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La mattina seguente mi sveglio con un brontolio alla pancia, quasi doloroso. Alzo la testa dal cuscino solo per trovare Aiden seduto sulla sedia della mia scrivania, mentre sfoglia uno dei miei libri di filosofia.

Alcune delle sue ciocche gli cadono delicatamente sulla fronte e ha le labbra socchiuse, come fa sempre quando si concentra su quello che legge.

Mi metto a sedere per guardarlo con gli occhi assonnati. "Cosa stai leggendo?", gli domando sbadigliando.

Quando mi sente, fa spallucce e posa il libro sulla scrivania. "Platone. È più interessante di quanto facciano pensare al liceo."

"Ti interessa?" Lo guardo con un sopracciglio alzato e lui fa spallucce. Nella sua lingua significa 'sì'.

Sbadiglio di nuovo per mettermi in piedi e stiracchiarmi. "Allora potremo studiare insieme."

Aiden ridacchia, ma quando si mette in piedi davanti a me annuisce. "Certo, amore", sussurra per darmi un bacio a stampo, per il buongiorno.

Prende le chiavi della sua macchina dalla tasca dei pantaloni e io lo guardo confusa. "Stai andando da qualche parte?"

"No. Noi stiamo andando da qualche parte", precisa con un sorriso a trentadue denti. Non posso nascondere di essere preoccupata.

Ogni volta che è così entusiasta senza dirmi il motivo sta per fare qualcosa di imprevedibile. Incrocio le braccia e lui imita la mia posizione.

"E dove sarebbe questo posto?"

Sospira. "Non posso dirtelo, ma portati un ricambio perché dormiremo fuori per il weekend."

Dormiremo fuori? Fuori dove? Fuori da Londra? So che porgli domande su questo luogo sarebbe inutile. Lo guardo sconcertata, ma lui si morde il labbro per strozzare un sorriso.

"Io mi fido di te Aiden, ma se ci fai finire nei guai ti faccio male."

Lui oscilla sui talloni impaziente. "Ti fai troppi problemi, amore. Dai, sbrigati o avremo meno tempo per goderci il weekend!"

"Va bene, va bene!", esclamo sconvolta per voltarmi verso il mio armadio e scegliere cosa portare.

Aiden torna a leggere il mio libro di filosofia fino a quando non chiudo il mio zaino con il necessario per il weekend e gli dico di andare. Mi prende la borsa dalle mani e ci incamminiamo con passo svelto verso la sua macchina.

Si può sentire l'entusiasmo di entrambi nell'aria. Non abbiamo mai passato il weekend noi due da soli; siamo sempre dovuti stare a casa di qualcuno oppure siamo sempre stati interrotti. Ma questa volta è diverso. Perché siamo solo lui ed io, e nessun altro.

È tutto così strano, ma di uno strano piacevole. È come se non ci fossimo mai divisi. Salutiamo con un abbraccio Chad, il quale sta passando per il dormitorio per andare a prendere Katie, e saliamo in macchina per partire.

Il tragitto dura più di un'ora, ma non mi dispiace. Abbiamo abbassato i finestrini e ascoltato contro il vento canzoni senza sosta. Abbiamo deciso di sceglierne una a testa, anche se alla fine ci sono andate bene tutte quelle che sceglieva l'altro.

Aiden si è accorto che non abbiamo una nostra canzone e quindi ha proposto di scegliere "For your precious love" di Otis Redding, ma ci siamo accorti entrambi che è una canzone fin troppo tranquilla per rappresentarci.

Abbiamo ascoltato alcune canzoni, fino a quando non ci siamo soffermate su una di Solomon Burke: Cry to me.

Ci è bastato uno sguardo per intendere che è quella giusta. Non so cosa è stato, ma non appena è partita abbiamo subito iniziato a tamburellare sul cruscotto al ritmo alla musica e Aiden ha persino cantato per una frazione di due secondi. Sono stati i due secondi più belli della mia vita.

