Eterna dannazione

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Non riusciva a dormire. Più si rigirava e più avvertiva un senso di nausea. Si alzò e andò verso la porta della cella. Non respirava e si sentiva costretta mentre fuori il cielo era reso luminoso dalle fiammelle attorno al Tism.

Zadra dormiva bocconi accanto a lei e Morrigan si sarebbe arrischiata a lasciarla lì, poiché pareva non ci fosse nessun vichingo nei dintorni che l'avrebbe disturbata. In effetti, il Tism era davvero silenzioso.

La sorella maggiore non si sarebbe data pace fino a che non avesse preso una boccata d'aria. Spinse la porta di legno e ferro e si avviò nel corridoio alla ricerca dell'uscita verso i camminamenti esterni.

Una volta fuori prese un profondo respiro, voltando lo sguardo nella direzione dei fuochi che arrossavano l'atmosfera notturna.

Il fumo dei geyser velava il Tism e il rumore di qualche sferzata d'aria bollente rompeva il silenzio irreale attorno a lei. Morrigan trasalì. L'intera fortezza sembrava galleggiare sospesa nel vuoto, tanto era desolata la notte.

Morrigan odorò l'aria rarefatta dallo zolfo.

Se non fosse stata tanto malinconica, avrebbe ammesso di non essersi mai sentita così al sicuro come in quel momento. Negli ultimi quattro anni la crescente angoscia che la Fonte venisse scoperta l'aveva quasi divelta. Ora che il peggio era accaduto, all'agitazione si era avvicendata una nuova indefinibile emozione. Quasi un sollievo.

Udì un calpestio alle sue spalle. Una serie di pesanti passi si avvicinavano: qualcuno vagava lungo i camminamenti poco sopra.

Era lui, il re dei vichinghi.

Cristen si affacciò oltre le merlature poggiando i gomiti sul bordo della cinta muraria. Guardava l'orizzonte incapace di scorgervi alcunché di significativo.

Morrigan indietreggiò con cautela cercando di nascondersi, allo stesso tempo rimase affascinata da quel suo sguardo intenso.

Il re indossava una camicia di lino di poco slacciata con un cappuccio che gli ricadeva sulla schiena, le maniche erano risvoltate sull'avambraccio. Aveva i capelli umidi che gli ricadevano sul volto, una smorfia che sembrava di sofferenza gli tagliava il viso.

Chiuse gli occhi e rovesciò la testa all'indietro sconsolato.

L'attenzione di Morrigan si catalizzò inspiegabilmente su di lui e, quasi come se al contempo lo avesse chiamato a sé, notò che si voltava nella sua direzione. Si accorse di lei, o forse già sapeva di trovarla lì?

Morrigan cambiò punto di vista in fretta e si concentrò sul deserto circostante. Con somma agitazione, ma non volendolo di certo dimostrare, iniziò a camminare svelta.

Cristen fu da lei in un baleno. Camminò tranquillamente, seguendola, e infine le parlò sussurrando. «Morrigan dell'Abbazia... Le amazzoni ti riavranno presto, se è questo che non ti fa dormire...» disse con voce arrocchita dal desiderio.

L'amazzone si arrestò, prese fiato e si voltò poggiando una mano sulla merlatura aguzza del camminamento. «Amarantha... Dov'è?» chiese, d'istinto. La preoccupazione per le sorelle minori veniva sempre prima di qualsiasi altro pensiero.

«Dorme nel mio letto...» confermò lui, forse tentando di imbarazzarla. «Sta benissimo, se è questo che chiedi. L'unione è avvenuta, siamo già marito e moglie. La cerimonia del nodo ufficializzerà il patto tra nuovi e vecchi popoli. Domani, qui –e indicò il deserto sottostante che ribolliva di geyser – gli eserciti assisteranno...»

«Ebbene, partirò non appena sarà tutto finito» ribatté Morrigan deglutendo.

«Non devi vederla come una sconfitta. Ma come l'inizio...»

«L'inizio? È semplicemente la fine, la conclusione di ogni mio sforzo di far sopravvivere le amazzoni, le protettrici delle donne di questo mondo» inveì lei, ritrovando un poco dell'antico fervore che l'aveva animata tempo prima. «Ma ora basta, non ha senso tornare sull'argomento, tornerò da Zadra...» e così dicendo si voltò.

Il vichingo allungò il braccio e le prese la mano. Non c'era traccia di prevaricazione. Anzi, sembrò un gesto gentile.

«Morrigan, aspetta...»

Lei aggrottò la fronte, eppure non si ritrasse né reagì con violenza.

Il vichingo tentennò, poi le lasciò la mano e la guardò con un cipiglio nostalgico. «Devi saperlo: ti ho cercata nello sguardo nemico, ti ho rincorsa e trafitta con pugnali e lance. Ti ho intravista agonizzare e, a ogni battaglia, sei tornata per vendicarti di me. Sei una dannazione senza fine. Mille domande sulla tua sorte mi tormentavano e non ero capace di metterle a tacere. Ogni vittoria doveva aiutarmi a dimenticare e invece giacevi con me, laggiù, tra la terra nera dell'Oltreconfine o nelle ali dell'esercito della Nebbia. Eri sopravvissuta? Vivevi in tranquillità tra i popoli delle montagne o forse morivi per mano di qualche mio uomo, un vichingo che non ti aveva creduto e non aveva accettato il mio lasciapassare?» 

L'amazzone e il vichingoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora