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Aiden prende tre porzioni di patatine fritte (due per lui e una per me). In pochi istanti ci vengono dati e dopo aver dibattuto per dieci minuti su dove sederci, se sulle scale o sul prato, io vinco.

Aiden alza gli occhi al cielo, ma mi raggiunge sul prato e lascia a terra i piatti con le patatine fritte per sedersi.

«Sei fortunata che oggi io sia di buon umore», mi informa prima di farmi cenno di sedermi tra le sue gambe.

«Lo so. Hai detto te prima che mi avresti viziato.»

Poggio la schiena al suo petto e lui mi circonda con le sue braccia per sospirare. «Questo è vero. Devo frenare la lingua.»

Mi poggio con i gomiti sulle sue ginocchia piegate. L'atmosfera è uguale a quella che c'era con Kyle, forse migliore.

Prendiamo la patatine da terra per iniziare a mangiarle, nessuno dei due le ha prese col ketchup. È bello sapere che nelle piccole cose siamo uguali.

«Per che ora dobbiamo essere da tua zia?», gli chiedo non appena addento una patatina.

«Alle sei. Mi ammazza se non arriviamo in tempo.» Ha già finito metà della sua porzione di patatine.

Punto lo sguardo sul traghetto che ci passa davanti. «È severa?», domando.

«No, ci tiene solo alla puntualità. È un suo strano complesso.»

«Abbiamo già qualcosa in comune.»

«Cavolo... Pensandoci è la copia di te. Spaventoso-»

Gli do un pugno sulla coscia, ma lui ridacchia.

Sono emozionata all'idea di conoscere la sorella di sua madre. Aiden non mi ha parlato molto di lei, e so che vuole solo evitare di parlarne, ma ho la sensazione che se lo facesse potrei avere una prospettiva migliore sul perché è così com'è.

Decidiamo di restare qui fino alle cinque e mezza per poter andare direttamente a casa di sua zia per la cena.

Aiden mi racconta di aver ripreso ad allenarsi nel pugilato in una palestra vicino all'università e di come il proprietario, essendo un vecchio amico della madre, gli permette di restare fino a quando vuole.

Proprio quando notiamo che il sole sta lentamente tramontando ci alziamo da terra per avviarci verso la sua macchina. Siamo rimasti seduti per così tanto tempo che devo massaggiarmi il fondo schiena e Aiden deve ridacchiare divertito.

«Non è divertente. Smettila.»

Gli do una spinta in manifesto, ma lui affonda le sue labbra sulle mie sorridendo. Alcuna della rabbia nel mio petto si allevia.

Si allontana per tracciare dei cerchi invisibili col pollice sulla mia guancia. «Un po' lo è.»

Sbuffo e entriamo in macchina. Perché è capace di farmi ridere e irritare allo stesso tempo?

Durante il tragitto verso casa di sua zia decido di chiedergli finalmente a riguardo dell'appartamento che divide con Nate; quest'ultimo lo nomina solo quando enumera i ragazzi con cui convive.

So che non dovrei avere motivo per farlo, ma evito di raccontargli del fatto che Nate ed io in primo liceo ci siamo fidanzati per quasi un anno. D'altronde non ho più sentimenti per lui, ma è Aiden che mi preoccupa...

Passiamo davanti al dormitorio e dopo tre minuti contati Aiden parcheggia davanti a un'edificio in mattoni.

«Wow, sono vicinissimi al mio dormitorio», commento strabiliata, mentre ci slacciamo.

Aiden annuisce soltanto, di colpo si è fatto più serio. Mi stanno venendo dei Déjà- vu, ma qualcosa mi dice che stavolta non c'entro.

Gli passo una mano tra i capelli per consolarlo. «Tutto bene?»

«Certo. Solo... sono contento che tu conosca mia zia.»

Abbozzo un sorriso. «Davvero?»

«Certo, Ju. Ah e non ti spaventare se mia zia sarà al quanto... espansiva. Ok?»

«Ok.»

Mi dà un bacio a stampo per poi scendere e io lo seguo. Aiden tamburella con le dita sulle sue cosce. Si blocca non appena fissa lo sguardo su un gruppo di sagome a appostato a poco dall'entrata dell'edificio.

«Ma che cazzo...», borbotta sconvolto prima di dirigercisi.

Resto immobile, non capendo cosa sta succedendo. Perché si sta avvicinando a quel gruppo? Tento di raggiungerlo per chiedergli cosa stia facendo, ma ormai ha raggiunto i ragazzi.

Lo vedo prendere una sigaretta dalle mani di un membro del gruppo per buttarla a terra con un'espressione irritata.

«Ma che cazzo fai?», gli ringhia il ragazzo.

«Aiden?», lo provo a chiamarlo a me, lui si volta prima di rivolgersi nuovamente verso il ragazzo con cui stava discutendo.

«Stai fumando davanti all'ingresso, deficiente», lo rimprovera arrabbiato, ma il ragazzo alza gli occhi al cielo.

«Che cazzo me ne dovrebbe fregare?»

«Non fare il bambino», sospira Aiden. Sono ancora confusa e vorrei solo salire.

«Fanculo.»

Sento ancora lo sguardo di alcuni dei ragazzi fissi sul mio vestito, così tento di abbassarmelo mentre aspetto che Aiden mi raggiunga. Finalmente quest'ultimo si volta e strattona il ragazzo con cui sta discutendo con sé.

«Che cazzo ti guardi?», ringhia a uno dei ragazzi che mi sta guardando, quest'ultimo si rabbuia.

Seguo Aiden verso l'ingresso dell'edificio, mentre il ragazzo tra le sue mani continua a ribellarsi senza risultati.

«Ju, questo è Joe. Joe, dì qualcosa di inappropriato e te ne faccio pentire», lo minaccia quando ci fermiamo davanti alla porta e lui suona al citofono.

Socchiudo le labbra per guardare Joe sorpresa. Adesso si spiega tutto.

«Piacere», mormora, prima di stringermi la mano.

«Piacere.»

Il portone si apre, ma Aiden blocca Joe puntandogli serio un dito contro. «Appena entriamo in casa vai a lavarti che puzzi di sigaretta.»

Joe alza gli occhi al cielo. «Come no.»

«Vuoi che tua madre sappia che hai fumato davanti a casa sua?»

«Tanto lo sa già. E poi non puoi farmi la predica. Tu facevi di peggio alla mia età», contraddice a denti stretti.

Continuo a restare muta, mentre Aiden si zittisce rassegnato. Non l'ho mai visto nei panni del cugino responsabile.

Joe lo supera per salire e lui resta in silenzio a guardarlo a denti stretti. Devo ammettere che sono simili: stessi capelli scuri. Stessi problemi di rabbia.

Anarchia 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora