Capitolo 1

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Mi sveglio

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Mi sveglio... o forse è meglio dire che non ho chiuso occhio tutta la notte.
La voragine di pensieri non me l'ha concesso, e nemmeno i tuoni assordanti fuori dalla finestra.

L'unica consolazione sono state le lenzuola che mi cullavano e investivano con il profumo intenso di lavanda.

Sposto lo sguardo verso l'orologio appeso al muro rosa... oggi compio diciotto anni.

Un'altra ragazza al mio posto salterebbe dalla gioia, pianificherebbe la serata, penserebbe a chi invitare, quale ristorante scegliere... con l'obiettivo di rendere tutto memorabile e indimenticabile.
Io purtroppo non potrò farlo.
Non perché non voglia, anzi, aspetto questo momento da una vita.
Tuttavia coloro che compiono la maggiore età nei mesi di Gennaio, Marzo, Luglio e Settembre sono destinati a partire... con l'unica certezza, di non poter più tornare.
In che mese siamo adesso? Beh facile, Settembre.
Ebbene si, il destino di molti miei coetanei, sarà presto il mio.
Cosa mi aspetto? Non lo so.
Sono felice? Non so neanche questo.

Tra i miei pensieri irrisolti sento bussare alla porta.
È mia madre con una scatola in mano.
La guardo.
Imprimo nella mente, i dettagli più importanti: gli occhi verdi. Il sorriso beatificante. I capelli morbidi con cui da piccola mi piaceva giocarci, infilando le dita e puntualmente mi rimaneva il suo odore di anice.

Noi due abbiamo la stessa essenza.
Siamo cresciute insieme... senza un uomo che ci amasse o semplicemente difendesse. Mio padre, appunto, è scappato alla notizia della gravidanza. Come se non fosse un obbligo, ma soprattutto un suo diritto: crescermi, coccolarmi, e proteggermi.

Mi sento accarezzare una guancia mentre con le braccia mi sollevo.
<<Cosa provi in questo momento?>> mia madre mostra uno dei suoi sorrisi rassicuranti.
<<Tutto e niente...>> mi copro il viso con le mani.
<<perché deve essere così?>> mi agito colpendo il letto.

<<Non c'è un perché Gea... lo sai.>> dice a malincuore.

C'è sempre una ragione, un motivo che spinga gli uomini a prendere determinate decisioni, specialmente in questo caso.
<<forza preparati.>> mormora, poi, sollevando le lenzuola.
<<questa è per te>> mi porge una preziosa collana.
<<ti proteggerà.>>

È bellissima... piccola, ma delicata.
La ringrazio abbracciandola e controvoglia entro in bagno, tolgo il pigiama e mi guardo allo specchio...
Indosso, al collo, la pietra di zaffiro e non so cosa mi aspetterà... ho terribilmente paura. Sospiro torturandomi il viso con le mani, apro il box doccia e mi infilo dentro. Sarà il mio ultimo bagno, nella mia amata casa.

*******

Dopo essermi lavata rientro in camera, in accappatoio. Apro le ante dell'armadio. Mia madre, nel mentre, piomba davanti con un vestitino bordeaux pieno di fiori.. è splendido, ma non adatto alla situazione.
<< È pur sempre il tuo compleanno...>> mi ricorda dandomi un bacio sulla guancia. La guardo ed una lacrima mi solca il viso; non voglio lasciarla... decido quindi di accontentarla per l'ultima volta.

<<Adesso vieni qui, prima che sia troppo tardi.>> mi conduce verso il letto facendomi sedere. Sopra le gambe tiene un album di fotografie; lo apre lentamente iniziandolo a sfogliare... vedo una piccola me. Le mie avventure. I miei compleanni. Le mie amiche. In poche parole la mia vita fino ad oggi.
Non ero a conoscenza di queste foto ricordo... perché farmele vedere adesso?

<<guarda...>>
<<qui eri una bellissima ballerina.>> sussurra commuovendosi.
Avevo sei anni ed ho ballato fino ai dieci, poi mia madre, mi convinse ad iscrivermi ai boyscout. Sfogliando l'album si sofferma ad una me, con delle margherite tra i capelli... adoravo giocare con la natura, per questo in giardino ho costruito una casetta sull'albero. Un'altra lacrima le scivola sul viso. << Mamma...>> borbotto accarezzandole un braccio, non sono abituata a vederla piangere.
<< L'albero è il tuo simbolo.>> soffia fuori, guardandomi dritta negli occhi, come se sapesse già cosa mi sta aspettando.

Aggrotto le sopracciglia.
Di che sta parlando? Non capisco.

Sentiamo sfondare il portone; il rumore di stivali arriva fino alla mia stanza, due soldati entrano afferrandomi da un braccio.
<< Aspettate!>>
<<Devo salutare mia madre.>> mi dimeno aggrappandomi allo stipite della porta. <<Mamma!!>> urlo mentre mi portano via. Non provano un briciolo di pietà? Non ce l'hanno un cuore??
<<Gea ricordati ciò che ti ho detto...Tu sei forte! Non buttarti mai giù! >> sento come ultima cosa, prima di finire dentro un furgone, al cui interno ci sono già altri ragazzi.

In molti tentano di scappare, ma un colpo di fucile, li stende.
Non può essere vero... voglio svegliarmi da questo incubo il prima possibile.

Il Marchese di Corvalle Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora