Erano state loro a trovarlo. Zadra rincorreva Lena nel tentativo di centrare uno dei bersagli del percorso. C'era riuscita per tutti, ma l'ultimo le era sfuggito e la freccia si era conficcata oltre l'abete andando a piantarsi a terra.
Lena corse a recuperarla e le parve di dover camminare per ore, fino a che non la vide spuntare dal terreno. La freccia non fu l'unica cosa che scovò.
«Stai indietro, bambina!» urlò Lena alla compagnetta.
Erano state educate a pensare da amazzoni: ognuna doveva occuparsi della più giovane del gruppo a costo della vita.
Zadra si sedette a terra imbronciata e iniziò a tendere l'archetto fingendo di colpire gli alberi che ancora le mancavano.
Lena si trascinò impaurita verso ciò che aveva notato vicino alla freccia conficcata a terra.
Una bestia ansimava prona. La schiena si alzava e si abbassava ritmicamente, spezzata da latrati sordi e bassi. Coperta di fango e sabbia nera, agonizzava nella terra fangosa e scuoteva il capo trattenuto da un'acconciatura inconfondibile. Il viso sprofondava nel fango e il ghigno che produceva impensierì persino Zadra che smise di giocare con l'archetto. La bambina fece qualche passo verso Lena.
«Resta lì!» sussurrò la più grande, perentoria.
Un artiglio si levò da terra e arpionò il corpicino di Lena.
La giovane amazzone si sentì afferrare dalla mano fredda, poi vide il volto della fiera rivolgersi a lei. Tra i denti bianchissimi c'era terra, poiché l'essere era rimasto prono come volesse ingoiare terra fin giù nel regno del divino fuoco.
Cristen guaì come una bestia feroce, continuando ad annaspare nel terreno umido e cercando di inibire il forte dolore che gli percorreva l'inguine.
Lena strabuzzò gli occhi, tenne con forza l'impugnatura dello spadino di cui era sempre munita e lo conficcò nel polso della bestia.
Il re dei vichinghi guaì contorcendosi nel mantello di pelliccia e richiudendosi su sé stesso come fosse una foglia secca: vibrava di dolore.
Lena scappò: prese in braccio Zadra cercando di sostenerne il peso, troppo per una ragazza di appena dodici anni. Niente l'avrebbe fermata, per le due iarde che la dividevano dalla riserva. Almeno fino a quando non intravide, lungo il sentiero, la figura rassicurante di Morrigan che le correva incontro.
«Zadra!» gridò Morrigan in preda al panico.
Quando le vide arrivare, Morrigan credette di essere la creatura più fortunata di ogni regno. Strinse a sé Zadra con disperazione, mentre attendeva che Lena riprendesse fiato. Poi abbracciò anche lei.
La giovane amazzone indicò un punto indefinito nella boscaglia piegandosi in due con le mani sulle ginocchia e tentando di respirare profondamente.
«Mi ha attaccato! È di sicuro ferito!» ansimò tremando.
Morrigan strinse forte le palpebre. «Ora porta Zadra al campo, sali nella tana alta e rimanici» le ordinò. Poi la guardò portare via la piccola e si assicurò con lo sguardo che fossero giunte a destinazione.
Infine, si voltò e prese a camminare con calma, ma decisa, verso il luogo dell'agguato.
Ecco cosa vide quando vi giunse.
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L'amazzone e il vichingo
Fantasy"Morrigan capì le loro intenzioni solo quando il re si avvicinò a lei, le prese la spalla, le strappò via la manica e le racchiuse il bicipite dentro un anello dorato. Si dimenò, tentò di scostarsi, ma erano in due a tenerla ferma e, ben presto, il...