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Il resto della cena passa meglio di quanto mi sarei aspettata; Gabriel ha deciso di non nominare più il padre e ne gliene siamo tutti evidentemente grati. Conoscendolo, è probabilmente troppo innocuo per interrogare il fratello al riguardo.

Sabrina ci racconta per gran parte della cena della sua esperienza all'università in America, mentre cerca di confrontare la nostra alla sua.

Aiden ed io ci scambiamo un'occhiata come per dire "la nostra è sicuramente meglio", ma ci limitiamo ad annuire e sghignazzare in silenzio.

Alla fine della cena usciamo tutti con una pancia piena e un sorriso appagato.

"Penso di non riuscire a camminare", sbotta Sabrina, mentre si tiene con una smorfia la pancia.

"Davvero?", le domando preoccupata.

"Nono, tranquilla. Sto solo avendo una prospettiva sulla gravidanza", ridacchia.

Aiden mi prende sotto braccio per guardarla perplessa. "Una prospettiva su... cosa?"

"Dio, Aiden, prendi tutto troppo sul serio. Stavo scherzando."

"Cazzo, che colpo." Si porta una mano al cuore e io scoppio a ridere.

Poco dopo Sabrina e Gabriel entrano in un taxi per tornare all'hotel in cui alloggiano entrambi, mentre Aiden ed io ci avviamo mano nella mano verso la macchina parcheggiata a qualche isolato da noi.

Quando entrambi mi posa subito la mano sulla coscia per chiamarmi a sé. "Sei stanca?", mi domanda con una luce nei suoi occhi.

Non esito a rispondere un: "No. Perché?"

Fa spallucce per giocare con le dita delle mie mani. "Non so. Ti andrebbe di uscire? Ho trovato un locale che potrebbe piacerci."

"Va bene. Che locale è?", gli chiedo incuriosita prima che metta in moto l'auto.

"Un locale qui vicino. Fatti sorprendere."

"Mi faccio sempre sorprendere da te, Aiden..."

"E allora non c'è motivo per cui tu debba smettere adesso." Ghigna compiaciuto mentre sterza. "Dai, ho voglia di andare a ballare."

"A ballare?" Non ho voglia di andare in discoteca, ma il modo in cui Aiden mi accarezza la guancia con le dita mi tranquillizza. "Va bene..."

Sono fiera sia di lui che si me; Aiden è riuscito a superare il suo orgoglio e finalmente inizia ad essere più aperto, mentre io penso di essere diventata più responsabile e matura in questi pochi mesi.

Quando parcheggiamo Aiden mi prende per mano e mi fa strada verso il locale dall'altra parte della strada. Continua a sorridere il ché significa che è certo che mi piacerà. 

All'entrata non ci sono buttafuori, il ché mi tranquillizza perché significa che non si tratta di una discoteca. Aiden mi fa strada per il locale; è illuminato da luci deboli e ci sono numerosi tavoli rotondi appostati intorno a un palco. L'atmosfera è serena, i posti a sedere sono quasi pieno.

Raggiungiamo un tavolo a sinistra del palco e Aiden mi fa sedere a uno dei tavolini rotondi, per poi sedersi accanto a me. Lo guardo in attesa che mi spieghi ma mi prende solo per mano, per guardarsi intorno.

"Che posto è questo?", gli domando.

Aggrotta le sopracciglia con un ché di divertito. "Come? Non hai capito? Ju..."

"Cosa? Sono confusa", borbotta, rivolgendomi al palco, ma ancora non capisco. Noto solo adesso il pianoforte a coda e delle aste per microfoni appostatici sopra. Elaboro il tutto per degli istanti, prima di voltarmi verso Aiden con un sorriso.

"Hai capito?"

"Penso... Per caso hai prenotato il tavolo?", gli chiedo. La cameriera ci chiede l'ordine e si allontana subito dopo che glielo abbiamo dato.

Aiden mi bacia il retro della mano con cura. "Sì, che l'ho prenotato. Perché?"

"Quindi sapevi già che avrei accettato?"

Un sorriso a trentadue denti si espande sul suo viso. "Che dire, amore, ti conosco ormai troppo bene."

"Sei incredibile", sussurro sbalordita, ma lui resta ugualmente soddisfatto.

Quando la luci sparse per il locale si spengono e i riflettori sul palco si accendono, si zittiscono tutti. Aiden ed io ci scambiamo un ultimo sguardo rima di voltarci verso il palco, la sua mano ancora stretta intorno alla mia.

I musicisti si appostato subito alla loro postazione e senza aggiungere nulla iniziano a suonare una melodia armonica. Rivolgo a Aiden un'espressione come per dire: Lo sapevo. Mi ha portato in un locale jazz e non so cosa dire.

Non so come sia davvero riuscito a prevedere che saremmo venuti qui dopo la cena con i suoi fratelli: in genere dopo queste sono stanca e voglio andare a letto, eppure ha prenotato il tavolo comunque. Per me.

Non riesco a smettere di sorridere mentre osservo il sassofonista esibirsi. Mi ricorda moltissimo Kendall; una volta in quarta elementare ha provato a suonare il sassofono, ma al contrario di quest'uomo aveva prodotto un suono orribile ed era diventata paonazza.

Aiden si avvicina al mio orecchio per sussurrarmi un: "Ti piace?"

"Moltissimo. Come l'hai trovato questo locale'", gli domando a mia volta. Si avvicina a me con la sedia in modo da potermi parlare meglio.

Restiamo con lo sguardo puntato sul palco mentre mi risponde nell'orecchio: "Me l'ha consigliato mia zia. A quanto pare ci veniva mio nonno qui."

"Tuo nonno?"

Fa spallucce. "A quanto pare. È assurdo che siamo qui da qualche mese e non l'avevamo ancora scoperto, vero?"

"Vero."

Qualcuno nel retro ci ordina di zittirci e Aiden si volta per fulminarli con lo sguardo, ma poi continuiamo ad ascoltare in silenzio. Non so come descrivere le farfalle nel mio stomaco; mi piace ascoltare jazz live, ma anche sentirmi così matura in mezzo a queste persone.

A metà dell'esibizione sento il mio telefono vibrare nella borsa. Lo prendo in mano con l'intento di spegnerlo, ma il mio sguardo cade sul messaggio da parte di mia madre: >Domani veniamo a Londra papà ed io. Andiamo a cena?<

Ah. Sono al quanto sorpresa da questo messaggio, ma lo faccio subito leggere ad Aiden. Quest'ultimo sorvola le due righe con serietà per poi guardarmi confuso. Faccio spallucce a mia volta e lui mi fa cenno con la mano di parlarne più tardi.

Accetto e rimetto il telefono in tasca. Non sono dispiaciuta che vengano a Londra, certo, vedere mio padre mi inquieta, ma voglio sempre bene ad entrambi. Allo stesso tempo però so per certo che dovrò parlargli di Aiden, ma spero che capiscano che se ho perdonato mio padre posso farlo pure con lui.

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