Capitolo 12

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Le giornate passano

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Le giornate passano... io sono rinchiusa dentro questo tugurio come un topo.

Mi fa male dappertutto: schiena, gambe, piedi, ma quelle ridotte peggio sono le mani: piene di calli e vesciche.
Le mie ossa sono indolenzite... fa un freddo tremendo e non ho niente con cui coprirmi. Veronica ha cercato di racimolare una coperta, ma è stata scoperta dalla governante e costretta a lavorare il doppio.

È l'alba di un nuovo giorno e sto aspettando con frenesia il sole per potermi scaldare.
Sono vicino a un lago e fisso le mie mani ormai ridotte all'estremo, mentre strofino i panni.
Respiro a scatti. Le lacrime invece scivolano veloci sulle mie gote.

<< Signorina Gea esigo avere indietro il mio libro.>> qualcuno mi solleva disperato. Gemo dal dolore... sono a pezzi. Alzo lentamente lo sguardo.
Che ci fa qui?
Non può vedermi in questo stato.
Mi allontano. Le mie gambe, però, sono straziate per questo cedono.

Vengo prontamente sorretta dalle sue braccia.
<< Che vi prende?>> domanda con indifferenza. Il suo cuore è di pietra.
Non mostra affetto per niente e nessuno.

<< Non toccatemi.>> alzo la voce, distaccandomi.
<< sapete benissimo cosa sto passando.>> aggiungo con tanto di risentimento.
<< Questo è il castigo per avervi mancato di rispetto l'altro giorno?
È questo lo stile di cui tanto parlate? Far lavorare una ragazza senza sosta?>> singhiozzo, ma non vorrei.
Non voglio risultare una vittima.
Userebbe questa scusa contro di me.
Mi asciugo le lacrime.
<< Ahi..>> soffro sentendo frizzare i tagli.

Schiude la bocca sorpreso.
Il suo sguardo è pragmatico.
Afferra le mie mani.
<< come avete fatto a ridurle così?>>

È serio?

<< lavorando come sguattera nel vostro retrocucina.>> sputo fuori la verità, tanto peggio di così non può andarmi.

<< sguattera? >>
<<Nella tenuta non esiste più questa mansione.>> mi informa da vero uomo sofferente di perfezionismo, piegando la testa da un lato.

<< Certo che esiste!>> rispondo piccata.
<< mi guardi, non ho neanche la divisa.>>

Si fa prendere dal nervosismo ingrossando la mascella ma cerca, comunque, di contenersi.
Perché si tiene tutto dentro?
Cosa nascondono i suoi occhi glaciali?

<< Bene, ne prenderò atto.>>
<< Le porgo le mie scuse per il malinteso.>> soffre nel pronunciare queste parole, come se fossero un segno di debolezza.

<< Non ho sentito, potreste ripetere?>> mormoro. È una parola così umile e giusta, perché vergognarsene?

Si sfila i guanti in pelle.
<< Vi sembra strano, vero? >>
<< Che un uomo ottuso ed obsoleto, come me, possa chiedere scusa.>> riporta esattamente le mie parole.
Come se ci avesse rimuginato per giorni.

<< Non mi piace dare giudizi affrettati, ma quando vengo attaccata, mi difendo.>> metto in chiaro la mia posizione.
<< ma non è mai stata mia intenzione mancarvi di rispetto.>> aggiungo con estrema sincerità.

Mi guarda in silenzio.
<< Venga con me.>> conclude aggiustandosi il cappotto.
Lo seguo, ma invano, sono stremata, non riesco a fare un passo.
<< Marchese...>>
<< non riesco.>> sussurro abbassando la testa, non amo mostrarmi vulnerabile, specialmente con lui.

Torna indietro.
<< Posso?>> vuole prendermi in braccio.

Sono restia nell'accettare, ma viste le mie condizioni, non posso fare altro.
Annuisco leggermente.
Mi ritrovo tra le sue braccia scolpite nel marmo. Sento il cuore correre forte, mentre un odore di cacao e carta di libri, allieva, parzialmente, i miei dolori.

Il Marchese di Corvalle Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora