Il mio nome

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L'amazzone, dunque, sostava in piedi, con la tunica di seta chiara indosso e il nastro d'oro tra i capelli a formare il nodo. Lei sarebbe divenuta la regina, perciò il suo nastro non era di maglia di rame, come lo era stato per altre donne, bensì di filato d'oro.

Il vichingo armeggiò con il fuoco, poi lo spense. La tenda si rabbuiò tutta e i due rimasero alla luce di una candela posizionata da qualche parte vicino al giaciglio di lui.

Era spaziosa, la tenda reale. Privo di lussi, l'arredo comprendeva solamente un giaciglio di cuscini sopra assi di legno che servivano per isolare, anche se di poco, il letto dalla terra dura e fredda. Al fondo si ergeva il modesto scranno reale di legno e anche qualche rozza sedia.

Il vichingo tornò da lei, la scrutò circospetto e le fece tre giri attorno, quasi fosse un animale che odora la preda. «Sai il mio nome, amazzone?» domandò.

Morrigan lo sapeva bene, perché Bethesda più e più volte l'aveva nominato. Il pensiero di lei, della povera sorella maggiore, e della sporca bugia che lui le aveva rifilato, la fecero arrossire di rabbia. No, Bethesda non si era gettata dalla rupe dell'Abbazia Alta. Se Morrigan avesse dato ascolto alla parte di sé che se ne stava convincendo, sarebbe impazzita.

«So il tuo nome, cane» disse rabbiosa. «Cristen, il re» aggiunse.

Lui annuì con un sorriso sghembo e si fermò innanzi a lei. «Dovrai dirmi il tuo, sorella maggiore delle amazzoni.» Avvertì la frustrazione per la sconfitta, la rabbia per la perdita della regina e sorella maggiore, il desiderio di fuggire dai conquistatori. Per una frazione di secondo rammentò Bethesda mentre, con occhi spenti e la mortificazione del cuore, si lasciava semplicemente cadere giù dalle merlature dell'Abbazia, oltre il dirupo. Era sicuro d'aver udito anche lo schianto sulla roccia. Si sentì stringere il gozzo e provò compassione per la ragazza che aveva di fronte, pronta a prendere il posto della regina. Sembrava non avesse timore: di sicuro non dimostrava d'aver paura.

«Il mio nome è Morrigan, e qualsiasi cosa tu farai di me io sarò sempre un'amazzone.»

«Morrigan konigten vik» disse lui.

Lei non comprese.

Cristen, dunque, tornò ad armeggiare all'interno delle cassapanche e ne trasse un arnese che emetteva un inquietante clangore. Tornò da lei, le lanciò uno sguardo di sfida, che forse conteneva anche una certa dose di malizia, e strinse meglio le catene tra le mani. Poi si fece talmente vicino al suo volto che Morrigan poté udirne il respiro freddo e frettoloso. Si abbassò, si inginocchiò, quasi. Le sollevò la veste candida.

Lei temette che l'avrebbe scoperta fino alla vita, ma così non fece. Le afferrò il piede destro, mosse la catena e la chiuse attorno alla caviglia. Poi si alzò e gettò la chiave lontano, nei pressi dell'uscita. Chiuse l'altra estremità a un palo della tenda, dopodiché si allontanò per sdraiarsi sul giaciglio e coprirsi.

«Il fuoco...» sussurrò lei senza sapere se fargli una domanda o se urlargli contro un improperio.

Cristen sprofondò nelle coltri. «Il fuoco di notte va spento» disse. Dopodiché le fece cenno di avvicinarsi.

«Non sarò tua stanotte, né mai» disse lei con fervore. Ma deglutì una volta di troppo, e fu chiaro che cercava di dominarsi.

«Lo sei per diritto di conquista, che tu possa diventare mia anche nella notte è solo questione di tempo. In ogni caso, non puoi dormire lì, amazzone. Presto farà molto freddo, più di altre notti.» Non sembrava irriderla, non era sarcastico e a Morrigan pareva preoccupato. «Vieni...» e le mostrò un rifugio sotto le pellicce e tra i cuscini.

Ma Morr indietreggiò risoluta e la catena al piede tintinnò. «Se corressi via veloce, la tenda cadrebbe e tu potresti rimanere ucciso sotto il peso delle assi» disse con arguzia.

Cristen si passò una mano sul viso stanco. La battaglia l'aveva sfinito e il solo pensiero di dover lottare ancora, solo per averla nel suo letto, lo rabbuiò. «Non lo stai facendo, però.» Gli occhi azzurri come le acque dell'Aril saettarono su di lei e la ammonirono silenziosamente. «Non ho mai fatto un nodo prima di stasera...» le spiegò il re esitante drizzandosi a sedere.

Capì che Morrigan non afferrava il concetto.

«Il che vuol dire...» proseguì stancamente, «che non sono mai stato con una donna. Non ho intenzione di iniziare questa sera, nonostante tu sia ora ufficialmente mia moglie.» Gonfiò il petto e si rilassò.

Morriganrimase stupefatta da una tale confessione. Non poteva credere che quell'uomo,grande e grosso, fiero e invincibile, conquistatore dei boschi e delle valli,non avesse mai avuto una donna. Fu colpita dal suo discorso e iniziò a starmale solo dopo, quando ricordò Bethesda. 

L'amazzone e il vichingoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora