa, ma inizio a stancarmi di essere gentile.

"Perché sono fottutamente innamora-"

"Di quella Juliet? Quella?", domanda con un ché di disgustato. Mi devo controllare per non diventare aggressivo. "Dà l'aria di essere una suora."

"Bè, non lo è", controbatto a denti stretti. Dio, se non lo è...

Amy sbuffa prima di posare la mano sui miei boxer. Devo strozzare un gemito, ma più per il fastidio che per il piacere.

"Lei ti sa prendere così?", mi chiede, tentando di sedurmi. Stringe delicatamente la presa, ma resto a denti stretti a guardarla.

Prendo un respiro profondo, per non urlare. "Amy, ricordati che le molestie sono da parte di entrambi i sessi. Togli quella-"

"Oh cazzo!", esclama Nate non appena ci vede in corridoio. Amy toglie la mano, ma so benissimo che impressione stavamo dando.

"Che cazzo ti guardi?", gli domando irritato. Spero solo non si faccia la strana idea di raccontare qualche bugia a Juliet.

Nate sogghigna. Ha l'aria compiaciuta. "Oh, scusate. Non volevo interrompervi sul punto di scopare-"

"Non stavamo per scopare e lo sai bene", controbatto a pugni stretti, ma Amy resta zitta. So che vuole che si pensi il contrario.

Alzo gli occhi al cielo per tornare in camera. Quando mi chiudo la porta alle spalle devo sbuffare. Mi ripasso nella mente tutti i fottuti motivi per cui ho deciso di dividere un appartamento con loro, ma adesso che ci penso non c'è nulla che mi venga in mente.

Mi metto a sedere sul letto, mentre fisso il telefono sul comodino. Dovrei bloccare il numero di mio padre, ma perché non lo faccio? So quanto lo deve fare arrabbiare il fatto che non gli sto rispondendo. È sempre stato il fottuto sociopatico, maniaco del controllo di sempre. E i lividi che mi ha sempre lasciato sul viso ne sono la prova.

Di colpo il telefono riprende a suonare. Lo alzo in speranza che si tratti di Juliet, ma mi sento appesantire quando leggo il nome di mia zia.

Rispondo alla chiamata con poca lucidità: "Jane?"

"Aiden! Dimmi che Joe sta da te!", la sento esclamare con un ché di terrorizzato nella voce.

Salto in piedi allarmato. "No. Perché? È successo qualcosa?"

"Non è tornato stanotte. Ha detto che sarebbe uscito, ma non è più tornato. Aiden..." Le si spezza la voce, è chiaramente in preda al panico. Ci mancava solo Joe...

"Non è più tornato a casa?", le chiedo mentre leggo l'ora sul mio orologio da polso.

"No. Ho provato a chiamarlo, ma non mi risponde alle chiamate o ai messaggi."

"Hai idea di dove possa essere andato?" Che domanda stupida. Non fa altro che raccontarle bugie da tutta l'estate.

Jane singhiozza. "No. Tu- tu potresti- saperlo?"

Respiro tra i denti con forza. Avrei qualche idea e non intendo lasciare mio cugino in difficoltà.

"Tranquilla, Jane. Lo vado a prendere. Tu non ti preoccupare", l'assicuro, mentre afferro dei pantaloni dalla mia sedia.

Kevin può pure aspettare. So che Joe è in dei guai seri; è un adolescente problematico, ma non abbastanza incosciente per non tornare a casa. Se trovo i suoi amici li ammazzo uno a uno...

"Grazie, Aiden. Ti prego chiamami non appena hai sue notizie", mi supplica mia zia a mezza voce.

Le rispondo con un: "Certo", e lei attacca.

Conosco mia zia. Probabilmente adesso si scaraventerà su una bottiglia di vino e quando Joe, tornando a casa, la vedrà si incazzerà. Odia quando sua madre beve. Odia tutto ultimamente.

Mi vesto col fiato corto, prima di prendere le chiavi della macchina dalla scrivania e incamminarmi verso l'uscita di casa. Sento Kevin chiamarmi con la voce assonnata, ma gli urlo soltanto che non posso stare con lui oggi, per uscire.

È sconvolgente provare quello che provavano i miei fratelli quando una volta facevo lo stesso di Joe.

Anarchia 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora