Condanna

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«La Nebbia si ritira, signore!» annunciò uno dei soldati accorsi lì.

«Le Venti amazzoni scappano dall'Abbazia, ma abbiamo preso alcune bambine!»

Morrigan cacciò un urlo acuto e si dimenò ferendosi.

«Menti!» Era incredula.

«I vichinghi non mentono mai...» spiegò a bassa voce Cristen.

«A differenza di voi sgualdrine...» aggiunse passandosi le mani una sull'altra e spalmandosi il sangue delle ferite sulle dita.

«La Nebbia ti abbandona, Morrigan, e tu resterai in vita. Dovresti gioirne, ma tu non lo farai perché obnubilata dal tuo istinto di protezione nei confronti della Valle.»

A quel punto iniziò a slacciarsi le armi pesanti e le polsiere: si avvicinò a lei. Se prima aveva dimostrato ira, ora era perfettamente controllato e profondeva aridità di cuore e freddezza di spirito.

«Per te la vita in schiavitù è peggio della morte. È per questo che hai vincolato la vittoria degli Scuri alla tua esistenza, ma ti sei affidata a un nemico dalla potenza incerta. Gli Scuri hanno armi letali, ma sono privi della costanza necessaria alla vittoria.»

Il re, che aveva studiato la Nebbia giorno e notte, e su di essa aveva misurato ogni combattimento in tutti i regni, sapeva molto di più lui rispetto all'istintiva sorella maggiore delle amazzoni, la quale si era fidata ciecamente degli Scuri e del loro retaggio.

«Ti condanno, Morrigan dell'Abbazia.» E il re con mano ferma e sporca di sangue le prese tra le dita il volto macchiandole le labbra di rosso vivo.

L'amazzone, immobilizzata tra due vichinghi, non poteva muoversi, né tapparsi le orecchie e respingerlo. Aveva avuto un'occasione e l'aveva sprecata.

Il re le strinse le dita sulle guance mentre il palmo accoglieva il mento di lei, tremante di rabbia e delusione. Glielo alzò fiero e si lanciò sulla bocca.

Non la baciò nel vero senso della parola, non avrebbe mai potuto. Ricambiò quel gesto di sfregio che lei gli aveva riservato mesi prima, quando nel fiume era riuscita a sfuggirgli.

Morrigan avvertì il fiato caldo sulla guancia, l'odore ferrigno del suo sangue che sgorgava dal palmo ferito.

Lui aprì la bocca e le morse le labbra poco prima di staccarsi e lasciare su di lei della saliva fresca che sapeva di sangue.

«Ti condanno a guardare la fine della Valle, la prigionia delle tue sorelle e l'avanzata verso l'Oltreconfine. Vedrai tutto questo non come mia moglie, né come mia regina» disse, passandosi una mano sulla bocca e pulendosi dal bacio che le aveva strappato. «Aspetterò che ti giunga il dono della Nebbia, dopodiché deciderò il peggiore destino per te e per la tua razza» concluse Cristen, poggiandole una mano sulle palpebre e chiudendogliele a forza. 

L'amazzone e il vichingoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora