Capitolo 55.

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Spengo velocemente la sveglia che suona sul mio cellulare, sono solo le sette e trenta, non voglio svegliare Oliver.

Oggi cominceranno i miei corsi extra, dalle nove a mezzogiorno e dalle due alle cinque il secondo. Non penso tornerò a casa, andrò in biblioteca a studiare, settimana prossima cominceranno i test e comunque Oliver in questi giorni non è la miglior compagnia che si possa avere. Non che gliene faccia una colpa, non potrei mai. Non voglio nemmeno immaginare a quanto stia soffrendo. Però non parla, mi risponde a monosillabi, altre volte mi risponde male. E mi rendo conto di non conoscerlo come pensassi. O meglio io conosco il mio Oliver, quello che sorride di più, che vuole farmi cantare ad ogni ora del giorno, che mi guarda sorridendo quando io mi giro a guardarlo. Non conosco questo Oliver devastato dalla vita e dal dolore ma è giusto che mi prenda anche questo. Voglio tutto di Oliver, il bene, il male, l'amore, il dolore. Amerò anche quelli come amo ogni singola, minima parte di Oliver.

Mi faccio una doccia veloce, il mio primo corso sarà sulla lingua e letteratura spagnola, uno dei più interessanti che c'era nella lista. Nel pomeriggio invece un laboratorio sull'arte che ho decisamente preferito al corso di yoga e ginnastica. Questa settimana li avrò tutti i giorni, da settimana prossima si alterneranno un giorno si e un giorno no per rispettare i test degli studenti al primo anno.

Accosto la porta della camera per non disturbare Oliver, la mia voglia di uscire è pari a zero.

Si congela pure in casa e il cielo non promette letteralmente niente di buono. Non ho voglia di prepararmi la colazione, la farò al bar del campus. Metto il cappotto pesante, sciarpa e cappello. Prendo il mio mazzo di chiavi ed esco dalla porta richiudendo.

Essendo in anticipo prendo le scale senza aspettare l'ascensore, l'aria fredda che mi colpisce la faccia appena esco mi porta ad alzare il cappuccio e affondare il viso nella sciarpa gigante che indosso, mi sto veramente chiedendo perché abbia deciso di alzarmi dal letto, anzi mi sto proprio maledicendo per aver scelto di frequentare dei corsi per crediti extra non obbligatori.

Cammino nel campus semideserto, ovviamente. Gli studenti degli altri anni non rientreranno prima di altre due settimane, quelli del primo anno non sono poi così tanti distribuiti per tutto il campus. Questa cosa giova però a mio favore quando entrando nella caffetteria la trovo praticamente vuota. Cosa rara. Pochissime volte mi è capitato di trovare un tavolo senza fare maratone per accaparrarmelo o per trovare una sedia in più.

"Cosa le porto?"
Chiede un cameriere quando mi sono sistemata al mio posto.

"Un cappuccino grande con una fetta di torta al cioccolato per favore."
Sorrido cortese.

"Faccia due di entrambi per favore."
Riconosco la voce di Daniel che sbuca dietro il cameriere.

"Dan!"
Esclamo alzandomi in piedi per salutarlo, mi abbraccia. Ci siamo visti solo poco prima delle vacanze di Natale e poi ci siamo solamente scambiati gli auguri.

"Posso fare colazione con te?"
Mi chiede quando ci stacchiamo.

"E me lo chiedi?"
Sorride, si sistema davanti a me.

"Corsi extra?"
Chiedo quando è seduto.

"Si, un corso sullo sport stamattina e pomeriggio laboratorio d'arte."

"Anche io faccio il laboratorio d'arte!"
Esclamo felice di non dover passare tutta la giornata da sola.

"Non avresti potuto rendermi più felice Isla."
Mi fa un occhiolino, rido imbarazzata e scaccio la strana sensazione di fastidio che mi ha dato il suo gesto unito al suo tono di voce.

-

"Puoi venirmi a prendere se non smette di piovere? Non ho l'ombrello e sta piovendo veramente forte, sono dall'altra parte del campus".

Ho scritto questo messaggio a Oliver almeno mezz'ora fa e lui non si è nemmeno degnato di rispondermi. So che non sta passando un bel periodo ma siamo in questa cosa insieme. Mi ha voluto accanto a lui. Non può trattarmi come se non esistessi o abitasse ancora da solo.

Il laboratorio è finito da dieci minuti, ho provato a chiamarlo ma non risponde e mi piacerebbe veramente capire dove cazzo si sia cacciato.

"Ti serve una mano Isla?"
Daniel mi fa sussultare, sono sotto la tettoia dell'ingresso che aspetto smetta di piovere.
"Scusa, non volevo spaventarti."
Aggiunge.

"Tranquillo, è solo che ci siamo salutati prima e pensavo di essere rimasta l'ultima."

"Ho dimenticato la felpa e stavo andando a prenderla. Tu, piuttosto, mi sembri in difficoltà."

"Devo andare da Oliver, sto da lui in questi giorni, ma non mi risponde al telefono e non ho l'ombrello, l'ho dimenticato come una stupida."

"Ti accompagno io."

"Oh no, non farti problemi, sei dall'altra parte rispetto al suo appartamento."

"Isla non ti lascerò qua così, il mio ombrello è abbastanza grande, ci stiamo entrambi e non mi crea nessun problema."
Sorrido.

"Mi stai salvando la vita."
Esclamo poi quando lo prendo sottobraccio mentre ci addentriamo sotto la pioggia andando verso l'appartamento.

"Per così poco."
Ridacchia.

"Non l'avrebbero fatto tutti."

"Nessuno abbandona una ragazza sotto la pioggia, specialmente una ragazza così bella."
Sorrido imbarazzata, sentendo la stessa sensazione di questa mattina e cercando di ignorarla. Non parliamo molto fino a quando non arriviamo al palazzo dove abita Oliver e proprio mentre ci mettiamo sotto il tetto all'ingresso esce il mio ragazzo dal portone principale. Inutile specificare il modo in cui guarda Daniel ma questa volta ha solo che torto.

"Grazie mille Dan, mi hai salvato la vita."
Gli bacio una guancia per salutarlo. Probabilmente, anzi, sicuramente lo faccio più per dare fastidio al mio ragazzo con cui sono veramente incazzata.

"Ci vediamo domani mattina."
Mi fa un altro occhiolino e io so che Oliver si sta trattenendo dal tirargli un pugno sul naso.

"A domani."
Rispondo per poi girarmi ed entrare nel palazzo, ignorando completamente Oliver.

Per evitarlo salgo a piedi e quando arrivo all'appartamento la porta è già aperta. Ho un po' di fiatone, appoggio le mie chiavi sul mobiletto, mi tolgo il cappotto, la sciarpa e il cappello, porto la borsa in camera. Vado in cucina per farmi un tè caldo dato il freddo che mi è rimasto addosso, Oliver ci mette poco a raggiungermi.

"Ti stavo venendo a prendere io."
Esordisce così, mi scappa una risatina amara.

"Si certo, dopo un'ora da quando te l'ho chiesto."

"Non ho visto il messaggio."

"Ti ho chiamato cinque volte Oliver."
Per caso mi scappa l'occhio su una bottiglia di whiskey sul bancone, scuoto il capo.
"Non hai sentito il telefono perché troppo impegnato a ubriacarti alle quattro del pomeriggio immagino."
Aggiungo con tono sprezzante.

"Non sono ubriaco."
Biascica e si tradisce da solo.
"E comunque non mi piace come fa quel Daniel con te."

"E tu pensi che mi interessi quello che pensi tu su Daniel?"
Rispondo cattiva prendendo la tazza di acqua dal microonde per metterci la bustina.

"A me interessa se qualcuno vuole portarsi a letto la mia ragazza."

"Ora ti ricordi di avere una ragazza Oliver? Ora?"
Sbraito girandomi verso di lui, vedo gli occhi lucidi per probabilmente il troppo alcol.
"Dopo che ho aspettato un'ora una risposta?"

"Io, io.."

"Tu cosa Oliver? Cosa? Ascoltami io so che periodo difficile sia questo per te. Lo so. E credimi, mi si lacera il cuore al solo pensiero di tutta la sofferenza che ti stia montando dentro in questi giorni ma non sei più solo tu. Siamo noi. Mi hai voluto qua tu, mi hai chiesto tu di venire a stare da te perché non volevi stare solo. E io ho accettato perché voglio provare a prendermi un po' di quel dolore, portarlo insieme a te. Ma non posso farlo se mi respingi, se fingi che non esista, se ti comporti come se non fossi qua. Non posso aiutarti se tu non vuoi. E per quanto male ti abbia fatto la vita questo non ti da il diritto di ferire me e trattarmi come un sacco della spazzatura."
Mi trema la voce sul finale, prendo la tazza di tè per andarmene in camera a studiare.
"E stai pure certo che quella merda non ti aiuterà minimamente, bevine quanto ne vuoi, ma sai anche tu che è così."

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