Arriviamo in un paesino e Aiden scende due secondi per prenotare una stanza in un hotel. Ho l'occasione di guardarmi intorno e noto che è una piccola cittadina; le case sono tutte uguali e da qui si possono vedere i campi. Ma non mi dispiace. In questo modo Aiden ed io possiamo stare isolati dal mondo.

Quando torna alla macchina ripartiamo, ma si ferma dopo cinque minuti, parcheggiando accanto a dei campi. Scende e io faccio lo stesso incuriosita.

"Non ti credevo tipo da andare in paesini sperduti tra i campi", ammetto, mentre si guarda con soddisfazione intorno.

"Non lo sono."

"Però per non esserlo mi sembri al quanto a tuo agio", ridacchio. Indossa i suoi occhiali da sole neri e chiuda la macchina. "Hai proprio l'aria di un contadino."

Mi fulmina con lo sguardo. "Un bel contadino però."

"Un bellissimo contadino, Aiden."

Mi prende per mano e insieme ci avviamo verso la cima della collina. Il vento è tiepido e il sole è caldo sulla nostra pelle. Per un attimo non sono sicura se non stia ancora dormendo.

D'altronde come avrei potuto pensare alcuni mesi fa, che il ragazzo scontroso e arrabbiato che a cena non rivolgeva la parola a nessuno, potesse un giorno prendermi per mano e disperdersi insieme a me?

"C'è un motivo preciso per cui sei voluto venire qui?", gli chiedo.

Socchiude gli occhi per respirare a fondo l'aria fresca. È vero che il sole bacia i belli.

"Bè... ad essere sinceri mia madre è cresciuta qui", ammette in imbarazzo.

Lo guardo ad occhi spalancati e lui sorride. "Davvero?"

"No per finta... Certo che è vero. Volevo giusto vedere com'è questo posto. Non ci sono mai stato."

"Mai?"

Lui scuote la testa e io mi sento sempre più onorata. Partecipare alle sue prime volte, quelle più personali, mi fa sentire importante.

Arriviamo in cima alla collina per guardare i campi verdi estendersi per chilometri sotto di noi. In lontananza punto con un dito su un gregge di pecore.

Chissà come deve essere stato per sua madre vivere in un paesino in mezzo alla campagna. Io ho sempre vissuto in grandi città e quindi l'idea di vivere in un posto come questo mi sembra così distante...

Ho uno di quegli impulsi; quelli di stendere le braccia e correre giù per questa collina, ma Aiden mi precede.

Aiden Houston, il ragazzo con mille problemi e complessi, corre urlando giù per la collina e si ferma a metà per aspettarmi. Imito la sua corsa con euforia.

"Attento!" Gli salto in braccio, ma lui riesce a prendermi, cinghiandomi in vita. Poco dopo però perde l'equilibrio e cadiamo entrambi sul prato.

Scoppiò a ridere, rotolandomi sul prato, e di conseguenza Aiden fa lo stesso, ma resta a guardarmi. I suoi occhi color smeraldo sono di una profondità disarmante.

Si poggia sul gomito per restare a poco dal mio viso. "Sei matta, Juliet Browne."

"Lo prenderò come un complimento."

Sospira. "Tu prendi tutto come un complimento."

"Meglio che prendere tutto come una critica."

Non so cosa sia, forse il vento che gli soffia i ciuffi o il prato fiori su cui siamo sdraiati, ma Aiden è ancora più bello del solito. Se è possibile.

È felice. Le fossette che gli si sono formate quando ha iniziato a sorridere ne sono la prova.

Incatena i suoi occhi ai miei. Verde nell'azzurro e azzurro nel verde. "Non vorrei essere qui con nessun altro, Ju. Non pensavo che ci sarei mai voluto venire in questo posto eppure eccoci qui."

Gli accarezzo la guancia con il dorso della mano. "Quindi ti piace? Stare qua intendo."

"Certo che mi piace. Ovunque con te mi piace."

Anarchia 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora