«La Nebbia ti chiama? È solo un ricordo, quello» spiegò, indicando il fumo definito che poco prima l’aveva avviluppata.
Il bracciale tornò freddo.
Morrigan rabbrividì. Cosa sapeva Cristen riguardo la Nebbia? Possibile che…?
«Morrigan dell’Abbazia» pronunciò lui, riprendendo con agilità una delle grucce che usava per camminare. «Perché sei qui?»
L’amazzone si alzò barcollando.
«Come sei arrivata?»
«Si tratta di Amarantha, tre giorni fa… All’Abbazia…» sussurrò lei.
«Sei venuta a piedi dall’Abbazia?»
«Sì! Ma non è questo il punto…»
«Vieni con me, hai bisogno di bere.» Poi fece cadere la gruccia e zoppicando le afferrò l’avambraccio.
Era ferito, lento, ma Morrigan non si sarebbe potuta sottrarre ad una presa così decisa.
Cristen la precedette nella sua stanza, poco distante dalla grande sala, dove l’acqua scorreva copiosa dalle pareti per riempire la conca per le abluzioni.
«Siediti» le ordinò e andò a riempire una brocca.
Morrigan si sistemò a terra su dei cuscini.
Il re le porse un calice e lei bevette.
«Dall’Abbazia, a piedi… Devi essere pazza, Morrigan» disse voltandole le spalle e iniziando a vagare con difficoltà per la stanza. Era ammantato della veste tipica dei vichinghi, con le polsiere marroni di cuoio, la spada alla cintola, i calzari robusti.
Si voltò a guardare l’amazzone che sedeva con il capo chino e il volto scavato dalla fatica.
«Dovresti dormire» suggerì, indicando il letto sopra la roccia nera al centro della stanza.
«Non ho tempo per dormire!»
«Come immaginavo, non sei qui per me. Sai, sono tornato da poco, mi ero promesso di venirti a cercare, dopo ciò che hai fatto per me. Ma ho voluto rispettare il tuo volere, qualsiasi esso fosse…» spiegò, studiandola.
«E di questo non posso che ringraziarti.»
«Perché sei qui?» ripetè.
«Amarantha ha rapito Zadra, la più piccola tra noi, la più vulnerabile.»
L’amazzone sembrava sul punto di piangere.
«Sono qui perché mi serve il tuo aiuto, vichingo.»
Il re aggrottò la fronte. «Ti deve costare molto caro rivolgerti a me…»
«Dimentichi che hai un debito nei miei confronti» continuò lei.
«Già…»
«Vichingo…»
«Chiamami per nome, Morrigan.»
Lei tacque.
«Non evitare di nominarmi solo per tenermi lontano» spiegò lui dimostrando grande intuito.
«Cristen, aiutami a trovare Zadra.»
«Non vedo come potrei» ribatté lui, incrociando le braccia muscolose una sull’altra.
«Devo trovare la bambina…» disse, e ora non poté più trattenersi. Si alzò e nervosamente iniziò a camminare per la stanza.
«Dunque, Amarantha si è vendicata perché tu mi hai salvato?»
«Non… No…» continuò lei.
«E perché, allora, avrebbe fatto una cosa del genere?» chiese. «Inoltre, perché mai sei fuggita dalla riserva? Non ti ho trovata quando sono venuto a riportare Amarantha…»
«Questo non ha alcuna importanza.»
«Tu vuoi aiuto, amazzone. Così facendo non lo otterrai.»
Morrigan lo squadrò e ricacciò indietro i propri impulsi. «Dopo averti salvato ho preso Zadra e sono fuggita, sapevo che Amy sarebbe venuta da me, o che tu saresti stato tanto magnanimo da riportarla da noi.»
«Hai intuito, amazzone…» la canzonò lui. Si avvicinò. Non la toccava, eppure per Morrigan era come essere tra le sue mani, come se lui l’avesse presa tra le braccia e la stesse scrollando.
«Parlami, Morrigan! Perché sei qui?» Con lentezza allungò l’indice e le sfiorò il mento.
«Devo trovare Zadra, te l’ho detto!» ripeté lei scansandosi.
«Morrigan!»
«Non capisci! Non capisci!» continuò lei in preda al panico.
Cristen le afferrò le spalle. «Morrigan, guardami.»
L’amazzone si sciolse in lacrime, in singulti soffocati dalla rabbia.
«Ti aiuterò, se è questo che vuoi!» le disse. Tremava tutta, anche i capelli attorno al viso iniziavano a vibrare.
Lei gli si avventò contro e lo urtò liberandosi dalla sua presa. Si voltò coprendosi con le mani il volto e il pianto si fece doloroso e sempre più sommesso.
Cristen si immobilizzò e rimase dietro di lei.
L’amazzone cercò di riprendere il controllo e con sforzo si voltò. «Ricordi la Nebbia, vichingo?» gli chiese, asciugandosi l’ultima lacrima e assumendo un’aria distaccata. «Rimembri il dono della Nebbia? Quello che avrei dovuto ricevere come compensazione per la sconfitta degli Scuri per mano tua?»
Cristen non rispose.
«Stringendo un patto con la Nebbia, avrei potuto ottenere la vittoria contro di te e i tuoi uomini. In quel caso sarei morta, ma il mio regno avrebbe prosperato. Se invece la sconfitta fosse toccata alla Nebbia, io avrei ottenuto il dono, poiché gli Scuri erano periti e io non avrei avuto alcuna possibilità di salvare le amazzoni…» continuò lei, con sempre maggior ardore.
«Ebbene, il dono» disse, sfiorando il bracciale nero e mostrandoglielo «Il dono si è palesato, ma non come mi sarei aspettata!»
Cristen iniziò a respirare con molta fatica.
«Zadra è tua figlia» disse, con voce strozzata dalla rabbia. «Zadra è figlia mia e tua!» ripeté.
Il re, come fosse stato colpito da un fendente, perse l’equilibrio e barcollò. Dopo lunghi istanti rispose sottovoce e duramente: «Il mio seme, come quello dei vichinghi tutti, genera solo maschi.»
«Io ho partorito tua figlia, vichingo!»
Cristen si adombrò incapace di reagire.
«È il dono meschino della Nebbia! Una figlia femmina! Una bambina che potrebbe sovvertire le sorti del mondo!» recitò lei con foga.
Il re ammutolì incredulo. «Io non posso avere figli che non siano maschi…»
«Che tu sia dannato, vichingo!» continuò lei, con voce rotta dalle lacrime. «Che tu sia dannato!» e gli corse incontro prendendolo a pugni sul petto, colpendolo e strattonandolo.
Il re la guardava senza espressione.
Morrigan lo guardò con una debolezza che non aveva mai mostrato prima. Chiuse gli occhi e si aggrappò al suo collo, lo circondò con le braccia e iniziò a singhiozzare sommessamente.
Il re divenne come pietra nera del Tism. Le posò la mano sulla schiena e ricordò con amarezza quanto aveva desiderato di sentirla così vicina.
La allontanò.
«Il mio seme dà vita solo a figli maschi!» ripeté, come fosse uno di quei suoi uomini privi di spirito.
Poi si voltò e si affrettò a uscire dalla stanza.
Morrigan gli corse appresso.
«Dove credi di andare!» latrò, e lo prese per la camicia di lino che si sfilacciò tutta mentre tentava di fermarlo. «Ora mi aiuterai a trovarla!» sbraitò lei, digrignando i denti.
Il re si voltò gelido, le agguantò il braccio e la spinse indietro verso la parete liscia e lucida. Con due dita le trattenne collo e orecchie.
«Sei stata sin da subito la mia dannazione, Morrigan dell’Abbazia! Come posso crederti? Tu che provieni da una stirpe di mentitrici?»
«È la verità» rispose lei, con uno sguardo limpido.
«Se è come dici, la mia erede è stata cresciuta dalle amazzoni e ora si trova nelle mani di colei che ha tentato di uccidermi» sussurrò stringendole la guancia. «Come credi che potrei mai accettare una cosa del genere?» Era pallido, gli occhi spenti a causa di quella verità devastante che gli si palesava innanzi.
«È più facile per te credere che sia una menzogna. Non mi importa cosa pensi, vichingo, io riavrò la mia bambina.» Una lacrima sgorgò e scivolò lenta sul pollice di lui che le stringeva il volto.
«E sia» concluse, lasciandola.SPAZIO AUTRICE
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L'amazzone e il vichingo
Fantasy"Morrigan capì le loro intenzioni solo quando il re si avvicinò a lei, le prese la spalla, le strappò via la manica e le racchiuse il bicipite dentro un anello dorato. Si dimenò, tentò di scostarsi, ma erano in due a tenerla ferma e, ben presto, il...