Corteccia d'abete rosso

5.1K 339 5
                                    


«Che succede, re Cristen? Le mie parole non ti piacciono? La verità non ti aggrada?» domandò forzandosi in un sorriso che per metà era di dolore. Lui la teneva saldamente per i capelli e le stava facendo male.

Il re la lasciò andare e, ritrovando un po' di equilibrio emotivo, parlò avvinghiandole il braccio. «La Nebbia parla attraverso di lei» disse, e mostrò a tutti il bracciale nero. «Sarà corrotta fintanto che non conquisteremo l'Abbazia» disse e trovò in molti un consenso che lo rassicurava.

Poi la prese con sé e la portò via trascinandola.

«Ottime argomentazioni, amazzone della diplomazia. Sai fare bene il tuo lavoro» le sussurrò all'orecchio, mentre con una mano la spingeva per la nuca e con l'altra le torceva il braccio dietro la schiena, forzandola a camminare verso il centro della fitta boscaglia di larici e alti pini.

«Anche tu, vichingo. Quasi ho creduto che imputassi le mie parole al bracciale della Nebbia.»

«Oh no, il bracciale ti rende più debole, non più forte. Ho commesso l'errore di portarti di fronte a loro, ma non succederà più. Forse un'altra settimana nella tenda della prigionia ti renderà meno loquace.»

Il suo tono non era affatto controllato. Cristen era su tutte le furie e tentava una padronanza che però non riusciva a riconquistare.

Morrigan voleva sfinirlo.

«Sei turbato, Cristen dei vichinghi» disse e ridacchiò ancora una volta. «Forse perché sai che non siamo nati per distruggere il mondo, bensì per renderlo migliore» continuò annaspando per la fatica di camminare svelta come lui voleva.

Il vichingo la strattonò più forte, sempre più infastidito da quegli interventi così, così... Non sapeva proprio come definirli. Egli non capiva perché qualcuno dovesse preoccuparsi per la fine del mondo e nemmeno comprendeva come potesse essere possibile che lei volesse morire per detta causa.

«Io sento le persone, è un dono. È per questo che sono stata eletta Diplomazia tra le amazzoni. So cosa provi, vichingo. Hai paura, il folle timore di ciò che non puoi controllare.»

Cristen, che mai avrebbe voluto confermare tali ipotesi, agì d'istinto e cadde nella trappola che l'amazzone aveva confezionato per lui.

La spinse contro un tronco, con una sola mano le schiacciò lo zigomo sulla corteccia umida e incrostata di muschio, poi si lanciò contro di lei con tutto il corpo poggiando il mento sul suo capo e schiacciandola.

«Basta» sussurrò, serrando gli occhi e tenendola ferma contro il tronco dell'albero, di spalle, mentre piccoli pezzi di corteccia ricadevano sulle ciglia di lei.

Morrigan avrebbe voluto sorridere, ma il senso di costrizione in cui versava non glielo permetteva. Lui la schiacciava e le toglieva il respiro. Il torace muscoloso di Cristen le premeva contro la schiena, si alzava e abbassava velocemente e lei sapeva che ciò era a causa della rabbia che gli aveva provocato.

Il re rimase lì a trattenerla un istante che parve infinito. Tentava di sopraffarla per calmarsi. Era un modo per comunicarle «Potrei distruggerti, se volessi, ma non lo faccio.»

Scoprì che qualcosa di piacevole accadeva laggiù dove il bacino incontrava le forme morbide dei lombi e della schiena di lei.

Si staccò, la prese per il braccio e riprese a camminare.

L'amazzone lo seguì a fatica e con grande pena camminava nei cespugli bassi e nell'erba scivolosa. Ma era contenta, poichè profondamente consapevole di non essergli indifferente.

Questa era l'arma migliore che potesse avere contro di lui.


L'amazzone e il vichingoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora